C’è chi nasce maschio, chi femmina e chi dentro un corpo che non gli appartiene; c’è chi si fa grande vedendo crescere la barba sul volto, chi vedendo crescere il seno e chi vorrebbe radersi la barba pur avendo il seno; c’è chi arriva al matrimonio con lo smoking, chi con l’abito da sposa e chi decide di non sposarsi perché per la società dovrebbe indossare l’abito bianco e invece vuole mettere lo smoking. C’è chi si guarda allo specchio ogni giorno senza riconoscersi, senza sapere chi si è davvero perché nella società non esiste un termine che possa identificare la tua personalità, e cresci acquisendo la consapevolezza che vorresti essere in un corpo completamente diverso da quello in cui ti ritrovi e così, inevitabilmente, arrivi ad un punto in cui ti trovi davanti a un bivio: assaporare la pace interiore cambiando sesso, o tacere e continuare a soffrire.
Una storia molto simile a questa è quella di Leo, un 28enne della provincia di Roma, che è nato due volte: la prima col fiocco rosa sulla culla, la seconda con la barba sul volto. Leo ha intrapreso due anni fa il percorso per cambiare sesso, un percorso delicato e che ormai è quasi giunto al termine e che, con immensa gentilezza, ha deciso di spiegare dettagliatamente a Il Giornale Digitale in quest’intervista.

Quando ti sei reso conto che il corpo in cui vivevi non ti apparteneva davvero?

Ne ho preso del tutto coscienza circa dieci anni fa. Ho sempre sentito, saputo, che in me c’era qualcosa di diverso dalla massa, ma non sapevo attribuire un nome a quel che provavo, e finché non entrano in gioco determinate situazioni a livello sensoriale non te ne rendi conto davvero. A riguardo di questo delicato argomento vige una grande malinformazione e, infatti, tutto quel che so l’ho scoperto facendo da solo delle ricerche, volevo informarmi.

Quanto è stato difficile, se lo è stato, prendere la decisione di cambiare sesso?

La decisione è stata piuttosto innaturale. Arrivi a un punto in cui ti rendi conto di aver passato una vita intera a rinunciare, a rinunciare a tutto, e per cosa poi? Per paura delle etichette. Ero convinto di morire portando nella tomba quel che per me era un assoluto segreto, non avrei mai voluto dire a nessuno chi ero davvero per timore di non essere compreso. Poi, dopo aver acquisito una certa maturità e aver attraversato delle situazioni che mi hanno dato il coraggio di cui avevo bisogno, ho trovato la forza per uscire fuori. E da lì non è più stato difficile.

[Fonte photo: corriere.it]
[Fonte photo: corriere.it]
Ci racconti in cosa consiste questo percorso?

Il percorso vero e proprio comincia dall’accettarsi, dal momento in cui capisci di dover dare un senso alla tua vita: senza avere questa convinzione di fondo, partire è difficile. Una volta oltrepassato questo grande muro ci sono delle strutture apposite. Due anni fa chiamai una struttura del Lazio- senza neanche essere tanto sicuro di voler sentire la parola “pronto?” dall’altro capo del telefono- e, convinto fosse una cosa a lungo termine, presi l’appuntamento che, con mia immensa sorpresa, fissarono per la settimana seguente. All’inizio ci sono tre colloqui da fare con lo psicologo che poi, purtroppo, ti manda a fare ulteriori sedute al CIM, con degli ottimi psichiatri, per poter capire se si tratta di genetica o di momentanei disturbi mentali, e il tutto viene poi certificato dalla Asl. Nel mio caso è stato scientificamente fondato, dalla mappa cromosomica, che i miei cromosomi non erano tutti femminili e quindi, se vogliamo, possiamo parlare di mutazione genetica. Mi hanno addirittura detto di aver atteso troppo. Lo step seguente prevede degli incontri con l’endocrinologo che- dopo aver studiato a fondo i tuoi referti e fatto numerosi esami, visite e ricerche- ti assegna una cura ormonale intramuscolare, fatta di testosterone, che inizierà a mutare l’aspetto esteriore e la voce. Questa cura sarà a vita e cambierà solo quando, a livello fisico, scompariranno gli attributi femminili, per poi proseguire con una cura base. Di pari passo, ovviamente, non manca la parte legale: si avvia una vera udienza, con tanto di giudice e avvocato, per avere il nulla osta che consente l’operazione. Insomma, ci vuole l’ok dello Stato. Infine, c’è un’eventuale ricostruzione dell’apparato genitale maschile quella che, in quanto comporta numerose operazioni di chirurgia estetica, e trattandosi non solo di estetica ma anche di funzionalità, si protrae più a lungo. Questa è una cosa che a breve farò sicuramente, non sono di certo partito con l’intenzione di lasciare le cose a metà, ma come tanti altri ho preferito dare precedenza a un mio fondamentale inserimento nella società. Il fatto di riconoscermi sotto aspetti più emotivi che pratici della questione.
Pochi giorni fa, sull’autobus, un signore mi ha detto «Ragazzo, può spostarsi che devo scendere?». Questo è un dettaglio che per molti può sembrare futile, insignificante o addirittura stupido, mentre per me è tutto. Quel “ragazzo” mi ha reso felice, mi ha fatto capire che la mia fatica sta portando a dei risultati reali e visibili.

[Fonte photo: Miles McMillan, lookatme.ru]
[Fonte photo: Miles McMillan, lookatme.ru]
Hai una voce bellissima, che più volte ti ha portato sul palco. Hai pensato che non sarebbe più stata la stessa? Come hai vissuto il suo cambiamento?

Questo è l’unico rimorso che mi porterò a vita, la mia più grande rinuncia, perché so che non potrò più cantare in quel modo. Eppure, nonostante questo paletto, ero davvero convinto di intraprendere questo cammino e così deciso a compiere il grande passo, da aver fatto slittare il canto, la mia più grande passione, in secondo piano. Pensare al dopo e a quel che sarei diventato mi ha dato la forza per farlo. Non so se riuscirò a trasmettere ancora qualcosa e ad emozionare le persone come facevo prima, ma sarà proprio questo a farmi capire se era solo merito della mia voce o anche della mia personalità, quando ricomincerò a cantare lo scoprirò. Fino a quando la mia voce non si stabilizza, prendendo una forma definitiva, ciò rimarrà un grande punto interrogativo.

Da qui a dieci anni come ti vedi?

Indubbiamente una persona adulta, visto che sono appena rinato e mi trovo in una fase embrionale della mia vita: dovrò ripartire da zero e rivivere tante e tante situazioni sotto un altro punto di vista. Da qui a dieci anni avrò una famiglia? Chissà, staremo a vedere.

Sei felice?

Troppo. E credo che questa parola non basti nemmeno a far capire quanto io lo sia davvero.

Grazie a Leo, da Il Giornale Digitale.

[Credits Cover: transessualismo.com]