Quando il regista Edoardo De Angelis gli ha fatto leggere la sceneggiatura di Perez (film con Luca Zingaretti, fuori concorso a Venezia), Massimiliano Gallo non era particolarmente convinto di voler interpretare un boss, di nuovo. Sì perché, nonostante la faccia da bravo ragazzo e un talento versatile, al cinema e in tv il “cattivo” l’aveva già interpretato altre volte. Prima in Fortapàsc, poi nelle fiction Il clan dei camorristi e Per amore del mio popolo. In mezzo però anche ruoli più “leggeri” in Mine Vaganti di Ferzan Ozpetek e La Kryptonite nella borsa di Ivan Cotroneo. Napoletano, figlio d’arte (suo padre era Nunzio Gallo, grande interprete della canzone italiana anni ’50), primi passi mossi sul palcoscenico già da bambino, Massimiliano oggi si divide brillantemente tra cinema e televisione senza dimenticare il suo primo amore: il teatro dove, «paradossalmente ho sempre fatto un repertorio prevalentemente comico». Presto però ci farà ridere anche al cinema, nel nuovo film di Alessandro Siani Si accettano miracoli, con un cameo davvero particolare. In occasione dell’uscita nel weekend di Neve, il nuovo film di Stefano Incerti, Il Giornale Digitale ha intervistato Massimiliano Gallo che ci ha raccontato dei tanti progetti futuri che lo vedranno protagonista nel 2015.
Sei al cinema con Neve, la nuova pellicola di Stefano Incerti. Ci parli di questo progetto e del ruolo che interpreti?
Questo è un film che Stefano Incerti ha voluto realizzare senza seguire le logiche commerciali di oggi e affidandosi a una squadra un po’ più piccola rispetto ad un normale lungometraggio. Aveva questo progetto, scritto per Roberto De Francesco e per Esther Elisha, che aveva visto in La – Bàs, e ha deciso di metterlo in cantiere senza nemmeno aver discusso un’eventuale distribuzione. Questo, secondo me, è un modo molto intelligente di fare cinema indipendente, soprattutto perché oggi si tende spesso ad essere schiavi di alcune logiche produttive per cui contano i grandi nomi del cast scelti a tavolino. Ma alcuni flop anche italiani hanno dimostrato che non basta il cast per avere grossi incassi. A differenza di queste operazioni commerciali, Neve uscirà in poche sale. Ma si tratta di un progetto onesto e un noir raccontato molto bene.Il mio personaggio serve a far funzionare tutto il meccanismo del noir. All’inizio del film abbandono Norah, il personaggio di Esther Elisha, una donna che vive un po’ alla giornata, e questo le permette di incontrare Donato, il personaggio interpretato da Roberto De Francesco, un disperato che sta cercando di recuperare una refurtiva di cui ha sentito parlare.

Da un noir alla commedia. Subito dopo “Neve” farei un cameo nel nuovo film di Alesandro Siani, “Si accettano miracoli”.
Paradossalmente io a teatro ho sempre fatto un repertorio prevalentemente comico, sia con le collaborazioni che ho avuto in passato con Carlo Giuffrè e Vincenzo Salemme, sia con la compagnia che ho assieme a mio fratello Gianfranco. Al cinema stranamente, dopo Fortapàsc di Marco Risi, mi hanno chiamato spesso a ripetere il ruolo da cattivo. Quindi sono stato particolarmente contento quando Alessandro mi ha chiamato per il suo film, è un piccolo cameo che però è venuto molto comico. Io sono dell’idea che un attore deve avere la possibilità di cambiare i personaggi che interpreta, anche per questo all’epoca di Fortapàsc fui felice della chiamata di Ferzan Ozpetek che mi volle per la commedia Mine Vaganti come lo sono adesso di stare in questo film di Siani.
Oltre al cinema sarai una delle new entry di “Una Grande Famiglia 3” in onda la prossima primavera su Rai uno. Cosa ci puoi anticipare del tuo ruolo?
Sarò l’ex marito del personaggio interpretato da Isabella Ferrari che farà il suo ingresso in questa terza stagione. Insieme porteremo un po’ di pepe alla storia. Non posso svelare troppo i dettagli se non che interpreto ancora una volta un disperato. Si tratta di quei personaggi che vivono in una condizione di mezzo di cui mi piace analizzare anche l’aspetto psicologico.

