“Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”. Il 29 giugno 2004, Palermo si risvegliò con queste parole. A diffonderle furono i giovani del Comitato Addio Pizzo che tappezzarono le strade della città con adesivi listati a lutto recanti questo messaggio.
Da allora, il Comitato Addio Pizzo ne ha fatta di strada nella sua lotta quotidiana contro la mafia. Una rivoluzione culturale che, partendo dal basso, ha reso i cittadini più consapevoli dando la possibilità di sostenere con i propri acquisti i commercianti che non cedono alle estorsioni e che, in modo netto, hanno avuto il coraggio di dire no alla mafia.
Dopo il Comitato Addio Pizzo è stata la volta nel 2009 della declinazione turistica, con il turismo pizzo free per appoggiare quelle imprese che rifiutano il pizzo. Da alberghi ai b&b, dai ristoranti agli agriturismi: sono tanti quelli che si sono ribellati alla prepotenza mafiosa. Chi sceglie questo turismo responsabile sa quindi di contribuire concretamente ad alimentare un’economia sana, legale. Un ulteriore passo è stata la creazione del Tour operator Addio Pizzo e, il 13 giugno scorso l’inaugurazione della nuova sede intitolata a Peppino Impastato.
Oltre alle parole, oltre alle solite considerazioni del pensare che nulla cambierà mai, i giovani di Addio Pizzo stanno dimostrando che con senso civico, competenza ed entusiasmo si può diventare parte attiva di una rivoluzione culturale collettiva.
Noi de Il giornale digitale abbiamo intervistato Francesca Vannini, tra i soci fondatori del Comitato Addio Pizzo.
Francesca, dal 2004 ad oggi: dove vi ha portati lo slogan un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità? Che risultati avete raggiunto?
Non esagero con il dire che quando sono stati attaccati i primi adesivi per le strade di Palermo non si poteva immaginare che saremmo diventati un comitato, che avremmo portato avanti per dieci anni un’attività di volontariato, né ovviamente l’applicazione turistica, un tour operator e un’attività di impresa sociale. All’inizio probabilmente le attività avevano il carattere del tentativo della rivoluzione ora sappiamo che è realtà.
Come siete stati accolti dieci anni fa dai siciliani?
Inizialmente ci furono delle resistenze perché l’idea prevalente qui è che chiunque si muova desta sospetti. La prima domanda che ci fecero all’epoca è se fossimo legati alla politica, ma ovviamente non era così.
Oggi dopo dieci anni Addio pizzo è una realtà tenuta in considerazione nel dibattito pubblico, la gente partecipa ai nostri eventi. Palermo sta lentamente cambiando, noi siamo molto contenti anche se sappiamo che la strada lunga. Ci sono dei poteri forti che ci vuole ben altro per scuotere.
Nel 2009 sulla scia del lavoro del Comitato, è nato il progetto Addiopizzo Travel, per sostenere il turismo etico e responsabile, come si coniuga la lotta alla mafia con il turismo?
L’attività del comitato si era concentrata nel sostegno alle imprese, in particolare a quelle imprese che dichiaravano pubblicamente di non pagare il pizzo. Dal lavoro quotidiano è stato immediato pensare che come il cittadino palermitano ogni giorno può scegliere se comprare da un imprenditore coraggioso, avendo la certezza di non alimentare la mafia, così i turisti -anche se per pochi giorni-possono avere questo dilemma morale nel decidere come e dove spendere i propri soldi.
Sono perlopiù i turisti stranieri ad avere in mente l’idea della sostenibilità molto più dei siciliani: il consumo critico è già una tematica consolidata all’estero, soprattutto nei paesi anglossassoni.
In ogni caso l’idea poi di puntare sul turismo ci è stata suggerita dai sostenitori di tutto il mondo che attraverso i social newtork ci chiedevano Quando vengo in Sicilia come faccio a sapere che quell’hotel non finanzi la mafia? Come faccio a sostenervi e a conoscervi?
Così abbiamo estrapolato dalla lista di imprese coloro che erano fornitori di servizi turistici, dando così la possibilità ai visitatori di non finanziare la mafia attraverso il sostegno ai servizi etici.
Cosa offre Addio Pizzo Travel al turista?
