Era il 1994 quando Silvio Berlusconi nell’ormai storico discorso tv annunciava la sua discesa in campo per fermare la “gioiosa macchina da guerra” della Sinistra italiana, quell’unione di partiti e partitini post comunisti che cercavano di sdoganarsi e diventare socialdemocratici. Ma la parola comunista spaventava ancora tanto l’elettorato moderato del Paese e l’ormai (ex) Cavaliere vinse a sorpresa le elezioni. Durò poco il suo Governo sì, ma abbastanza per far capire che qualcosa era cambiato, e per creare la prima volta nella Sinistra italiana non più un senso di superiorità intellettuale, quanto un complesso del perdente che si è portata avanti di fatto per tutta la Seconda Repubblica.
Matteo Renzi in quei concitati giorni era ancora un diciannovenne. Il 1994 è stato l’anno della sua partecipazione a “La ruota della fortuna” di Mike Bongiorno; aveva i capelli lunghi col ciuffo, un cardigan già fuori moda per l’epoca, l’aria da secchione e un vistoso paio di occhiali da vista. Studiava e faceva l’arbitro di calcio; proprio come arbitro si presentò, come concorrente: campione per 5 puntate di fila, alla fine Matteo Renzi lascia la trasmissione con una vincita totale di 48.400.000 delle vecchie Lire, decisamente un bel bottino per un ragazzo della sua età. Gli scherzi del destino, il neo premier che inconsapevolmente partecipa ad un programma nelle reti televisive di quello che sarà il nemico storico nei seguenti due decenni per il suo partito.
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La fulminante ascesa politica
C’è chi con un pò di malizia definisce la partecipazione al programma di Rete 4 come il punto di svolta della carriera politica di Renzi; quei soldi infatti gli sarebbero serviti in seguito per la campagna elettorale, inizialmente da sfavorito, per la presidenza della Provincia di Firenze. Sono gli anni dell’iscrizione al PPI e in seguito alla Margherita, quelli dell’impegno politico seguendo la tradizione cattolico-sociale, da buon ex boyscout che diventa grande e vuole farsi notare dai grandi. Nel 2004 è eletto alla Provincia, nel 2009 non appoggiato dal partito vince le primarie e riesce a diventare Sindaco della sua città. In pochi anni il giovane impacciato che girava la ruota si è costruito una carriera che già per molti sarebbe da considerarsi di successo, ma non per lui.
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Inizia a girare il suo nome, è invitato nei talk show, migliora il suo look ed è molto più telegenico di un tempo. Ha la parlantina e la risposta sempre pronta e una parola fissa nella testa “rottamazione”. Preso in giro all’inizio, si costruisce pian piano la sua cerchia di fidati, fa i famosi incontri alla “Leopolda” e incomincia ad avere un peso anche al di fuori della sua città. Spara a zero su mostri sacri del Pd, vuole fare fuori D’Alema, Veltroni, la Finocchiaro e la Bindi; nessuno aveva mai osato sfidare in tanti anni quei totem della politica. Perde le primarie con Bersani, ma ne esce vincitore, da lì a poco quei big si faranno da parte chi definitivamente, chi mettendosi in secondo piano. Vince pur perdendo, e fa un discorso all’americana dopo la sconfitta verso il suo rivale, che ha più risalto di quello del vincitore.
Ormai la strada era spianata, in un modo o nell’altro si sapeva che sarebbe stato lui a dirigere il Pd nel giro di poco tempo. E così è stato.
Cos’è oggi Renzi
Oggi Renzi è il Presidente del Consiglio. Risposta ovvia. Ma tralasciando il flop di Bersani, e lo sgambetto a Letta, cosa rappresenta per la politica italiana?
Piace a Berlusconi, inutile negarlo e gli somiglia anche parecchio nei modi di fare, ma non è certo un male per un Sinistra che aspettava il suo “salvatore” da anni, un tipo che fosse un minimo carismatico, che non facesse addormentare lo spettatore durante un discorso in tv. Renzi ha preso tutto ciò di buono che Berlusconi aveva senza però avere dietro condanne, sospetti e interessi da imprenditore. Insomma l‘uomo ideale per gli elettori di destra, l’uomo di cui sospettare sempre per quelli di Sinistra.
Ha invitato l’arci nemico nella sede del “Nazareno” e i due hanno trovato un accordo sulla legge elettorale e sulle riforme istituzionali, che mancava dai tempi della Prima Repubblica. Nei social un tutt’uno di insulti, attacchi, frasi di delusione per quello che non poteva essere il Segretario di un partito erede di ciò che un tempo si faceva chiamare Pci.
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Ma chi ha provato a sforzarsi almeno un poco di capire Renzi avrà ormai imparato ad accettarlo nella sua “diversità”. L’ex ragazzino prodigio tira dritto per la sua strada, non fa sconti a nessuno. Ha accettato le scuse di chi lo derideva nel suo partito, ma non li ha mai perdonati, e ora quando deve riservare delle poltrone si ricorda dei suoi fedelissimi e snobba gli ultimi arrivati. Non si può dire, perlomeno non ancora, se Renzi sia il “salvatore della patria” o se sia quel “male minore” che serve per arginare il populismo grillino e tenere a bada colpi di coda berlusconiani, ma una cosa è certa: voleva essere qualcuno e c’è riuscito.
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