Cruelty free, ambientalista. In una parola, rispettosa. È questo l’invito che viene da più parti per la Pasqua 2014. Il riferimento è ovviamente al consumo dell’ agnello che in questo periodo dell’anno raggiunge cifre smisurate. In primo piano la Lega Anti Vivisezione (Lav) che si rivolge direttamente alle famiglie alla vigilia della ricorrenza pasquale che “mentre celebra la risurrezione, condanna a morte tanti animali per un consumo non necessario“.

 Caro agnello, io non ti mangio

Mangiare l’agnello a Pasqua: è un rito cristiano?

L’assurda tradizione della ricorrenza pasquale vede sulle tavole degli italiani il perpetuarsi di un’abitudine alimentare che lega il sacrificio dei piccoli agnelli alla religione cristiana. Una simbologia smentita però dalla stessa Chiesa: fu Papa Benedetto XVI in un’omelia nel 2005 a riportare l’attenzione sul fatto che probabilmente lo stesso Gesù non consumò l’agnello durante la celebrazione della Pasqua con i suoi discepoli, e cioè durante l’Ultima Cena, rompendo di fatto con la tradizione religiosa ebraica.

Anche Papa Francesco si è mostrato particolarmente sensibile alla questione, lanciando lo scorso anno un appello agli italiani perché sostituissero alla carne un menù alternativo.
In quell’occasione la federazione italiana associazioni diritti animali e ambiente sottolineò come “Tra le comunità cristiane più antiche, l’agnello era rappresentato sulle spalle del pastore e simboleggiava l’anima salvata da Cristo. La sua uccisione per Pasqua non ha alcun fondamento nella tradizione cristiana, semmai ha radici nel Vecchio Testamento” .
Un rito cruento, in forte contraddizione col concetto di Resurrezione, che porta con sé il rinnovamento della fede e della speranza.

Le cifre della mattanza

Un passo avanti importante quello della Chiesa, ma le cifre sono ancora allarmanti. Nel 2004 erano oltre 7 i milioni di animali uccisi, nel 2013 la cifra si è dimezzata passando a 3. Solo a Pasqua 450mila agnelli e capretti vengono uccisi e ai vertici della classifica ci sono Sardegna, Lazio, Puglia, Campania e Toscana. Per il responsabile Lav Paola Segurini si tratta indubbiamente di un cambiamento, ma la strada per un’alimentazione che possa dirsi cruelty free è ancora lunga. In più, l’allevamento di animali destinati all’alimentazione umana contribuisce ad incrementare l’accumulo di gas serra nell’atmosfera per cui bisognerebbe optare per un pasto pasquale privo di ingredienti di origine animale.

Le campagne di sensibilizzazione

Da anni le associazioni animaliste provano a sensibilizzare l’opinione pubblica con l’obiettivo di fermare quella che è una vera e propria mattanza.
Animal Equality ha postato sul proprio sito un video che mostra il percorso che subiscono gli agnelli prima della macellazione. Immagini dure che non lasciano spazio ad alcun dubbio: si tratta di sevizie e torture. Promossa anche un’azione social attraverso l’hashtag #salvaUnAgnello a cui stanno aderendo alcuni personaggi dello spettacolo.

Caro agnello, io non ti mangio

L’Organizzazione Internazionale Protezione Animali, l’Oipa ha scelto di affidarsi ad una campagna per le strade di Milano che ritrae un cane o un gatto contrapposto ad un agnellino. M’ama e mi mangia è lo slogan che accompagna l’immagine. M’ama è riferito agli animali domestici che comunemente accudiamo e consideriamo come parte integrante della nostra famiglia, mi mangia invece è tristemente riferito al tenero agnellino, a cui tocca una diversa sorte.

Caro agnello, io non ti mangio
Si tratta sempre di amore, di rispetto, di coscienza. E allora perchè riservare un trattamento diverso?

L’abbiamo chiesto a Bruno Bozzetto, noto cartoonista, che ha scelto di tenere in casa proprio un agnello. L’immagine che lo ritrae con in braccio un piccolo agnello da accudire è divenuta il simbolo di molti gruppi vegani.

Caro agnello, io non ti mangio

L’agnello in realtà è capitato da noi per caso– ha detto Bozzetto- Dei pastori erranti sono rimasti alcuni giorni con un gregge vicino al nostro giardino e ripartendo al mattino presto devono averlo dimenticato. Era appena nato. Sentendolo piangere ovviamente l’abbiamo preso e tenuto ed è cresciuto con noi credendosi probabilmente un cane. E noi gli vogliamo bene come fosse un cane. Naturalmente non mangiamo più carne d’agnello”.

Un assurdo rito che serve solo a soddisfare l’industria alimentare attraverso la violenza e la morte.
Basterebbe solo, prima di mangiare, iniziare a pensare a ciò che abbiamo nel nostro piatto.

[Credit Photo Cover: Oipa]