Sono fortunatissimo. Vivo delle mie passioni‘. Così Stefano commenta la sua carriera, un’avvicendarsi di successi a teatro, al cinema e in tv, senza dimenticare il suo primo amore: la musica. Nato infatti come musicista, arrangiatore e compositore, Stefano Fresi lo conosciamo oggi quale attore dalla contagiosa positività, interprete di numerose pellicole al cuore della brillante commedia italiana, da Noi e la Giulia e Smetto Quando Voglio di Edoardo Leo a La mossa del pinguino di Claudio Amendola, per citarne alcuni, fino a Forever Young di Fausto Brizzi, in sala in queste settimane.

Stefano Fresi nella pellicola firmata da Brizzi è Lorenzo, un secondo violino fuori forma, che si scontra con Franco (Teo Teocoli) che invece è malato di sport e che, quindi, non condivide il suo modo di alimentarsi e trascurare benessere e attività fisica. Al contempo, a teatro Stefano è protagonista maschile di una tragicommedia, PornoDrama, del quale abbiamo parlato nella chiacchierata in intervista proprio al termine delle prove per lo spettacolo che lo impegna sul palco in queste settimane.

Partiamo da PornoDrama. Raccontaci il tuo personaggio e come l’hard entra nella sceneggiatura trattato con toni a tratti tragici, a tratti comici

Sono il papà di questi due ragazzi e la madre è in coma neurovegetativo, tenuta in vita dalle macchine a casa. Il figlio maschio navigando sui siti porno scopre questo passato insospettabile della madre nell’hard e in uno strano e assurdo capovolgimento ci ritroviamo di fronte a mia moglie ventenne che ci racconta cosa è successo e questa notizia da darci. È uno spettacolo tragicomico perché parliamo di una donna che ha avuto un incidente e sta male, ma fa sorridere l’assurdo con cui si stravolge l’equilibrio di una famiglia di fronte questa verità.

In scena questo passato che riemerge è trattato in modo surreale. Nella vita reale come si affronterebbe una verità così forte secondo te?

E chi lo sa! (ride, ndr.) Anche perché forse – nel caso di mia moglie – me ne sarei accorto dal modo in cui faceva l’amore prima. Magari era particolarmente brava. Mi ci dovrei trovare per saperlo.

In Forever Young è trattato il tema dell’eterna giovinezza e della paura di invecchiare. Una sindrome di Peter Pan nei tempi moderni, nei tempi dei ‘baby boomer’. Tu la avverti la paura di invecchiare?

Io sto molto bene nella mia età, non avverto l’ansia di crescere, anzi mi piace un sacco. Ogni fase della vita ha le sue peculiarità e se uno sa godersele sta bene nei suoi anni. Non credo che sarò mai un forever young. Ora sono una 42enne e faccio il 42enne. Faccio il marito, il papà, lavoro e porto il pane a casa e sono felice di farlo. Non ho l’ansia di sentirmi 25enne e andare in discoteca per sentirmi ancora giovane.

C’è un aspetto della giovinezza che ti potrebbe generare maggior nostalgia e rimpianto?

Il vigore fisico, sicuramente. Considerato che il calo del testosterone nel maschio comincia a 15 anni e io ne ho 42, sto abbastanza indietro ormai. Sono cose che non si recuperano più! (ride, ndr.)

Forever Young è un film corale. Altrettanto Perfetti Sconosciuti, gran successo di Paolo Genovese ancora nelle sale. Quanto del successo della pellicola risiede nella coralità e quanto invece nella sceneggiatura, considerato la tua pellicola così come quelle simili per genere?

Quello che ci dicevamo chiacchierando con Fausto (Brizzi, ndr.) è che sembra stia finalmente tornando il cinema di sceneggiatura. Indipendentemente dal fatto che il cast sia corale o no, in generale si sta facendo un cinema molto scritto. Non è solo la battuta o quello che ognuno può mettere del suo. C’è un impianto di scrittura forte. Poi la coralità aggiunge colore, perché ci sono più sfaccettature e caratteri che raccontano il tuo messaggio. Se torna questa sana abitudine potremo tornare a vedere i numeri di Scola e Monicelli. Sono uno di quelli che non tocca i mostri sacri, ma nemmeno penso che non ne debbano nascere altri. Non si esaurisce tutto nel passato.

Qualcuno, in una critica pubblicata su un magazine di Cultura, ha scritto: “Avrebbe giovato un po’ di cattiveria in più per rendere la pellicola più brillante“. Cosa pensi di questa affermazione?

Che potrebbe essere vero come non esserlo. Probabilmente se il film fosse stato più cattivo e cinico sarebbe piaciuto di più a chi si aspetta un giudizio più forte. Fausto non vuole esprimere un giudizio. Lui fa luce, fa una fotografia. Il film è la sua visione. Non è un cinico. Guarda quello che ha intorno, spara un faro sopra e scatta una fotografia. Nulla di più. Senza esprimere giudizi.

