Dopo la stampella portata per anni – rappresentata dalla Pixar – pare che adesso la Disney si sia definitivamente messa a camminare con le sue gambe. Da Chicken Little a Frozen, il 3D e i contenuti delle opere hanno fatto notevoli (per non dire enormi) passi avanti. L’ultima creatura del marchio fondato 90 anni fa da Walt e Roy Oliver, Big Hero 6, lo conferma: una produzione, ispirata vagamente agli albi – inediti in Italia – Marvel Comics, che coinvolge e intrattiene senza troppi fronzoli e senza dover ricorrere, come si fa spesso in altri lidi, all’emissione selvaggia di sterili sequel, in mancanza di idee.

Diretto da Don Hall e Chris Williams, il 54° classico Disney è ambientato nella fantastica fusione tra San Francisco e Tokyo (San Fransokyo), una frenetica città piena di salite, in cui fa la sua comparsa Hiro Hamada, un geniale ragazzino, fenomeno della robotica, che supportato dal fratello Tadashi, presenta alla comunità scientifica il suo brevetto, i microbots: un insieme di particelle magnetiche che possono formare qualsiasi oggetto a comando dell’utente. Quando l’invenzione di Hiro viene rubata da un malintenzionato, in un tragico agguato che segnerà per sempre la sua vita, il giovane deve fronteggiare la minaccia delle mani sbagliate che adesso detengono il potente strumento. Per farlo, Hiro si affiderà a quattro amici, ma soprattutto a Baymax, un simpaticissimo androide costruito da Tadashi, che si prenderà cura di lui.

Garbato, ben costruito, con personaggi perfetti e un ritmo ottimamente gestito, Big Hero 6, come soggetto e tematiche, è agli antipodi dell’iper-illustre predecessore Frozen, rivelandosi più vicino all’ancora precedente (e sottovalutato) Ralph Spaccatutto. Un apparato tecnico animato in forma al servizio di una storia raccontata senza sbavature e in grado di interessare – non è più novità da queste parti – grandi e piccini.

E poi c’è Baymax, provate a resistergli: sagoma estremamente essenziale, reminiscenze dell’omino Michelin, il robot che sarà protagonista della prossima stagione gadgettistica Disney diverte senza ridondare, commuove senza forzare. Certo, c’è qualche colpo basso sparso nell’opera, non a caso Bambi e Il re leone sono prodotti Disney. Il vero punto di forza di Big Hero 6 sta però nell’equilibrio, dimostrato anche nei lungometraggi precedenti e mantenuto tra situazioni comiche (che qui vedono protagonista Baymax, doppiato da Flavio Insinna) e passaggi dolorosi, che includono la perdita.

Hiro è un bambino che deve affrontare continue perdite, lo ha fatto in infanzia e lo continuerà a fare, suo malgrado, per tutta l’opera, sino al bellissimo finale, non didascalico nè banale, che sublimerà un altro aspetto di Big Hero 6, la sua natura di romanzo di formazione, accompagnata dalla non originale – ma ben trattata – tematica dell’angelo custode.

Big Hero 6 è un altro meraviglioso esempio delle infinite potenzialità dell’animazione. Andatelo a vedere con la sala traboccante di risate e silenzi dei bimbi, ne varrà la pena.