Le Olimpiadi, fin dalle sue origini lontane quasi 2800 anni, hanno da sempre costituito un momento gioioso di pace, fratellanza e amicizia. Questi aspetti si racchiudono nel concetto di spirito olimpico che vuole fair-play tra gli atleti, mutua comprensione e amicizia. Fu per questo che il barone Pierre De Coubertin alla fine del XIX secolo volle ripristinare i Giochi olimpici in un periodo storico caratterizzato da forti instabilità diplomatiche. Dopo le difficoltà iniziali e i due tragici conflitti mondiali, i Giochi olimpici moderni si rivelarono un successo soprattutto perchè portavano alla fratellanza tra i popoli. Tutto filò liscio per numerose edizioni, compresa per la prima parte dei Giochi di Monaco nel 1972 che, però, saranno ricordati per sempre per il massacro di Monaco.
Alle 4,09 della notte del 5 settembre 1972 un gruppo formato da 8 terroristi fa irruzione nel villaggio olimpico di Monaco di Baviera. Il commando appartiene a Settembre Nero, un gruppo terroristico palestinese che aveva programmato l’azione nei minimi particolari e puntando soprattutto ad approfittare degli scarsi controlli di sicurezza nel villaggio olimpico. I terroristi entrano negli appartamenti che ospitano gli atleti israeliani e li prendono in ostaggio. Nel corso delle operazioni i terroristi palestinesi fanno esplodere alcuni colpi di pistola che uccideranno due componenti della spedizione olimpica israeliana. L’obiettivo dell’azione dei fedayyin palestinesi era quella di liberare centinaia di prigionieri palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane. Tutto il mondo ha gli occhi puntati sul villaggio olimpico mentre il Cio decide di far proseguire i Giochi olimpici con le gare di atletica all’Olympiastadion. Poco dopo farà marcia indietro e bloccherà le gare dopo la fortissima pressione dell’opinione pubblica.
Il tentativo di negoziazione con i terroristi fallisce perchè il primo ministro israeliano Golda Meir rifiuta di cedere al ricatto dei terroristi. La vita degli ostaggi è appesa a un filo. Fra di essi ci sono il 27enne Andrè Spitzer, israeliano nato in Romania, allenatore di scherma e padre di una bimba da poche settimane e il pesista David Berger che, dopo aver fallito le qualificazioni alle Olimpiadi con la casacca degli Stati Uniti, aveva ottenuto il pass per poter gareggiare con i colori di Israele essendo di origini ebraiche. Il destino di Andrè Spitzer, di Davide Berger e dei suoi connazionali che formano la spedizione olimpica israeliana è nelle mani della polizia tedesca e in particolare del capo della polizia di Monaco di Baviera Manfred Schreiber che tenta di bluffare con i terroristi: prima dice che Israele vuole collaborare e poi invia un delegato del Cio per contare i terroristi. La situazione cambia quando i terroristi chiedono un aereo per andare al Cairo. La polizia accoglie la richiesta non per cedere al ricatto ma per tendere un agguato ai terroristi all’aeroporto militare di Fürstenfeldbruck. I terroristi e gli ostaggi sono trasportati all’aeroporto in elicottero. Subito dopo l’atterraggio inizia uno scontro a fuoco che dura per oltre un’ora e che si conclude con la morte di cinque degli otto terroristi, con l’uccisione di tutti gli ostaggi e di un poliziotto tedesco. Il blitz della polizia si configura come un totale fallimento.
Mentre era ancora in corso la sparatoria all’aeroporto si diffonde una notizia falsa secondo cui gli ostaggi siano stati messi in salvo. I giornali israeliani stampano questa notizia ma dopo poche ore la verità esce a galla in ogni suo aspetto drammatico. A fornire la notizia della morte di tutti gli ostaggi sarà il conduttore della tv americana Abc Jim McKay che con una splendida frase sintetizzerà prima la speranza diffusa dalla falsa notizia e poi lo sconforto per il tragico epilogo della vicenda: “Abbiamo appena ricevuto le ultime notizie. Quando ero bambino, mio padre mi diceva che raramente le nostre speranze più belle e le nostre paure più grandi si avverano. Questa notte le nostre paure più grandi sono divenute realtà. Ci hanno comunicato in questo momento che gli ostaggi erano undici. Due di loro sono stati uccisi nelle loro stanze ieri mattina, gli altri nove sono stati uccisi questa notte all’aeroporto. Sono tutti morti!”
I Giochi Olimpici furono sospesi soltanto per un giorno. Il 6 settembre ci fu una cerimonia commemorativa per le vittime del massacro all’Olympiastadion ma poi il presidente del Comitato Olimpico Internazionale Avery Brundage pronunciò una frase emblematica e che passò alla storia: “The show must go on”. Fu la prima grande sconfitta dei Giochi olimpici moderni.