Dal punto di vista della sostenibilità economica qualunque tipo di servizio tradizionale è reso da imprese che non pagano il pizzo e sono certificate dal servizio Addio pizzo di Palermo e di Catania. Abbiamo anche un comitato gemello a Catania nato da poco, per cui le punte più alte sono su Palermo e Trapani. B&B, alberghi, ristoranti: nella lista di imprese di Addio pizzo abbiamo quasi 900 aziende, di cui il 30% sono fornitori servizi turistici.
Il turista di Addio Pizzo travel è un turista consapevole? A quale segmento vi rivolgete in particolar modo?
Assolutamente sì è un turista cosciente del fatto che sta aderendo ad un turismo responsabile. Noi facciamo parte delk’AITR, l’associazione italiana turismo responsabile.
Spesso si immaginano queste tematiche come riguardanti realtà distanti, ma non è così. La Sicilia è un territorio che ha bisogno di ben altro da sviluppare, diciamo che in questo caso è un turimo responsabile che attiene all’ambito socio politico.
Per quanto riguarda il segmento, ci rivolgiamo soprattutto agli studenti perché noi lavoriamo con i contenuti che si sposano bene con i progetti di legalità nelle scuole. Oltre alla tipicità economica raccontiamo una Sicilia diversa, parliamo del territorio. Lo amiamo, portiamo avanti la lotta anti mafia da dieci anni e abbiamo un punto di vista sulla città che cerca di distruggere gli stereotipi che i media negli anni hanno creato negli stranieri e negli italiani.
Pochi giorni fa all’interno della stazione ferroviaria di Isola delle Femmine è stata inaugurata la nuova sede di Addio Pizzo Travel, intitolata a Peppino Impastato. Perché avete scelto proprio lui come vostro simbolo?
Per due motivi, uno quasi scontato: Peppino Impastato è una delle figure più conosciute, uno dei punti forti del nostri tour. Portiamo le persone nella casa della memoria e Giovanni, il fratello di Peppino fa vivere i cento passi del film.
La sede di Isola delle Femmine si trova esattamente a pochi chilometri di distanza dal luogo che ha visto la morte di Peppino Impastato per mano della mafia, per cui ci è sembrato abbastanza immediato fare quest’accoppiamento.
Il secondo motivo riguarda un concetto che ha espresso Peppino Impastato: il legame tra il rispetto territorio e l’idea di bellezza.
Lui diceva: “guarda che bello, se la gente fosse abituata alla bellezza ad apprezzarla non rovinerebbe il territorio non bisognerebbe spiegargli che diritti ha. Amare un posto te lo fa apprezzare, rispettare senza dovere fare grandi ragionamenti. Parliamo alla gente di diritto di voto basterebbe che loro amassero quello che hanno”.
Ecco la bellezza della Sicilia è anche nelle persone, nei testimoni che coinvolgiamo e Peppino è il simbolo di tutto questo.
Avete rapporti con altri associazioni? Si fa rete sul territorio?
Sì, coinvolgiamo molte associazioni, che ricevono dai turisti delle quote solidali per sostenere il no profit del territorio. Di recente abbiamo partecipato al progetto di Angeli per viaggiatori per il presidio di Palermo in partenariato con i ragazzi di Radio Siani e Napoli città visibile.
C’è un grande movimento culturale ed è questo che ci salverà dal momento di crisi, non solo economica ma anche di valori.
Come immaginate questa lotta nel futuro? La mafia si combatte sempre allo stesso modo, o bisogna adeguarsi ai suoi continui mutamenti?
Noi abbiamo sempre detto: parti da te stesso, guardati allo specchio: prima di dire lo stato non funziona, lo stato sei tu. Ma ci stiamo rendendo conto, dopo dieci anni, che se non si agisce con la pressione sociale e anche con la pressione dei singoli che partecipano sui poteri forti (politica, mondo delle professioni e la Chiesa) non lo so se questa battaglia la si vince definitivamente.
Lo scarto iniziale, quello di convincere i singoli a prendere posizione è la cosa più difficile, il resto verrà un po’ da sé. Una volta che stiamo tutti dalla stessa parte sarà più facile fare lobbing anche nei confronti di quelli che sono i poteri forti.
Oggi ci vogliono entrambi i processi top down e bottom up, non è più sufficiente dire guarda te stesso, prendi posizione, prenditi la tua responsabilità. Non basta più.
[Fonte Photo Cover: rainews]