Per chi non lo sapesse, l’AGID è l’Agenzia Italiana per il Digitale, ovvero quell’organismo governativo che dovrebbe servire a rendere concreti i programmi dell’Agenda Digitale che è a sua volta un insieme di piani e programmi volti a rendere l’Italia (così come in Europa il resto dei Paesi Europei) un posto migliore dove connettersi. Banda Larga, fatturazione elettronica, benefici legati alla digitalizzazione nelle aziende e nella Pubblica Amministrazione sono parte di quei piani e programmi.

Negli ultimi due anni si sono avvicendati a capo dell’Agenda Digitale dapprima Francesco Caio, poi Alessandra Poggiani, investita direttamente da Matteo Renzi per dare una svolta ai ritardi del sistema digitale nazionale. Il primo si è dimesso lo scorso anno per ricoprire l’incarico di Direttore Generale di Poste Italiane, la seconda ha annunciato ieri le sue dimissioni avendo l’intenzione di candidarsi nelle liste del PD per la Regione Veneto. La decisione è stata giustificata – da quanto si legge su Wired a cui la Poggiani ha rilasciato un’intervista proprio al direttore Massimo Russo – dall’impossibilità di gestire sindacati e Persone (pare che ci siano in corso 120 contenziosi su 80 persone), far rispettare obbiettivi e ricevere adeguate risorse.

Una giustificazione che suona tanto di tentativo di fuga maldestro se è vero quanto registrato sul sito governativo di AGID dove i bilanci sono molto trasparenti e si evince che nel solo 2014 l’Agenzia ha speso 325 milioni di euro con una pianificazione di budget per i prossimi 5 anni di circa 4 miliardi e mezzo di euro. Evitiamo anche di entrare nel merito delle competenze, però la domanda sorge spontanea nella misura in cui dal profilo Linkedin della ex direttrice, non si evincono esperienze particolarmente rappresentative di gestione aziendale a favore invece di una grande esperienza legata al settore universitario in qualità di lettrice e docente su temi digitali.

L’unica esperienza manageriale sembra risalire al 2009 come Direttore Generale di LAit (l’azienda nata a supporto delle tecnologie per la Regione Lazio). Sfortuna vuole che proprio il giorno delle dimissioni della Poggiali, la LAit risulta al centro di una polemica per fatti risalenti al 2006, anno in cui gestiva una gara indetta dalla Regione Lazio per il Centro Unico di Prenotazione (CUP), revocata per tentata turbativa d’asta.

Alla fine, rimane l’amarezza dell’ennesimo fallimento italiano sul campo del digitale, la certezza di aver ancora una volta sottovalutato la motivazione e l’esperienza di chi è incaricato di sviluppare temi così innovativi quanto altrettanto lontani da un DNA nazionale fatto di piccoli poteri politici, lungaggini burocratiche e un assetto per la risoluzione di questi temi ancora troppo legato all’ (in)decisionismo della Pubblica Amministrazione e troppo poco all’iniziativa privata. Ma soprattutto lascia davvero perplessi come, l’alternativa professionale di chi ricopre incarichi così innovativi e digitali finisca sempre per trovare un ben più valida alternativa in soluzioni istituzionali così confortevolmente analogiche!