I giovani. Un argomento delicato. Un argomento che spesso porta a dire: “Per i giovani in Italia c’è poco futuro“, oppure, parafrasando un film dei fratelli Coen: “L’Italia è un paese per vecchi“. Ma è sempre vero? I dati purtroppo danno conferma a questa tesi e a dimostrarlo è lo studio di Rapporto Giovani, presentato il 12 settembre dal Professor Alessandro Rosina dal tema “Mobilità per studio e lavoro”.

Lo studio, condotto attraverso un’indagine realizzata dall’Istituto Giuseppe Toniolo, in collaborazione con l’Università Cattolica e con il sostegno di Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo, operata su un campione di 1000 giovani di età compresa tra i 18 e i 32 anni, dimostra come l’83,4% degli intervistati è disposto a cambiare città stabilmente per trovare migliori possibilità di impiego. Ma il dato più sorprendente è che di questi, il 61,1% si dichiara disponibile a cercare lavoro all’estero, e uno su tre pensa di poterlo fare entro il 2016.

L’Italia però non è solo questo; non è solo voglia di andare lontano. Il nostro Paese è soprattutto una terra di talenti, di giovani con idee da far invidia al mondo intero. È l’Italia delle startup, dei giovani imprenditori, di chi si ingegna pur di trovare la via per il successo, di chi insegue le proprie passioni e le trasforma nel proprio futuro.

Salvatore Sanfilippo, Antirez per gli internauti, è un italiano che ce l’ha fatta. Fa quello che ha sempre sognato di fare, lo fa nella sua amata Sicilia e viene pagato per farlo. Un’eccezione certo, lo confessa lui stesso, ma resta comunque un esempio da seguire. Un italiano che attraverso la sua passione si è costruito il futuro. E che futuro!

Cresciuto a pane e computer, programmatore di professione, Salvatore Sanfilippo nel 2009 scrive il suo database open source Redis. Niente di particolare direte voi, ma vi sbagliate: quel database ha risolto i problemi di Twitter, Pinterest, Youporn e molti altri siti web consentendo di servire più velocemente ai propri utenti i contenuti. E oggi Salvatore lavora per loro.

Noi de Il Giornale Digitale abbiamo voluto intervistare Antirez e abbiamo voluto chiedergli come è riuscito a costruire il suo futuro in Italia.

antirez: A Londra parlando con altri sviluppatori al Redis developers day 2014
antirez: A Londra parlando con altri sviluppatori al Redis developers day 2014

Chi è Salvatore Sanfilippo?

Oggi va di moda dire hacker, coder, sviluppatore. Ma a me piace dire che sono un programmatore di computer come si diceva una volta.
Scrivo da anni free software, in passato mi sono occupato di sicurezza informatica, sistemi embedded, web applications e linguaggi di programmazione.
Attualmente il mio impegno principale sono i database, le code di messaggi e in generale i sistemi distribuiti.

Come nasce la tua passione per l’informatica?

Nasce da un hobby che aveva mio padre. All’inizio degli anni ’80 nelle case degli italiani stava scoppiando la moda dell’home computing.
I computer non erano ancora “pane quotidiano” e venivano usati solo in alcuni specifici ambiti aziendali e industriali; ma finalmente stavano trovando la via nelle case delle persone comuni.
Si scrivevano programmi o si eseguivano applicazioni (in gran parte giochi) registrati nelle musicassette. Mio padre era uno di quelli con questa passione, e io sono stato “contagiato” immediatamente.
Ho iniziato a programmare in BASIC che ero ancora un bambino come molti programmatori della mia generazione, una cosa oggi poco comune.

Ci spieghi cos’è Redis?

Redis è un programma che altri programmi usano per registrare e ottenere informazioni. In particolare Redis usa principalmente la memoria del computer, invece del disco, per cui questi dati non possono essere tanti, ma sono estremamente “veloci” da manipolare. È un po’ come la memoria a breve termine del cervello umano insomma.

Quali sono i colossi che lo utilizzano e perché si sono rivolti al tuo Redis?

Twitter, Pinterest e Youporn sono tre nomi che mi vengono in mente, ma ce ne sono tantissimi altri. Redis e’ una tecnologia molto flessibile per cui ha trovato ambiti di applicazione un po’ ovunque.
Il motivo per cui Redis e’ utilizzato e’ il fatto che fa una cosa sola in maniera semplice, ma il modo in cui si può usare somiglia alle costruzioni lego: mettendo assieme i semplici mattoncini offerti da Redis è possibile costruire cose complesse. Questo significa anche che dal punto di vista dei programmatori Redis è stimolante: si può giocare a creare nuove soluzioni per risolvere nuovi problemi.
I colossi che lo utilizzano si sono rivolti a Redis perché risolveva dei problemi reali che loro avevano e che nessuno in quel momento stava risolvendo, in particolare la capacità di fare da cuscinetto tra i milioni di utenti delle applicazioni “social” e i database tradizionali su disco.

Da alcune tue precedenti interviste ho letto che non hai “sfruttato” dal punto di vista economico Redis e hai accettato una posizione di compromesso che ti permette di collaborare da esterno. Mi chiedo come mai i vari Twitter e Youporn, non ti abbiano rubato l’idea ma continuano ad averti come collaboratore “esterno”?

