“Le nostre valigie erano di nuovo ammucchiate sul marciapiede; avevamo molta strada da fare. Ma non importava, la strada è la vita”. Questa è una delle citazioni più conosciute dello scrittore americano Jack Kerouac – considerato uno dei più importanti autori di tutto il XX secolo – citazione che paragona senza mezzi termini la strada, e quindi il viaggio, alla vita.
C’è chi lo chiama wanderlust, chi amore per i viaggi e chi voglia di evadere, ma questo poco importa. Ciò che conta di più è il bisogno di esplorare insito in alcuni di noi, quello che fa prendere la decisione tanto attesa di mettersi uno zaino in spalla e viaggiare. Chi decide di intraprendere questo metodo di viaggio, quello dello zaino in spalla, viene poi definito Backpacker – che tradotto letteralmente significa “colui con lo zaino in spalla” – ed è un tipo di partenza sempre più in voga in Italia e nel mondo.
I motivi per cui uno deicide di viaggiare da solo, di partire all’avventura in compagnia solo del suo zaino, possono essere, e sono, decisamente diversi da persona a persona. Una delle ragioni fondamentali, però, è il percorso introspettivo e di crescita personale che ci si porta a casa; di quelli che ti cambiano e forgiano la tua personalità. Di quelli che ti insegnano a vivere, ad adattarti e ad essere flessibile. Di quelli che ti insegnano a superare ogni tipo di problema, di quelli che ti insegnano a essere indipendente, in tutto e per tutto.
Pioniera in Italia di questo modo di viaggiare, per lunghi periodi e con un budget limitato, è Giulia Raciti, creatrice del blog Viaggiare Low Cost, “nato sulle montagne del Guatemala con lo scopo di aiutare, e dimostrare, agli italiani che fare un giro del mondo con piccole risorse economiche era possibile”.
Noi de Il Giornale Digitale l’abbiamo contattata, e abbiamo voluto farci raccontare da lei non solo la sua passione per i viaggi e il suo giro del mondo, ma come si affronta un viaggio da Backpacker.

Ciao Giulia. Innanzitutto, per rompere il ghiaccio, ci racconti qualcosa di te?
Sono siciliana ma da quando ho 18 anni vivo lontana dalla mia isola. I primi 9 anni della mia vita hanno seguito un percorso abbastanza comune con i miei conterranei, università a Roma e primo lavoro subito dopo la laurea.
Nel 2007 mi trasferisco a Londra nella speranza di imparare l’inglese e di trovare sbocchi lavorativi più ampi in ambienti internazionali. Così è stato. Dopo un anno come cameriera, e tanta scuola, approdo in un ufficio con sede a Camden Town svolgendo il lavoro di Seo Executive per il mercato Italiano.
Nel 2010, poi, decido di lasciare Londra e parto per un viaggio zaino in spalla in centro America: doveva durare 6 mesi ed in verità da allora non è mai finito, portandomi a compiere un giro del mondo.
In quell’anno comincio a lavorare come seo copywriter freelance da dovunque mi trovavo, nel mentre, 5 mesi dopo l’inizio del viaggio comincio a fare i primi passi nel blogging. Oggi continuo a viaggiare e lavorare online, nonostante abbia cambiato un po’ direzione, e anche lavoro. Quello che era solo un blog è diventato una piattaforma in cui gli operatori locali in destinazioni complicate del mondo possono incontrare i viaggiatori.
Così dopo quasi 3 anni in giro per il mondo nel 2013 sono tornata in Europa, ho vissuto per un po’ a Berlino, qualche mese in Spagna, ho cominciato a scoprire l’Africa, Continente che mi ha ammaliata ed in cui continuo a tornare spesso e volentieri spingendomi in avventure sempre più intriganti.
Come, quando e perché è nata la tua passione per i viaggi?
A quanto riferiscono i miei amici d’infanzia, sin da piccola scrivevo racconti che portavano in mondi che non avevo mai visto tanto meno mi erano stati raccontanti. Probabilmente era nella mia natura ma non mi era chiaro; sono sempre stata una bambina particolarmente fantasiosa.
