Chi ha vinto davvero le Elezioni Regionali? Una domanda semplice alla quale normalmente sarebbe facile rispondere andando a guardare i dati su voti, le preferenze e i relativi vincitori; ma quando un’elezione diventa una partita a scacchi in cui misurare passo dopo passo la forza e le intenzioni degli avversari, non basta per determinare una vittoria o una sconfitta il semplice responso delle urne. Sembrano lontani i tempi in cui Pierluigi Bersani chiedeva in un incontro in streaming alla rappresentativa grillina di collaborare per formare un Governo riformista all’indomani delle Politiche che non erano riuscite a consegnare un risultato certo, se non quello dell’ingovernabilità col sostanziale equilibrio tra tre forze politiche tanto diverse tra loro quanto obbligate a scendere a compromessi per uscire dallo stallo parlamentare a cui erano costrette dai numeri. Da allora i sondaggi non sono soltanto un termometro politico dell’andamento dei Partiti, quanto piuttosto un segnale di come i flussi di voti determinino il potere che una forza può mettere in campo per spazzare via la concorrenza. Poi è arrivato il fenomeno Renzi, le Elezioni del Maggio 2014, il trionfo stracciante con il 40% dei consensi e una via verso una stabilità politica insperata; mentre la Lega e Salvini facevano le prove per allargare i consensi strappando elettorato a Grillo, le lotte tra opposizioni sembravano favorire una volta tanto un Pd che seppur fragile per le solite lotte interne, era troppo forte per poter avere rivali. Ma dopo i risultati delle Regionali molti cronisti non sembrano più essere d’accordo sull’imbattibilità renziana.
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Cosa dicono i sondaggi
Sostanzialmente la situazione dei quattro maggiori Partiti non è mutata molto rispetto alle settimane precedenti alle Regionali. La conferma che Salvini non è più soltanto un potenziale avversario, ma che è riuscito nel suo intento di riportare la Lega ai massimi storici è l’elemento più rilevante; per il resto la tenuta di Grillo sorprende ma non troppo, così come resta l’incognita di un Berlusconi che non è competitivo come un tempo ma che se riuscisse a trovare un accordo con il Partito del Carroccio potrebbe dire la sua da “padre fondatore” di una nuova destra, probabilmente spostata verso tematiche più estremiste e meno liberali e con una Lega con un peso maggiore all’interno della coalizione. Così come questo scenario, insieme a numeri non esaltanti seppur permetterebbero di entrare in Parlamento, costringe l’Area Popolare ad una riflessione sul da farsi condizionata molto da scelte altrui e dall’incompatibilità con le idee di Salvini.
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Social(ismo) 2.0
Dopo le Elezioni Regionali e in attesa dei ballottaggi di Domenica prossima, chi tra i leader dei maggiori Partiti è stato il più attivo sui social network, e chi ha convinto di più tra post, tweet e riflessioni? Continua il trend di Grillo che sembra voler lasciare spazio ai giovani del Movimento irrompendo molto meno sulla scena; i link a Tze Tze restano, così come i toni aspri, ma sembrano lontano i tempi in cui l’ex comico ligure faceva parlare di sè per ogni frase che diceva. Così anche Renzi che col suo profilo istituzionale continua a sottolineare l’operato del suo esecutivo, ma adottando toni molto meno “rottamatori” e più rassicuranti. L’ex Sindaco il giorno dopo le Elezioni era a Kabul in tenuta militare quando i rivali passavano ore a litigare sui risultati; c’è chi ha visto in questo il tentativo di fuggire dalla discussione, chi invece ha apprezzato il sostanziale equilibrio che ha deciso di tenere nonostante a tutti gli effetti sia anche Segretario del Pd. Mentre Berlusconi apre Instagram e fa parlare di sè per le foto con il cane più che per strategie politiche sui social, Salvini continua sulla strada aggressiva che l’ha premiato fino ad ora.
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Strategie e possibili cambi di rotta per Renzi, Grillo e Salvini (dopo le Elezioni Regionali)
Detto di un Berlusconi che deve decidere come impostare il futuro della sua destra, se con la Lega o senza, se riaprendo a Casini e Alfano, o continuando da solo con numeri però non confortanti, resta da stabilire quali saranno le prossime strategie che metteranno in campo gli altri leader politici. Mentre Renzi sembra non drammatizzare il calo di consensi piuttosto prevedibile che però conferma il Pd come prima forza, discorso diverso per Grillo e Salvini. Grillo sa che i meccanismi della politica impongono cambi di rotta se necessario, non intende stringere alleanze con nessun Partito ma capisce che l’idea di andare avanti soli non può permettere al Movimento di passare dalle parole ai fatti. I pochi casi isolati registrati nelle Amministrative, e il risultato buono ma non vincente delle Regionali spinge molti attivisti a chiedersi se non sia giunto il tempo di adottare una linea meno intransigente. Salvini invece in attesa delle scelte di Berlusconi, sembra il leader più tranquillo, forte non soltanto dei risultati ma anche della rinnovata consapevolezza di una Lega che adesso si candida a vero rivale del Pd anche per le Politiche. Zaia è la prova schiacciante di un Partito che quando governa riesce a convincere gli elettori, Toti l’emblema di un candidato che senza la Lega non sarebbe potuto salire alla poltrona di Governatore in Liguria, merito anche delle scelte di una Sinistra che è in attesa di un leader in grado di impensirire Renzi.
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