Le facoltà di Medicina e di Architettura non hanno lo stesso fascino di qualche anno fa, e a riferirlo è lo stesso MIUR. I dati registrati quest’anno rivelano ben 4 mila unità in meno per Medicina e circa mille per Architettura.
Il camice bianco non è più in cima alla wishlist dei giovani come accadeva in passato; ai test di ammissione, infatti, si sono iscritti poco più di 61mila ragazzi, molti meno rispetto al 2014 (anno in cui se ne contavano oltre 64mila).
I dati di Architettura, invece, sono in ribasso da diversi anni: nel 2015 si contano 10.994 unità, ben mille in meno a quanto registrato nell’anno passato e circa 5mila in meno rispetto al 2013. Meglio non rapportare i numeri con il 2010, annata in cui c’erano circa 20 mila contendenti.
Va da se che la drastica riduzione del numero dei candidati per i test d’accesso sia una buona notizia per chi affronterà le prove di sbarramento: essendovi meno domanda saranno maggiori le chance di successo.
Per molti il sogno di diventare architetto è una eventualità non certo inafferrabile, visto che i posti a disposizione sono 7.802. In pratica il 65% dei richiedenti riuscirà ad immatricolarsi. Stesso discorso per Medicina e Odontoiatria visto che secondo i dati del MIUR sono a disposizione 10305 posti (in pratica 1 studente su 6 riuscirà ad iscriversi).
Considerando che non tutti i registrati svolgeranno effettivamente il test, le probabilità salgono ancora.
Ma i dati negativi che riguardano la domanda interessano l’intero settore, come conferma il portale Universitaly: le richieste per le facoltà a numero chiuso sono quest’anno 79.451 contro i circa 90mila del 2014 e i ben 115mila del 2013. I dati sono naturalmente provvisori visto che c’è tempo fino al 31 luglio per completare le procedure di pagamento, pena la nullità della domanda.
Dal 2003, anno in cui si è verificata l’impennata più grande di iscrizioni (338 mila), al 2013 (con 270 mila), il calo è stato del 20%. Dati che si rivelano preoccupanti e che mettono in risalto pesanti crepe nel nostro sistema di istruzione e forti cambiamenti sociali.
Le ragioni di questa discesa sono molteplici: dal calo demografico al deterioramento delle prospettive di lavoro post laurea, fino ad arrivare alla difficoltà di sostenere i figli in un percorso di istruzione non sempre economico.
Secondo i dati più recenti solo 3 diciannovenni su 10 si immatricolano all’università. L’Italia si trova infatti in una posizione inferiore rispetto agli altri stati per quantità di laureati, così come per fascia età.
Pare che su 100 giovani tra i 25 e i 34 solo il 22% abbia conseguito la laurea, a dispetto degli altri paesi in cui la media è del 37%. Ma perché siamo indietro?
Prima di tutto secondo gli indicatori OCSE, le risorse economiche destinate all’università nel nostro Paese sono di gran lunga inferiori rispetto a quelle investite in Spagna, Francia, Germania e Svezia. Un laureato italiano costa, in termini di risorse pubbliche e private acquisite a parità di potere d’acquisto, la metà di un laureato tedesco e circa il 30% in meno della media dei paesi OCSE. In pratica gli studenti spendono le stesse cifre ma hanno servizi inferiori, talvolta inesistenti. Inoltre la maggior parte delle Università pubbliche italiane è basata sul mero nozionismo e su metodi di studio antiquati e poco competitivi. Un qualsiasi studente di giurisprudenza, nonché aspirante avvocato, magistrato o notaio, non entrerà mai in tribunale prima di svolgere la pratica forense, né avrà mai visto durante il corso di studi un vero dibattimento penale.
Manca la pratica applicazione delle nozioni, uno studio sul campo e quel minimo di esperienza necessaria a comprendere cosa si sta studiando e per quale motivo. Manca il filo logico, la motivazione, l’essere seguiti. Nella maggior parte degli atenei gli studenti sono abbandonati a se stessi, e questo spiega il numero dei fuoricorso e di chi abbandona definitivamente il campo.
Senza contare l’ondata di profonda incertezza che attraversa il sistema di istruzione in generale e che ha visto il susseguirsi al Miur di tre ministri negli ultimi due anni, tra novità epocali e vergognosi ripensamenti, falsi allarmi e cambiamenti all’ultimo minuto.
Come dimenticare il bonus maturità previsto da Profumo morto in fase di piena attuazione? E i test svolti in aprile del 2014? E la eventuale abolizione dei quiz desiderata dal ministro Giannini?
I ragazzi hanno sempre meno fiducia nelle strutture e sempre meno prospettive di trovare un impiego dignitoso.
Le famiglie sono colpite dal caro vita e dalla crisi e hanno scarse probabilità di mantenere uno o più figli all’Università. Per non parlare della situazione in cui versa la maggior parte degli atenei pubblici, vecchi gloriosi fari del sapere oggi ridotti a fanalino di coda d’Europa.
[ Fonte Cover: www.wikipedia.org ]