Ci sono delle realtà che spesso non vengono considerate, perché distanti dalle nostre; delle realtà uniche, che valgono sempre la pena di essere raccontate. Tra queste realtà c’è la storia del romano Arturo Mariani, classe 1993, un ragazzo come tanti ma con una particolarità che lo differenzia dalla massa: è nato senza una gamba, quella destra. Arturo ha deciso di divulgare la sua storia scrivendo il libro “Nato Così – Diario di un giovane calciatore senza una gamba“, un’autobiografia nella quale racconta tutta la sua esistenza: da quando era ancora nel grembo materno a oggi, che è diventato un grande difensore della Nazionale Italiana Amputati del Csi, per la quale ha anche segnato la rete del pareggio ai mondiali del 2014 contro Haiti, il primo ottavo di finale disputato dall’Italia in un mondiale. In questo libro Arturo racconta i suoi 22 anni vissuti su una sola gamba, quella sinistra, con la serenità di chi ama la vita, un dono che lo ha profondamente legato alla fede, e di chi ha trovato la forza nello sport oltrepassando qualsiasi ostacolo, qualsiasi limite. Un libro che lo ha portato negli studi del TG5 e non solo, un libro dallo stile semplice ma coinvolgente, che emoziona e infonde coraggio, che merita sicuramente di essere letto non solo per la grande storia che narra, ma perché i proventi della vendita saranno interamente devoluti all’associazione Salvabebè-Salvamamme.
E a proposito di “Nato Così” e tanto altro ancora, Arturo Mariani si è raccontato a Il Giornale Digitale rilasciando quest’intervista.

Cosa ti ha spinto a scrivere “Nato Così“?

Era un periodo della mia vita in cui avevo iniziato a fare diverse esperienze: ho partecipato ai mondiali di calcio amputati, ho cominciato a fare radio e, inoltre, molto volontariato. Un giorno ho avuto l’istinto di raccontare tutte queste cose e ho iniziato a trascriverle, è stato dunque un diario graduale che ho concluso nel giro di un anno ed è stato subito pubblicato.

Il tuo libro ha già riscontrato un grande successo, a cosa speri che porterà la divulgazione della tua storia?

L’obiettivo principale è quello di condividerla con più persone possibili, sperando di arrivare in tutta Italia, per lanciare un messaggio positivo. “Nato Così” è partito alla grande, sta girando molto, tanto che in sole due settimane dalla pubblicazione sono già esaurite le prime mille copie. In ogni caso da settembre inizierò a girare nelle scuole, per portare “Nato Così” tra i banchi delle elementari e delle medie, poi vedremo cosa accadrà.

Nel libro racconti la tua grande passione per il calcio. Quando hai preso la decisione di praticare questo sport, nonostante le difficoltà che indubbiamente si saranno presentare agli inizi?

La mia passione per il calcio, come tanti, è nata da bambino. Verso i due anni ho messo la protesi e muovevo i primi passi insieme al pallone, quindi è un amore nato sin dall’inizio. Quando sono cresciuto e ho iniziato a giocare con gli amici di difficoltà se ne sono presentate tante proprio perché giocavo con la protesi, con una gamba che non era la mia, era come portarsi dietro un peso e non è stato facile. Inoltre avevo delle difficoltà a livello fisico in generale: ogni volta che giocavo avevo dei forti dolori. Era una sofferenza che, poi, è diventata un punto di forza, una sofferenza che mi ha spinto a raggiungere degli obiettivi che non avrei mai immaginato. A 18 anni ho abbandonato la protesi, iniziando così a giocare con le stampelle. Su YouTube ho trovato un ragazzo che, come me, è nato senza una gamba, l’ho contattato e da lì è nata quel che oggi è diventata la squadra di calcio Nazionale Amputati, che si è sviluppata fino ad arrivare al mondiale, e che nel 2020 ci porterà alle paraolimpiadi di Tokyo.

[Foto per gentile concessione di Arturo Mariani]
[Foto per gentile concessione di Arturo Mariani]
A proposito della protesi: sei uno sportivo a 360°, dopo averla abbandonata non hai mai (ri)pensato che indossarne una potesse facilitare in qualche modo la tua vita sportiva o, comunque, la tua vita in generale?

All’inizio onestamente, appena decisi di lasciare la protesi, ero titubante e mi sono trovato un po’ in difficoltà. Prima, volendo, potevo nascondere la situazione: mi sentivo comunque osservato, perché avevo un passo diverso, però bene o male era un qualcosa di molto simile alla normalità. Con le stampelle mi sono trovato meglio, ovviamente tralasciando l’impatto iniziale, e da lì è stato tutto in discesa, ora riesco a fare tutto e mi sento veramente libero, anche perché ora le persone mi vedono per quello che sono, non mi nascondo più. Un giorno sicuramente rivaluterò la protesi, suppongo che superata una certa età le stampelle non siano proprio il massimo, sperando che inventeranno qualcosa di adeguato al mio caso.

Praticare sport, quindi, ti aiuta a oltrepassare quelli che chiunque altro definirebbe “limiti”?

Lo sport è un modo diretto e diverso per dimostrare che i limiti possono essere abbattuti. Indubbiamente lo sport è una parentesi importante della mia vita, fondamentale per far capire agli altri che i limiti sono solo nella nostra testa. Più che altro vedo lo sport come un vero mezzo di comunicazione, così come il libro che ho deciso di scrivere, che arriva alle persone in modo diretto.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

In realtà non mi piace molto parlare di progetti futuri.

Vogliamo chiamarli sogni nel cassetto?

Sogni sì, mi piace. Il sogno principale, ora come ora, è quello di continuare con la mia squadra, sperando di allargare i nostri orizzonti in modo che possa svilupparsi qualcosa di ancora più grande rispetto a quello che è già adesso. Il calcio resta, sempre e comunque, la mia più grande passione. Nel frattempo continuo a studiare scienze della comunicazione e a fare lo speaker, cosa che faccio da circa un anno, presso la radio web cattolica “radio Giovani Arcobaleno”, un canale che trasmette in tutto il mondo.

Grazie ad Arturo Mariani, da Il Giornale Digitale.

[Fonte Cover: www.radiogivaniarcobaleno.it]