È innegabile che la vita di un personaggio dello sport possa cambiare in pochi secondi: in un attimo potrebbe essere decretata la gloria o un oblio senza fine. Carletto Ancelotti è un vincente ma per anni è stato additato come un perdente, specie dopo i due secondi posti ottenuti in campionato quando sedeva sulla panchina della Juventus. Pochi mesi fa a Lisbona, quando mancavano trenta secondi alla finale-derby contro l’Atletico Madrid, era ad un passo dalla sconfitta. Ma in quei secondi interminabili di recupero ci ha pensato Sergio Ramos con un colpo d’autore, un coniglio improvvisamente fuoriuscito dal cilindro, a rimettere le cose a posto. Ancora pochi secondi e sarebbe finita, e cosa ne sarebbe stato di un allenatore “capace” di perdere la coppa più prestigiosa proprio contro gli acerrimi rivali? Non è andata così perché in quegli infiniti attimi passati dalla zuccata del difensore spagnolo fino all’immagine della rete gonfiata, il tecnico ha vissuto momenti di tensione, angoscia e speranza diventati poi soddisfazione e sollievo. Alla fine la Champions l’ha vinta lui, la terza dopo i due trionfi col Milan.

È stato un 2014 da incorniciare per Ancelotti, che ha alzato ben quattro trofei al cielo con i suoi ragazzi. La Champions League, Copa del Rey, Supercoppa Europea e Mondiale per Club. Niente male per una compagine, che seppur con un palmarès infinito, non riusciva a vincere il più importante trofeo continentale da ben dodici anni (un’infinità per il Real Madrid). Ha giurato amore ai “blancos”, a cui vuole regalare altri trofei nell’anno appena iniziato: in Champions è ancora tra le quattro squadre favorite mentre nella Liga domina grazie ad un’impressionante striscia di successi consecutivi. Il segreto di Ancelotti non è tanto nell’avere a disposizione campioni in squadra come Cristiano Ronaldo, Bale e Benzema ma è nello spogliatoio: tutti i calciatori sembrano seguirlo ed essere quasi coccolati da un grande trascinatore che ad oggi è uno tra i migliori tre allenatori del globo.

Una vittoria anche per il nostro calcio, spesso offeso per l’incapacità di sfornare top player. È vero, in campo ormai ne sforniamo pochi, ma in panchina qualche cartuccia da sparare ce l’abbiamo ancora. Ancelotti onora al meglio l’Italia, che qualcun altro lo possa eguagliare o quanto meno avvicinare?