E al 30esimo, Lo Stato arrivò. Anzi, #MatteoRenzi.

Erano 30 anni (cioè da sempre) che un’autorità italiana non solcava le portinerie delle StartUp della Silicon Valley; che piaccia o no, il primo ad arrivare è stato Matteo, proprio lui.

Di Fabrizio Capobianco, fondatore dapprima di Funambol ed oggi di TokTV, Marco Marinucci di MindTheBridge, o Loris Degioanni, giovanissimo ingegnere partito da Cuneo per fondare Draios, molti fra coloro che seguono e inseguono il mito della Silicon Valley già sapevano. Storie appassionanti che Roberto Bonzio da qualche anno racconta nel progetto Italiani di Frontiera.

(Non più) ragazzi con la valigia piena di grandi progetti, troppo visionari per sentirsi ospiti nella Patria delle carte bollate e delle lobbies a orologeria, hanno messo radici e puntato la sveglia sul futuro nella Valley.

Il destino beffardo, come troppo spesso accade, ha voluto che i loro nomi rimbalzassero alle cronache proprio grazie a quello Stato da cui si sono allontanati, che dopo 30 anni ha deciso di puntare una luce su di loro, anche se la sensazione è che sia solo la luce riflessa di un faro più grande, tutto puntato sul Grande Comunicatore.

Ad accompagnare #MatteoRenzi sul sentiero, due sherpa di grande rappresentanza che in qualche maniera potessero referenziare la credibilità digitale del premier inflazionata dai troppi tweet e ben poco altro ossigeno d’innovazione: Riccardo Luna da poco nominato Digital Champion dalla Comunità Europea e simpatizzante della primissima ora di #MatteoRenzi, e Paolo Barberis, concittadino del Premier, ex Fondatore della compianta Dada e oggi di un ennesimo acceleratore d’impresa nella Terra del Freno a Mano Tirato. #MatteoRenzi ha visitato i colossi Twitter, Yahoo e Google (che se non lo ha mai fatto un Politico Italiano, di certo è 20 anni che Confcommercio, Confindustria e Gruppi vari di imprenditori, propongono identico tour (anche se in stile gita da Padre Pio, vendita di pentole incluse), per poi incontrare i ricercatori e gli imprenditori italiani.

Un discorso sul cambiamento del nostro Paese e un messaggio ben studiato: “non vi chiediamo di tornare – e vorrei anche vedere con quale coraggio avrebbe potuto farlo – io cambio l’Italia, voi cambiate il mondo con i vostri cervelli“.

Per aver fatto della cultura del digitale e del cambio di direzione i due pilastri della propria campagna elettorale, mi sarei aspettato un messaggio meno confezionato e con un vero cambio di direzione: “sto preparando le basi per il vostro ritorno, affinchè possiate portare la cultura e la mentalità degli innovatori veri e contaminare le nostre imprese con le vostre idee. Perchè possiate insegnare loro la cultura del fallimento e quella del confronto, della collaborazione e della libera impresa”. Valori che nessuna scuola qui da noi, insegna e che invece sono scolpiti, #MatteoRenzi ignaro, sulle tavole delle leggi di tutto il comprensorio intorno a San Francisco.

E l’occasione più grande l’hanno persa proprio loro, quegli innovatori ubriacati forse da così troppa Italia arrivata fin lì tutta insieme come mai era successo prima.
Uno fra tutti, Cosimo Spera, meglio di tutti ha saputo esprimere questa sensazione:

Cosimo Spera

Un peccato che nessuno di loro abbia chiesto un impegno preciso, una richiesta concreta, un contratto di fiducia. Peccato aver lasciato tutto quello spazio libero. Spazio di cui ha approfittato, durante la visita alla Singolarity University l’ateneo del futuro, una fan sfegatata: Lucrezia Bisignani.

Bisignani

Vedi alla voce Bisignani, Passato, La Solita Solfa.

Anzi, #lasolitasolfa.