Le donne non dovrebbero ridere in pubblico: è immorale
Il semplice sorriso, così come la risata, è la manifestazione esterna di uno spirito libero, l’esternazione di un essere umano, che ha la possibilità in quanto tale di esprimere, ovunque, le proprie sensazioni. Un semplice diritto, che differenzia l’essere umano dall’essere oggetto e che vogliono, in quanto tale, eliminare. Siamo di fronte all’ennesima prova che sintetizza in poche parole il degrado progressivo della condizione femminile, in particolare di quella delle donne turche. Si tratta di una frase infelice, pronunciata da Bülent Arinç, braccio destro di Erdogan e portavoce del governo islamico-conservatore turco, contenuta all’interno di un discorso più ampio. “Una donna sa cosa è morale e cosa è immorale. Per questo non riderà in pubblico, non assumerà atteggiamenti ammalianti e proteggerà la sua castità.” Una dichiarazione che ha scatenato reazioni ovunque, in Turchia e nel mondo, dove le donne hanno risposto, per niente intimidite con una valanga di scatti, pubblicati sui social network con l’hashtag #kahkaha (scoppiare a ridere). La valanga di derisione è stata in fondo la reazione migliore.
Il carico di un semplice sorriso
Ridono le donne turche, in tutti i modi e ovunque. Ridono in quelle fotografie che in poche ore hanno fato il giro del web, unendo con il filo della rivendicazione donne che tentano di opporsi con la loro reazione a un governo padrone. Un sorriso timido, appena accennato o una risata liberatoria, a crepapelle. Un gesto semplice, a tratti ironico, che nasconde però un carico di ingiustizia e oppressione ben più complesso. Sì, perché quel sorriso è l’ennesima arma innocua, sfoggiata con forza per opporsi a chi continua, imperterrito, a scagliarsi con violenza contro il mondo femminile. I motivi poi sono sempre gli stessi, incompatibili con la società attuale e nascosti dietro lo scusante dell’educazione, di ideali e forme di pensiero proprie del mondo arabo, in cui la condizione delle donne non accenna a migliorare.
Le piccole grandi lotte
Questa volta però, al di là dei regimi autoritari, al di là delle continue discussioni attorno a quei paesi in cui prevale ancora oggi la figura del padre padrone, questa volta sono i sorrisi delle donne di Istanbul a essere protagonisti. Donne spesso picchiate, violentate e uccise, da mariti o familiari, che portano avanti nonostante tutto, con forza e determinazione le proprie piccole grandi lotte alla ricerca della loro libertà negata, nascosta. Sorridono per tutte quelle donne che devono sottostare a imposizioni, che passo dopo passo, incalzano il percorso della regressione. Infatti, non è solo la risata a essere peccaminosa, ma anche baciarsi in pubblico lo è, navigare in internet e addirittura mostrarsi incinta in pubblico. Solo un anno fa è stato infatti dichiarato immorale e antiestetico vedere donne in stato di gravidanza esporsi allo sguardo del pubblico. La risposta non tardò però ad arrivare e le donne infiammarono le strade della Turchia, rivendicando il diritto di decidere del proprio corpo, in qualsiasi occasione o situazione. Per non parlare del divieto di abortire o di effettuare un parto cesareo. Un ennesimo attacco all’autodeterminazione.

La Turchia è sempre stata, storicamente, un paese progressista riguardo ai diritti delle donne. Negli ultimi anni però con le tragedie delle spose bambine, i delitti d’onore e gli episodi di violenza domestica e femminicidi, sta percorrendo il cammino contrario esattamente come altri Paesi geograficamente vicini. Ad oggi la Turchia non è infatti l’unico paese a impedire alle donne di esercitare azioni che per noi occidentali risultano essere assolutamente ordinarie. In Arabia Saudita viene vietata alle donne persino la possibilità di guidare. L’ennesimo ostacolo, che è stato però abbattuto con la forza di quelle donne che nonostante le punizioni hanno fatto della conquista di questa piccola libertà, il simbolo della propria emancipazione. In Iran invece c’è chi ha sfidato le autorità uscendo in pubblico senza velo, rischiando 70 frustate e 60 giorni in prigione. Le donne hanno mostrato i loro capelli liberi, per provocare una reazione, per dimostrare la loro volontà di essere libere di compiere anche i gesti più semplici. Azioni ordinarie ai nostri occhi, impensabili ai loro. Muri che possono essere però abbattuti con tenacia e determinazione.
Possono togliere loro il sorriso, coprire i loro corpi con il velo, impedire loro di esprimersi, ma non possono togliere loro il coraggio di riappropriarsi della loro essenza, del loro essere prima di tutto donne.
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