In America, da decenni, il dato ha assunto un ruolo sempre più importante nel mondo dello sport. Gli americani sono assetati di statistiche. Non per niente durante le partite di NBA o di baseball vengono proposte agli spettatori infografiche sui migliori tiratori, sulle percentuali di realizzazione, e molti altri numeri decisivi per codificare l’andamento di una partita. In Italia il dato non ha mai avuto la stessa importanza, ma non solo per la natura differente dello sport nazionale (il calcio). In Italia il numero aveva un ruolo meno rilevante rispetto ad altri fattori, non solo in situazioni sportive. Si pensi a come i big data sono entrati in azienda, sconvolgendo alcuni processi decisionali. I numeri, se interrogati a dovere, possono aiutare i decisionisti a prendere le migliori scelte.

Fonte: www.fantasysportitalia.it
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Cosimo Palmisano, esperto di data mining per Decisyon, interrogato sul tema, afferma che “In America il dato è importante: tutti ragionano per percentili. Basta guardare una partita di basket in tv: lo spettatore è sommerso di grafiche e statistiche sul match e sui giocatori in campo. In Italia nessuno sa cosa siano i percentili: le decisioni vengono prese di pancia. In America anche le aziende più piccole mettono il dato al centro della loro attività. Solo il dato, infatti, può aiutare a ridurre i rischi quando arriva il momento di prendere una decisione. Tuttavia sono ottimista per quanto riguarda la tendenza in Italia. È vero, siamo stati più lenti di altri a capirne l’importanza, ma stiamo arrivando anche noi a decidere sulla base del dato e a redigere business plan più precisi.

Portate questa teoria nel mondo dello sport: da alcuni anni a questa parte anche le società calcistiche hanno iniziato ad interrogare il dato. Il fenomeno ha aiutato gli allenatori a prendere le decisioni più efficaci, ha studiato il valore effettivo del fattore campo (perché le squadre che giocano in casa dovrebbero essere favorite? E in che percentuale? E in quali paesi?), ha aiutato a monitorare le prestazioni dei rigoristi. Il Milan ha sviluppato il Milan Lab, l’Inter si è affidato all’ex opinionista della Domenica Sportiva Adriano Bacconi (contratto sciolto a gennaio per motivi ancora non chiarissimi), Sarri fa volare i Droni su Fuorigrotta.

Il tutto senza dimenticare che il numero non è sufficiente, che lo sport è praticato da esseri umani che, in quanto emotivi, possono rimettere tutto in discussione. Van Der Saar, nella finale di Champions League del 2008 Manchester United-Chelsea parò il rigore di Anelka facendogli capire con le sue lunghe braccia che sapeva dove avrebbe tirato, mandando all’aria un piano perfetto del Chelsea. È indubbio che la sua pressione psicologica abbia avuto un esito determinante.

Vediamo un altro caso che ha fatto storia, nel quale il dato non ha avuto un ruolo determinante: il pezzo è tratto da “La teoria dei giochi dei calci di rigore” di Tito Boeri e Battista Severgnini

Il salto alla Fosbury del calcio. Così alcuni commentatori si sono azzardati a definire la portata innovativa della scelta fatta dal tecnico olandese Louis Van Gaal durante la partita Olanda-Costa Rica. Questa partita, disputata durante i quarti di finali della Coppa del Mondo, verrà molto probabilmente ricordata nei prossimi anni per quanto successo nell’ultimo minuto del secondo tempo supplementare: con una decisione mai vista prima in un campionato internazionale (in Italia sì, spareggio per la B Ascoli – Castel di Sangro ndr), la panchina olandese sostituisce per la lotteria dei calci di rigore il portiere titolare Cillessen con la riserva Krul. Quest’ultimo, dopo aver gesticolato con energia verso ogni tiratore della squadra del Centroamerica, para ben due rigori diventando eroe nazionale in patria. L’ex allenatore del Barcellona ha giustificato la sua scelta dicendo che Krul era esperto nel parare i rigori, ma le statistiche non hanno confermato questa affermazione“.

Cosa ha determinato il successo dell’Olanda?

La scelta fatta da Van Gaal non è solo interessante per gli amanti del calcio, ma può insegnare qualcosa alla scienza economica e, soprattutto, alla teoria dei giochi. Non per caso, un recente libro scritto da un economista della London School of Economics, Ignacio Palacio Huerta, ha come titolo Beautiful Game Theory. How Soccer Can Help Economics. Lo stesso Huerta ha raccolto un gran numero di dati e scritto diversi studi di teoria dei giochi sui calci di rigori, analizzando le strategie di calciatore e portiere. Il rigore è un esempio perfetto per spiegare l’interazione contemporanea tra due agenti che devono intraprendere una decisione. Diversi studi, ma anche il buon senso degli esperti di calcio, suggeriscono che una strategia che aumenta la probabilità di segnare è quella di tirare un rigore con il piede dominante nella direzione opposta.

Ciò nonostante, le statistiche e i dati disponibili in modo sempre più numeroso (con migliaia di indicatori per i più diversi tipi di prestazione) vengono efficacemente applicati agli sport americani e, negli anni più recenti, anche in Italia. La sports analytics unisce questa mole di dati con i modelli scientifici di discipline come le scienze cognitive e l’economia, per aiutare atleti, allenatori, dirigenti e arbitri a ottenere il corretto mix per migliorare i risultati. Dal ruolo degli incentivi sulla performance calcistica all’effetto dei tifosi; dall’impatto dei giocatori stranieri sui risultati di una squadra alle misure e ai dati per valutare una prestazione.

