Con la morte di Anita Ekberg muore davvero un’epoca. Sembra scontato ma lei era rimasta la custode di un mondo, di un momento storico, dei fasti di una società e di una cultura che ormai sembrano davvero spenti. Da buona custode si era rinchiusa in silenzio, abbandonandosi al destino che la faceva scendere dall’Olimpo di chi viene trasformato in vita in un idolo, in una diva come nel suo caso. Difficile accettare che Anitona, come la chiamava Fellini, abbia lasciato le scene in punta di piedi, come una comune mortale quale di fatto poi era. È difficile perché per un decennio non aveva nulla di mortale, di imperfetto, era una dea.

credits foto: www.blogs.indiewire.com
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Kerstin Anita Marianne Ekberg era nata a Malmö, in Svezia, il 29 settembre 1931 con un carattere forte, schietto, conservato fino all’ultimo. Determinata, dopo aver vinto il titolo di Miss Svezia nel 1950, lascia tutto e si dirige verso gli Stati Uniti d’America dove partecipa a Miss Universo. Ben presto quell’America assetata di fascino europeo, cade via via ai suoi piedi: si aprono salotti, feste alle quali chi conta fa a gara per accaparrarsela anche solo per qualche ora, la venerano anche se ancora non è approdata al grande schermo. Howard Hughes le rimedia presto un contratto con la RKO. È giovane ma sa quello che vuole e se lo guadagna: è il 1953 quando fa la sua apparizione in “Abbott e Costello Go to Mars” di C.Lamont e in “La spada d’oro” di N.Juran.

Diventa per tutti “the iceberg”, ghiaccio bollente, occhi verdi taglienti, corpo perfetto per l’epoca. Ammalia tutti, donne e uomini. Diventa il contraltare di B.B. e risponde ai tempi della prosperità economica, dove tutto poteva succedere, dove tutto si poteva sognare perché ormai lontani dalle guerre fratricide, lontano dalle preoccupazioni economiche, lontano dal passato e quanto mai immersi nel futuro. Ecco che quei film di fantascienza un po’ ammiccanti e ironici, la ospitano come tassello di un quadro che riflette la società. Non è facile immaginare quale cassa di risonanza potesse avere una diva a quell’epoca, ma guardando alla lista degli uomini che la sognavano giorno e notte, è un indizio utile.

credits foto: www.donnaglamour.it
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Frank Sinatra, Clarke Gable, Gary Cooper perdono la testa per lei. In soli due anni, 1955-56, recita a fianco della coppia indimenticata del cinema di quegli anni: Jerry Lewis e Dean Martin in “Artisti e modelle” e in “Hollywood o morte!” come protagonista e vince per quest’ultimo il Golden Globe come miglior attrice emergente. Ricordare che Anita Ekberg ha recitato con attori di questo spessore e che il regista di questi due film l’abbia voluta fortemente per entrambi i ruoli, va tenuto bene a mente. Fellini l’ha ricoperta con il suo fascino, con tutto il peso del suo nome, con tutto il peso del suo successo, per certi versi incastrandola in un ruolo scenico e personale che pareva a tutti perfetto per lei, probabilmente fuorché a lei.

A 28 anni, è il 1959, Anita Ekberg trova l’America vera in Italia. Il ruolo di Sylvia accanto al fotografo scandalistico Marcello Rubini, la segna come diva di Via Veneto. Marcello Mastroianni è bellissimo e solo lei poteva offuscarlo in un film come “La dolce vita“, sua croce e delizia eterne, in quella scena girata di notte nella fontana di Trevi, lì dove è nato il mito di Anita. Ecco perché il 13 gennaio è stata esposta proprio lì una foto, per iniziativa dell’assessorato alla Cultura del Campidoglio. Il sogno di bellezza botticelliana, una Venere nel fiore dei suoi anni che sboccia nella bellissima e struggente scena della fontana di Trevi, immortalata anch’essa come simbolo di un film, di un’epoca, di un ricordo.

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Da quella scena Anita Ekberg non ne verrà mai fuori ed è lei stessa a commentarla con stanchezza a Roma, qualche anno dopo, prima della proiezione per i 50 anni dall’uscita del film che l’ha resa felliniana più che mai. Una vita la sua che potrebbe davvero essere catturata da un film, tra una giovinezza vissuta a tutto tondo, inseguimenti dei paparazzi, feste, eccessi di alcool, due matrimoni il primo con l’inglese Anthony Steel nel 1956 e il secondo nel 1963 con Rik Van Nutter nel 1963, conclusosi nel 1975. A sorpresa l’amante per tanti anni Gianni Agnelli per il quale Anita ha sempre avuto parole d’affetto, rispetto e estrema dolcezza. Solo dopo la morte di Gianni Agnelli ha confermato le voci che giravano da tempo, con un riserbo che effettivamente risalta.

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Caduta poi rovinosamente in disgrazia, lasciata sola, senza figli, chiedeva un aiuto alla Fondazione Federico Fellini di Rimini, dopo oltretutto un furto di gioielli che le avevano portato via anche i ricordi, una frattura che l’aveva resa ormai non piú autonoma. Le sue ultime interpretazioni ne hanno offuscato il talento che aveva, se Fellini del resto l’aveva scelta tra tante un motivo doveva esserci e quell’esperienza americana pre La dolce vita, lo dimostra. Anita Ekberg ha chiuso il sipario, ora è tutto solo un dolce ricordo forse reso amaro da quella coda di vita che nemmeno lei forse si aspettava di vivere.

[Fonte cover: pixshark.com]