Al cinema i tuoi ruoli “da cattivo” pesano di più di quelli “da buono”. Anche in Perez sei un boss, anche se sui generis. In che modo lavori su questo tipo di personaggi?
Quando ho letto la sceneggiatura di Perez, affrontare di nuovo il personaggio di un pentito di camorra non mi faceva particolarmente piacere. Però il regista Edoardo De Angelis, con cui avevo già lavorato in Mozzarella Stories, mi ha dato la possibilità di affrontare il ruolo in un modo diverso. Su Buglione ho fatto un lavoro particolare soffermandomi sull’impostazione della voce e sulla fissità dello sguardo e dei movimenti. È un personaggio che ho amato molto perché è davvero sui generis, non risponde al clichè del camorrista perché quello che mi interessava era interpretare il male in senso lato. E poi ha una logica e un modo di ragionare assoluto molto affascinante ed è questo che poi attrae Perez nella storia. In generale, come lavoro d’attore ho un approccio psicologico quando affronto questi personaggi molto cattivi. Parto sempre dall’idea che abbiano una loro ragione di vita e una motivazione nel modo di essere che secondo loro magari è giusto. Non sono mai cattivi in senso assoluto perché hanno anche una parte “buona”, perché altrimenti non è reale e diventa un clichè. Ad esempio quando dovevo fare Valentino Gionta in Fortapàsc mi raccontarono che era una persona simpaticissima e quindi io mi ero immaginato che in famiglia era un buon padre.
Ti dividi brillantemente tra cinema e televisione ma la tua prima passione resta il teatro. Nel 2015 ti rivedremo anche sul palcoscenico?
Insieme a mio fratello Gianfranco e mio nipote Gianluca Di Gennaro saremo per due settimane al teatro Manfredi di Roma a febbraio con una commedia nuova che si chiama “Fammi fare un gol”; poi a marzo sarò per un mese in tournée in Francia, dove riportiamo in scena “Circo Equestre Sgueglia” lo spettacolo di Raffaele Viviani che avevo fatto con il teatro Mercadante di Napoli per la regia dell’argentino Alfredo Arias.

E invece altri progetti al cinema?
Sto girando un film di Giuseppe Gaudino, “Per amor vostro”, con Valeria Golino e Adriano Giannini mentre da poco ho finito di girare il nuovo film di Maria Sole Tognazzi, “Io e lei”, con Sabrina Ferilli e Margherita Buy.
Ritornando al teatro, i giovani soprattutto spesso faticano ad avere interesse verso questa forma d’arte. Come credi sia possibile riuscire ad avvicinarli a questo mondo?
Il teatro nasce con l’esigenza di comunicare qualcosa alla gente, la tragedia greca aveva lo scopo della catarsi, la commedia quello di denuncia della società fatta in chiave leggera, quindi è fondamentale attualizzare il teatro altrimenti non ha senso e diventa parola morta. L’allontanamento dei giovani è dovuto anche un po’ a un decadimento sociale. Oggi la loro attenzione adesso è più limitata e spesso superficiale, e con tutti gli stimoli che hanno devi riuscire ad appassionarli a qualcosa. Agli spettacoli miei e di mio fratello Gianfranco vengono a vederci anche molti ragazzi perché si rendono conto che è un teatro fatto in maniera onesta e semplicemente per divertimento, che è comunque una missione molto nobile.
Sei originario di Napoli. L’essere nato e cresciuto in questa città che valore ha per te?
Per me ha un valore assoluto. Sono napoletano al 100% anche se ormai vivo da quindici anni a Roma. Napoli è una città molto difficile e impegnativa sotto molti aspetti, è una città che non riconosce i suoi talenti ma aspetta che si affermino fuori per poi celebrarli. Ho un rapporto di odio e amore con Napoli: odio, perché mi da molto fastidio vederla rotta, abbandonata e degradata, di amore, perché quando vengo a girare lì mi rendo conto di quanto sia bella anche con tutti i suoi problemi. E poi ha poi un valore aggiunto rispetto alle altre città, che forse ignora: la qualità dei rapporti umani ovvero la capacità dei suoi abitanti di ascoltare e di essere disponibili nei confronti degli altri, una cosa che non succede spesso ovunque e che rende Napoli unica, in questi tempi e questi ritmi.
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