In verità ho fatto la scoperta che non ero giovanissima, avevo 24 anni. Con uno zaino in spalla senza saper né parlare l’inglese, né il francese, senza sapere che le persone con uno zaino erano chiamate backpackers sono partita da sola per un mese e mezzo in Marocco. Avevo bisogno di allontanarmi un po’ e il caso volle che finissi in questo meraviglioso Paese.
Ricordo questo come il primo viaggio vero. Ovviamente avevo alle spalle weekend qui e lì in Europa, ma quell’esperienza ha segnato un nuovo modo di viaggiare che mi piaceva.
Da 11 anni ormai questo è il mio stile: zaino in spalla, per lunghi periodi e budgets contenuti.
Quali cose sono cambiate di più nella tua vita da quando hai deciso di prendere uno zaino e vedere il mondo? C’è qualcosa che vorresti diverso?
Tutto è andato esattamente come doveva, anche i momenti meno felici in cui mi sono sentita sola o particolarmente stanca così da credere che volevo che tutto finisse in quell’esatto istante.
Ricordo con estremo piacere la gioia del tornare dopo 3 anni in giro per il mondo: ero stanca e mi rendevo conto che un’“era” era finita. Avevo chiuso un capitolo e volevo cominciarne uno nuovo e un po’ differente, e il cambio più eclatante nella mia vita è sicuramente il lavoro che è nato da questa esperienza: sono diventata quella che in gergo viene annoverata una consulente di viaggio e oggi collaboro a stretto contatto con piccoli operatori locali in zone un po’ complesse del mondo.
Lavoro che mi gratifica per moltissime ragioni. Infatti se da un lato mi permette di continuare a viaggiare e lavorare ancora oggi – a distanza di 2 anni dal ritorno del famoso giro del mondo – da dove ho voglia, dall’altro mi regala grandi soddisfazioni perché vedo piccoli e meritevoli operatori accrescere il proprio business utilizzando il mezzo internet, anche se non lo conoscono.
Promuovo viaggi etici avendo come obiettivo principale il rispetto delle comunità locali contribuendo attivamente alla loro crescita.

Nel 2011 hai creato il tuo blog “Viaggiare Low Cost”. Cosa ti ha spinto a iniziare questo progetto?
La motivazione è semplice: in 6 mesi di viaggio non avevo incontrato italiani, ma moltissime persone provenienti da tutto il mondo.
Così mi sono fatta una domanda: gli italiani non sanno che si può viaggiare così o non gli piace? Insomma, lo sanno che si può viaggiare per lunghi periodi e con piccoli budgets o no?
Ho cominciato a raccontare la mia avventura senza avere alcuna pretesa né aspettative. La mia storia cominciò a piacere e credo di essere stata la prima ad aver portato alla ribalta nel panorama italiano il backpacking ed i viaggi su lungo periodo, in solitaria e con piccoli budget.
Il blog ha reso accessibile ad un pubblico molto vasto un modo differente di viaggiare. Oggi moltissime persone decidono di intraprendere questa avventura, che, se un tempo suonava folle, onestamente credo oggi sia molto più comune.
Ti aspettavi questo successo?
Assolutamente no.
Ti possiamo definire a tutti gli effetti una travel blogger, ti piace questo tuo lavoro?
La verità è che io non mi definisco una travel blogger, questo infatti non è il mio lavoro e non guadagno nulla dai viaggi che faccio. Non in termini economici ovviamente. Il fatto che abbia un blog fa di me una travel blogger, è vero, ma il non guadagnare direttamente da questa attività, non fa di me una travel blogger di professione.
È vero che grazie al blog ho letteralmente creato un lavoro ma il travel blogger è una persona che guadagna da attività correlate al blog (pubblicità, sponsorizzazioni, collaborazioni con enti turistici e via dicendo), e io non sono pagata per viaggiare e per raccontare le destinazioni; il dove andare lo scelgo attentamente e continuo a pagare tutto di queste avventure con i soldi che risparmio quando sono ferma.
Negli anni di viaggio ho però sviluppato competenze differenti, acquisite proprio perché dedico tanto tempo ai Paesi che visito e creo relazioni in loco che solo dopo il mio ritorno a casa eventualmente si trasformano in collaborazioni, e questo a volte accade a volte no.
