“Il calcio è uno sport per veri uomini”. E le donne?

Il calcio femminile viene dimenticato, cade sempre più nell’oblio di una società apparentemente emancipata e attenta ai diritti di tutti, ma nella vera facciata, quella che fa più male, ancora troppo maschilista.

Nel 2008 la Nazionale Femminile U19 ha vinto l’Europeo, a marzo l’under 17 femminile arriva terza ai mondiali in Costa Rica. Non ne ha parlato nessuno, non c’è stato nessun approfondimento sportivo, né sulle reti maggiori né su giornali o internet. Nessun “90′ minuto”, nessun focus settimanale, nessuna diretta Rai né pre-partita alcuno. Perché? Il pensiero comune sul calcio è che sia uno sport “per maschi”. Quando si pensa a una ragazza che gioca, si focalizza sempre e solo l’attenzione sul “maschiaccio” che riesce a fare quattro palleggi con il pallone di cuoio e riesce a fare una rabona che lascia tutti senza parole.
Una “donna che gioca a calcio” è un po’ il sogno di tutti gli uomini. Così come una ragazza che gioca alla Playstation o va regolarmente allo stadio, meglio se con un fisico perfetto. Ma vivere di questi “sogni” fa perdere il vero senso della passione.

C’è chi darebbe la vita per correre in eterno dietro una sfera che rotola sull’erba verde, in uno stadio gremito di tifosi che cantano il tuo inno e urlano il tuo nome, tra ole, applausi e lacrime. Ma la realtà è che nel nostro mondo vende di più un Balotelli qualunque con la sua nuova Ferrari piuttosto che 11 cuori – di donna – che battono all’inno nazionale. Fa più scalpore il divorzio di Buffon, il selfie di Cassano e Marchisio e il trio d’amore – con le corna – Icardi-Wanda Nara-Maxi Lopez. Ma quando ci sarà posto per le donne? Per le donne con i parastinchi e i tacch(ett)i?

“Gioco a calcio da sempre, da quando avevo quattro anni. Niente di strano, se non per il fatto che sono una ragazza. Ancora oggi ci sono persone, uomini in particolare, che si stupiscono quando sentono parlare del gentil sesso accostato al calcio. Sicuramente perché questo è considerato lo sport maschile per eccellenza, quello più praticato e più diffuso in tutto il mondo. La frase che mi ha accompagnato per tutto il periodo in cui facevo parte di una squadra maschile, dai quattro ai quindici anni (fino alla categoria giovanissimi il regolamento prevede che le ragazze possano giocare con i pari età di sesso opposto) era: “Ah, c’è pure la femmina”. Questa cosa mi infastidiva molto perché stava ad indicare la mia incompetenza e la mia debolezza e di conseguenza anche quella della squadra, solo perché ero una ragazza. Il calcio maschile si gioca da sempre, mentre solo negli anni ’70 iniziarono a comparire le prime attività di calcio femminile in Europa. Se in Italia il calcio maschile è tanto amato e seguito, non si può dire lo stesso di quello del ‘gentil sesso’, le donne”.
È una lettera di una calciatrice – già, donna – stanca di essere considerata “non brava quanto”. Molto spesso le donne che giocano a calcio sono mille volte più brave dei loro coetanei dell’oratorio, quelli della classica partita del Giovedì alle 17:00.

Il calcio femminile nel nostro paese non è considerato uno sport professionistico. Nella maggior parte dell’Europa le squadre maschili hanno nel proprio organico anche il settore femminile, assicurando loro soldi, sponsor, servizi di alta qualità e pubblicità. In Italia, invece, le società di calcio femminile, che sono appena 365, sono destinate a scomparire da un anno all’altro per la mancanza di finanziamenti e di strutture adeguate. C’è chi rinuncia alla promozione in A perché non ha fondi, chi accetta la retrocessione e chi, a stento, rimborsa le spese.

La FIGC conta appena 12.975 ragazze iscritte, nulla se si pensa alle 250.000 della Germania. Ma i numeri salgono ancora. Come negare ad una bimba di appena 4 anni il corso di danza e di ginnastica artistica, con il tulle rosa e le scarpette lucide? I trucchi non mancano mai, così come i boccoli e la pochette con i glitter. Ma se una bimba ama il pallone più della sua “Barbie magico Capodanno”?

Si chiama passione. Correre per 90′ – no, non si fanno sconti -, fatica, allenamenti, esercizi, trasferte, borsoni sempre pieni di speranze e desideri, con la fascia di capitano al braccio e quella tra i capelli per evitare che la frangetta vada giù. Sono donne anche con i pantaloncini e i calzettoni; sono donne anche con la maglia della squadra del cuore e il ghiaccio spray sempre pronto in borsetta. C’è tutto, manca solo la volontà di credere nel “movimento in rosa” e, quindi, di investire.

Quando ci sarà posto anche per le donne?