Redis è il tipo di free software che da maggiore libertà agli utilizzatori di fare quello che vogliono. Tecnicamente si chiama “BSD” che sta per Berkeley Software Distribution.
Tale licenza è talmente permissiva che permette a terze parti di riutilizzare il codice che ho scritto per fare delle soluzioni proprietarie che loro possono vendere.
Questa licenza rende un po’ complesso, ma non impossibile, creare del business attorno ad un prodotto software, perché è talmente gratuito e disponibile che è difficile trovare un modo sostenibile di farsi pagare.
Tuttavia i sistemi ci sono. Ad esempio chi oggi mi paga per lo sviluppo vende servizi per far funzionare Redis con minore sforzo da parte degli utenti.
Se io avessi fatto una azienda per vendere Redis in maniera diretta, ci sarebbe stata una tensione tra il fatto che avrei tentato di fare soldi, e il fatto che volevo invece dare il software a tutti liberamente.
Con questa soluzione di compromesso, che è la sponsorizzazione da parte di aziende che usano Redis commercialmente, ognuno fa il suo lavoro: io provo a fare il miglior Redis possibile, e loro si impegnano a guadagnare dei soldi da esso, e in parte a ricompensarmi per il mio lavoro.
Altre grandi aziende non “rubano” l’idea perché il software è semplicemente scrivere un codice che funziona bene. Anche se fanno una copia, chi ha il controllo è chi è il leader tecnologico di quella soluzione.
Se vogliono rubare Redis devono prima di tutto superare con la loro alternativa le capacita’ di Redis, e a quel punto, meritano di vincere loro dopo tutto.

Passiamo alla tua scelta di rimanere in Italia. Tu, come la maggior parte dell’opinione pubblica, credi che l’Italia sia un paese per vecchi?

L’Italia non è un paese perfetto purtroppo, ma abbiamo la tendenza a mitizzare fortemente gli altri paesi. Molte persone che conosco che fanno il mio lavoro e si sono trasferite altrove soffrono per il fatto di essere lontane dal proprio paese, perché abbiamo anche tante cose positive. L’Italia ha una impostazione fiscale e burocratica che non permette la nascita spontanea di aziende in maniera semplice, e su questo bisogna lavorare. Tuttavia io sono uno di quelli che non crede che tutte le colpe siano della politica. Ci siamo anche addormentati noi cittadini, che non usciamo fuori la grinta per dare sfogo ad una creatività e ad una capacità di progettare che la nostra incredibile storia, fatta di millenni di grandi progetti e progettisti, ci ha lasciato dentro. Questo è un grande valore potenziale del nostro paese. Spero che le nuove generazioni siano più attivamente artefici del loro destino.

Sei l’esempio del ragazzo meridionale atipico che lavora nella sua regione e fa quello che gli piace fare. Ti ritieni un’eccezione?

Purtroppo si. Chi sa fare bene il mio lavoro riesce a campare lavorando da casa in molti casi, ma tutto sommato si tratta di una minoranza.
Poi di certo la mia posizione di poter essere pagato per lavorare a cose che poi regalo a tutti è invidiabile. Non mi lamento di questo.

Negli ultimi anni c’è un gran parlare di startup innovativa, tipologia di impresa che è stata anche introdotta ufficialmente nel nostro ordinamento nel 2012 con una serie di agevolazioni. Cosa ne pensi? Pensi che possa essere un modo per convincere i giovani a fare impresa qui in Italia?

Si, ma non devono tutti copiare le startup americane buttandosi su un modello in cui tutti fanno applicazioni social per il grande pubblico.
Twitter perde soldi da anni e viene finanziata continuamente, perché è possibile che alla lunga questo crei un ritorno economico ben più grande della perdita.
Questo modello non credo sia applicabile all’Italia. I giovani devono fare impresa tecnologica e brillante (se vogliamo chiamarla startup facciamolo pure), ma ci sono tanti modi: creare tecnologia di base che altre aziende possono utilizzare è uno dei modelli. Risolvere i problemi informatici delle medie imprese italiane e’ un altro modello.
Bisognerebbe anche a mio avviso coniugare tecnologia e design italiano, ora che la tecnologia entra sempre più dentro gli elettrodomestici, gli orologi, le sveglie. Penso che potremmo avere le carte in regola, teoricamente, per venir fuori con ottimi prodotti.
Serve però un tessuto industriale di supporto per rendere tutto questo più facile.

Su qualche intervista passata il tuo nome e quello di Redis vengono associati principalmente a Youporn. Ti infastidisce?

No, al contrario a me infastidisce questo neo-puritanesimo galoppante che viviamo dalla metà degli anni novanta in poi. Penso che la pornografia sia una cosa che molti vogliono vedere, e alcuni decidono di produrre. Per cui non vedo nessun connotato negativo in questo.

Se fossi un ragazzo siciliano appena uscito dalla scuola superiore, in quale settore ti concentreresti? Quale pensi sia il settore più proficuo oggi, per fare impresa?

Penso mi concentrerei sul settore tecnologico, su quello agrario e sul turismo. Mi sembrano i tre assets più interessanti in questo momento.

Ultima domanda. Chi è o cos’è Antirez?

È un nome che mi sono auto affibbiato tanti anni fa, sarà stato il 1996 o qualcosa del genere, e facevo i miei primi passi nella allora ancora elitaria internet.
Dovevo trovarmi in chat con un mio amico, e il suo nickname era “reznor”, per scherzo scrissi “antireznor”, la prima cosa che mi era passata per la mente, ma la chat che tutti usavano allora, chiamata IRC (ancora esiste e si usa in ambito tecnologico) troncava il nome ad otto caratteri, per cui Antirezn che era cacofonico. Tolsi la N finale, antirez.