Non viaggio per lavoro ma solo per piacere, e mi piace condividere. Sono una travel blogger per passione ma non di professione, mettiamola così.
Tramite il blog, che ormai dal 2011 è fonte di informazioni gratuite su molte destinazioni nel mondo, ho creato una rete che mette in contatto operatori locali con persone che vogliono viaggiare in destinazioni complicate del mondo (prevalentemente Africa e Sud America) e disegno itinerari di viaggio personalizzati da poter concretizzare con i nostri amici in loco. Quindi lavoro con l’esperienza passata senza intaccare i viaggi futuri.
Credo, dunque, sia più giusto definirmi una consulente di viaggi, una imprenditrice, una libera professionista piuttosto che travel blogger. Non mi piace molto questa etichetta. Viaggio perché amo farlo e ho sempre temuto che fare diventare questa passione un lavoro le avrebbe fatto perdere il brio e la leggerezza con cui l’ho sempre vissuto.
Ho impiegato molto tempo a capire come potevo lavorare con l’esperienza in giro per il mondo fatta senza intaccare l’amore che nutro per i viaggi e il rispetto che nutro per la mia esperienza, che non è mai stato un lavoro ma è sempre stato un percorso personale intenso e, in molti casi, profondamente intimo. Non voglio essere pagata per viaggiare ma voglio lavorare in maniera indipendente per pagare i miei viaggi e raccontarli senza obblighi e doveri ma soprattutto libera da imposizioni esterne.
Che lavoro volevi fare da bambina?
Da bambina volevo fare la giornalista e l’esploratrice.
Non proprio in questi termini ma, adesso che mi ci fai pensare, inizio a credere che 30 anni dopo sento di aver trovato il giusto compromesso tra i miei sogni da bambina e quello che sono diventata oggi. Racconto storie, esploro alla mia maniera e senza regole fisse seguendo dei percorsi mossi dai miei personali interessi. E di questi mi piace raccontare.
Da “esperto del settore”, ci sono delle strategie da seguire per poter prenotare viaggi a un costo contenuto? Quali sono i consigli da seguire a riguardo?
Credo che ormai internet abbia portato ad un crollo dei prezzi e ovviamente tanta competizione.
Ammetto però che forse un semplicissimo consiglio ce l’ho. Ho infatti notato ultimamente che, se da un lato i voli aerei conviene prenotarli con largo anticipo, per gli hotels o le sistemazioni in generale invece aspetto sempre 2/3 giorni prima di partire spulciando tra differenti siti che mi pare, dopo tanti anni di monitoraggio, abbiano delle interessanti offerte last minute: Airbnb, Booking.com (questo noto ha dei bellissimi last minute), Agoda (per l’Asia in particolare).
Vorrei ricordare però che spendere meno implica il saper essere flessibile e fare quello che ci si può permettere; voler fare troppo ma non aver le disponibilità porterebbe ad una grande delusione. È andata così in Australia per esempio, troppo cara per le mie tasche, e richiedeva una modalità di viaggio profondamente differente da quella a cui ero abituata. Spendere meno ma soprattutto spendere meglio significa trovare la giusta destinazione che sia anche a misura di portafogli così da non tornare delusi ma soprattutto sicuri di aver fatto quanto possibile senza aver dovuto stringere la cinghia o rinunciare a buona parte delle cose possibili da fare per il puro piacere di dire “sono andato”.
Vogliamo conoscerti un po’ meglio: qual è il ricordo più bello del viaggio che reputi il migliore di sempre? E qual è invece il posto visitato che ti è piaciuto meno?
Tutti i ricordi di viaggio sono belli e tutti i Paesi che ho visitato hanno delle peculiarità che li rendono degni di una visita. Non ne scappa uno.
I momenti belli o brutti di viaggio hanno anche a che fare con il proprio stato mentale e la predisposizione, per quanto mi riguarda i ricordi migliori si collegano alle esperienze di viaggio più intense e complicate per cui direi che Etiopia, Birmania, Guatemala e Bolivia (ne prendo uno per ogni continente extra europeo che conosco) sono i Paesi a cui sono più legata e quindi “i migliori”.