Sei nel cast di Solo per il weekend, una pellicola di Gianfranco Gaioni del 2015, girata prevalentemente nel 2014, che ha una distribuzione travagliata. Una commedia pulp su cui la distribuzione non sta scommettendo. A tuo avviso cosa non convince?

Forse perché è un po’ rischioso. Oggi rischiare non è da tutti – in tempi di crisi – e si tenta a puntare sull’incasso sicuro, non sulla follia di un giovane che propone un nuovo linguaggio. A me piacerebbe invece che ci fosse una fetta del budget di grosse aziende che fosse a fondo perduto per cercare novità. 3 volte su 10 magari avrai buttato i tuoi soldi, ma 7 su 10 magari avrai scoperto un talento. Capisco anche chi deve fare i numeri e lascia parcheggiati progetti senza guadagno immediato. Ma ricordiamoci che nel cinema ci sono stati dei film che si sono rivelati dei flop colossali, ma poi sono diventati dei cult movie, come Febbre da cavallo. Speriamo che ci siano più produttori e distributori coraggiosi in futuro.

Se dovessi sottolineare un punto di forza di Solo per il weekend, questo quale sarebbe?

Il fatto che ha una coloratissima follia. È un fumettone. È godibile da quel mercato che ama il fumetto e strizza l’occhio a Las Vegas.

Tu hai interpretato i ruoli più disparati, dal ricercatore in crisi alla ‘vittima di camorra’ in Noi e la Giulia, al vigilante in una pellicola sul precariato e la disoccupazione. Hai toccato svariati temi che sono lo specchio di drammi della società contemporanea. C’è un ruolo – interpretazione di una problematica sociale – che ti incuriosisce e vorresti aggiungere alla tua filmografia?

Un bel delinquente. È pieno intorno! (ride, ndr.). Un cattivone, ladrone. Già ho fatto il Secco in Romanzo Criminale, ma nella banda ero quello che agiva meno. Un ruolo drammatico mi piacerebbe anche molto.

Quando valuti una sceneggiatura qual è l’aspetto che poi incide di più sulla tua scelta di accettare o rifiutare la parte?

Mi deve piacere la storia. Superato questo step, mi deve piacere il cast con cui farò il film.

Ti sei trovato più volte a recitare con Edoardo Leo e Luca Argentero. Quanto conta per te conoscere bene i tuoi partner sul set? Ti aiuta nella parte?

Io, Edoardo Leo e Luca Argentero abbiamo finito di essere colleghi una settimana dopo aver iniziato il lavoro per il film. Siamo diventati subito amici e siamo inseparabili. Ora dovrò iniziare a girare Smetto quando voglio 2 con Edoardo Leo e c’ho il sorriso da un orecchio all’altro. Lavorare con gli amici è un’altra cosa. Nel caso di Edoardo, io conosco la sua comicità, lui conosce la mia. Tutto è più facile e divertente, perché tra un ciak e l’altro si va a ridere e scherzare di tutto.

C’è un ruolo da te rifiutato in passato per il quale oggi ti penti o, al contrario, una parte accettata di cui oggi avresti fatto volentieri a meno?

No, in entrambi i casi. Sono sempre stato attento alle scelte.

Tu hai dichiarato tempo addietro di considerarti un privilegiato perché vivi delle tue passioni. Ce n’è una che hai ma ancora non ha trovato espressione? Il tuo sogno incompiuto qual è?

No, devo dire che faccio quello che volevo fare. Sono fortunatissimo. Volevo campare di musica, teatro e recitazione e questo faccio e con questo pago il mutuo. (ride, ndr.)

Se dovessi fare una rinuncia un giorno e lasciare la musica o la recitazione, quale sacrificheresti?

Ti rispondo il giorno dopo che ho scelto. Ti telefono (ride, ndr.)

Sui social sei presente, ma a piccole dosi. Alcuni dei tuoi colleghi, invece, della loro social experience ne hanno fatto uno dei canali di comunicazione più presidiati. Qual è la ragione del tuo uso parsimonioso dei new media. Che rapporto hai con i social e i fan e follower?

Non è detto che tutti vogliano sapere la tua su tutti gli argomenti. I social li utilizzo un po’ per pubblicizzare quello che faccio o per far vedere ai parenti lontani come cresce mio figlio. Senza follie. Trovo divertente Instagram perché pieno di fotografi bravi e ci sono foto belle da vedere.

Ieri era la festa del papà. Tu hai un figlio di nome Lorenzo. Cosa significa per te essere papà?

Significa aver raggiunto la vetta più grossa che si possa raggiungere nella vita. Tutti gli altri traguardi sono al secondo posto. Qualsiasi cosa tu possa raggiungere nella vita è sempre al secondo posto, perché la cosa più figa è tuo figlio.

Mi hai anticipato che inizierai le riprese di Smetto quando voglio 2 con Edoardo Leo. Quali altri progetti ti impegneranno nella Primavera-Estate e dove ti vedremo?

Non ci sarà solo il sequel di Smetto quando voglio. Potrebbero esserci altri progetti, ma sono ancora campati in aria e quindi non ne posso parlare.

Grazie a Stefano Fresi da Il Giornale Digitale