C’è un libro che spiega questa tendenza e si chiama La Scienza del Goal (Hoepli), scritto da Carlo Canepa, laureato in Filosofia e Scienze cognitive presso l’Università degli Studi di Genova e Luciano Canova, laurea e PhD in Economia, docente presso la Scuola Enrico Mattei. Con Canova abbiamo scambiato alcune impressioni per capire quanto, oggi, il dato è entrato a far parte del mondo del calcio. Grazie a lui siamo riusciti anche a scoprire chi sono gli allenatori italiani più appassionati di numeri. Su tutti Maurizio Sarri, che viene da un passato in banca, e applica metodi scientifici nella gestione dei suoi allenamenti, e Claudio Ranieri che ha radicalmente cambiato il suo approccio alla gestione del team negli ultimi anni. Il suo Leicester non è un caso.

Fonte: www.skysports.com
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Ciao Luciano numeri e le statistiche sono davvero così importanti nel calcio: quanto incidono a tuo parere nella preparazione di una partita?

Certo che lo sono. In generale la statistica direi è sempre utile. Direi che è condizione necessaria e non sufficiente. I dati servono, innanzitutto a monitorare la salute e lo stato di forma dei propri giocatori. E poi offrono degli utili insights su altri aspetti del gioco.

Numeri e rigori: si può parlare di scienza oppure alla fine si tratta di un momento ancora troppo emotivo, pur parlando di professionisti?

Il ruolo del caso e dell’emozione in tutto ciò che riguarda esseri umani è fondamentale. A dire la verità, vale per i calci di rigore come per le decisioni in ambito monetario. Trovare un modo rigoroso di analizzare, attraverso i dati, lunghe serie storiche, offre l’opportunità di fare inferenze e di individuare regolarità. I calci di rigore, inoltre, sono utilissimi al di fuori del contesto calcistico, poiché costituiscono un caso sperimentale ideale per modellare o simulare, tra le altre cose, il comportamento competitivo di un’impresa. Portiere ed attaccante, con le loro strategie interdipendenti, sono come due imprese che si contendono un mercato e devono decidere il proprio piano d’azione anche sulla base di quale sarà la scelta dell’avversario/competitor.

Come mai nel calcio, rispetto agli sport americani, il dato è arrivato così tardi?

Sicuramente c’è un gap legato banalmente al fatto che, fuori dal mondo anglofono, si è sempre un po’ followers. E gli sport americani per eccellenza, basket o baseball, sono quelli in cui la statistica è stata applicata per prima. Inoltre, c’è una sostanziale differenza tra gli sport menzionati: baseball o basket sono, per così dire, sport più aritmetici, con meno variabili o gradi di libertà. Per capirci, come dice Federico Buffa, nel basket è praticamente impossibile che vinca la squadra meno forte. Il calcio, invece, è molto più complesso: basti pensare, rispetto proprio al basket, al ruolo giocato dal tempo meteorologico. Le condizioni del terreno di gioco possono alterare significativamente i risultati di una partita. Quindi, anche per questo la statistica ci ha messo un po’ a emergere come disciplina molto utilizzata.

www.deejay.it
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Nel libro avete intervistato Claudio Ranieri. Vi aspettavate questo exploit da parte del tecnico?

Sinceramente, stento a credere che qualcuno si aspettasse un tale exploit. O che Ranieri stesso potesse prevederlo. Però è vero che i dati aiutano a capire, una volta che un evento accade, il perché quell’evento è accaduto. Ci sono alcuni fondamentali del Leicester che giustificano ampiamente la sua posizione in classifica.

Le società stanno già ingaggiando addetti alle statistiche? Persone che si occupano esclusivamente di questi aspetti?

Sì, assolutamente. E fanno contratti onerosi a società che raccolgono e collezionano dati. Il data manager è, e sarà in futuro ancora di più, figura chiave nel mondo del calcio.

Fonte: www.vice.com, profilo twitter @optapaolo
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Ho letto con molta attenzione il capitolo dedicato al fattore campo. Nel calcio moderno è ancora così importante?

Continua ad esserlo, anche se in misura meno eclatante. E la spiegazione è che, con la diffusione di sempre più mezzi o offerte per vedere la partita, non solo in tv ma da qualsiasi dispositivo mobile, seguire fisicamente la propria squadra sta diventando non così importante come prima. In ogni caso, in tutti i campionati osservati il trend è lo stesso e conferma il prevalere di vittorie delle squadre di casa.

Fonte: www.21secolo.it
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Chi sono gli allenatori che interrogano di più i numeri?

Senza ombra di dubbio, Maurizio Sarri è tra loro. Per questo avremmo tanto voluto intervistarlo. Ma è talmente appassionato al suo lavoro che, pur con la gentileza e disponibilità dell’ufficio stampa del Napoli, ci è stato impossibile. Sarri ha un passato da impiegato di banca e, in quel contesto, era abituato a usare modelli statistici e a fare valutazioni. Insomma, il vizio del numero lo ha preso lì e lo ha sviluppato. Da lì anche i droni per collezionare dati sempre più capillare. Insieme a lui, anche Benitez è un fanatico delle statistiche: non è un caso che i due allenatori si siano succeduti. In un certo senso, parte dei successi di Sarri poggiano ‘sulle spalle dei giganti’ e di quanto era stato fatto prima. C’è una continuità nel metodo di lavoro.