Quello che mi ha lasciata perplessa è stata l’Australia. Questo perché era troppo cara per il budget di viaggio che potevo dedicarle, perché mi richiedeva un mezzo privato per muovermi, e io non avevo la patente internazionale di guida, ed era troppo grande per il mese che avevo a disposizione. Sono sicura che sia molto bella ma ritengo non sia un Paese a mia misura. La Nuova Zelanda è un caso a parte particolare che ho trovato meravigliosa.
A me piacciono i mercati e le stazioni dei bus caotiche, polverose e rumorose, mi piace il caos e quanto più di differente ci possa essere da me. Probabilmente è per questo che i Paesi occidentali o tecnologicamente avanzati non sono sulla mia stessa lunghezza d’onda e per questo stesso motivo credo fermamente che la destinazione debba essere scelta in base ai propri interessi e non perché a qualcun altro è piaciuto molto.

Sul tuo sito racconti come imparare a viaggiare in maniera indipendente. È questo che ti piace di più di quando parti, l’essere indipendente?
Questo mi piace anche quando non parto e sto ferma. Sono cresciuta in una famiglia in cui sono stata abituata a guadagnarmi da sola quello che desideravo, pur avendo sempre i miei genitori presenti, sono cresciuta pensando che l’indipendenza sia la chiave per vivere meglio.
Ho sempre deciso da me, pur consultandomi con la mia famiglia, senza mai farmi influenzare da quello che secondo gli altri è più o meno giusto. Immagino che questa priorità si sia riversata anche nel viaggio.
Viaggio in maniera indipendente, e spesse volte da sola, per mesi o anni, e probabilmente è proprio questo che rende i miei viaggi appassionati ed importanti.
Faccio esperienza di me, dei miei limiti ma anche delle incredibili potenzialità. Risolvo problemi o prendo decisioni velocemente e divento responsabile di ogni singola azione.
Che consiglio daresti a chi vorrebbe seguire le tue orme in giro per il mondo ma non ha ancora lasciato il nido chiamato casa?
Sono certa che se davvero si desidera fare questo passo il processo che porterà alla decisione finale sarà lungo e silenzioso. Al momento giusto si prenderà la decisione che, se dall’esterno sembrerà un colpo di testa in verità non sarà altro che un pensiero che abbiamo maturato per lungo tempo e quindi ci siamo convinti.
L’unico consiglio che posso dare ha a che fare con il più grande limite che si deve superare: la paura. Questa è normale e ci sarà fino al momento in cui si atterra a destinazione. Ma passerà velocemente per lasciare spazio ai momenti più belli.
Il viaggio che dobbiamo assolutamente fare almeno una volta nella vita?
Quello che ci va di fare!
Non credo molto nelle liste o nei must do vari. Nel viaggio non c’è la destinazione ma c’è anche la predisposizione, gli interessi e lo stato d’animo; per alcuni corrisponde alle isole e al relax, per altri al trekking estremo.
Se proprio devo indicare un dove, credo per me un viaggio in Africa, senza specificare un Paese, è uno di quelli che andrebbe fatto almeno una volta nella vita. Più che altro perché la sua gente apre gli occhi su un mondo a noi sconosciuto e sono certa che stupirà, in termini di gente, di sicurezza, di tradizioni, di bellezze naturali.

Facci venire un po’ d’invidia, quali saranno le tue prossime destinazioni? Che progetti hai per il futuro?
Sto per partire per qualche mese per il Sud Africa, e a marzo/aprile partirò con un gruppo organizzato da me per una spedizione nel deserto del Sahara Marocchino dove faremo trekking proprio nel deserto con le carovane berbere.
Sto anche considerando molto seriamente la possibilità di andare a visitare quanto prima la Sierra Leone. L’ebola è finalmente stata sconfitta e mi è stato riferito, da chi ci ha vissuto per molti anni, che sia una perla ancora sconosciuta di inestimabile bellezza. Ma nessuno la conosce.
Da “praticante esploratrice” sento che questo Paese possa incarnare la condizione ideale per un prossimo viaggio, come lo è stato l’Etiopia o il Sud ed ovest della Tanzania di cui si sa poco e quindi aumenta il grado di avventura (ed instabilità).