“Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?” No, non si tratta della favola di Bianca Neve e non è nemmeno l’inizio di un discorso firmato da una moralista/femminista frustrata, intenta a demolire il proprio mito di bellezza, alla ricerca dell’accettazione del proprio essere all’interno della società. Si tratta di un ritornello che non può non pervenire ironicamente alla vista di quelle giovani ragazze in fila sul palco di Miss Italia, in silenzio, con un sorriso forzato, stampato sul viso da circa due ore, in attesa di essere osservate, giudicate, con la speranza di passare il turno e di non essere mandate a casa con un sincero quanto schietto “buona vita” della Ventura. Miss Italia si è concluso da poco, con l’incoronazione della più bella tra le belle e se la Nuova Miss appartiene anche a quella categoria di donna diversa, determinata, parlante e con grande personalità (per usare le parole di Simona Ventura a proposito dell’identikit della sua preferita) io ancora non lo so, ma lo lascio a discrezione di chi non può fare a meno di scoprirlo. Ma cos’è che spinge queste ragazze promettenti a partecipare a un concorso, dove, al di là del mito della bellezza interiore (perché davvero, le donne di oggi devono essere belle dentro) e della ricerca di quel modello di donna diversa (che diversa non è mai), si guarda esclusivamente alla lunghezza delle gambe? Alle ossa che escono letteralmente fuori dalla pelle e a quelle tre parole che, per grazia divina, riescono a mettere in fila, risultando così ambiziose, tenaci e determinate?

Per molte di loro diventare una Miss significa veramente realizzare un sogno, di quelli che uno ha in un cassetto, con la speranza di aprire così un portone nel proprio futuro. Che poi, cosa c’è di male? Ai tempi di Sofia Loren, niente. Oggi, sì. Perché in un mondo parallelo idealizzato, vedere quelle ragazze in fila sul palcoscenico in una gara di belle perle, lanciate con noncuranza, tipo “Per me la vera libertà è quella di sentirsi liberi” e imitazioni di scimmie in calore, accolte con applausi euforici, farebbe chiudere in faccia qualsiasi portone. Invece quello che ci regalano i concorsi di bellezza oggi sono fiumi di bellezza fisica, ignoranza e ricche risate o svampate di vergogna per ragazze che ci dovrebbero rappresentare e che alle donne di oggi, a quelle desiderose di far sentire la propria voce, a quelle veramente “parlanti” non piacciono più. E nessuno vuole che queste ragazze espongano tesi o diano prova di una cultura fuori dal comune, ma la consapevolezza di apparire davanti a milioni di telespettatori, che giudicano spietati ogni singolo movimento, dovrebbe far sì che quella donna diversa ci sia veramente tra quelle ragazze sorridenti e che la prova bikini non sia la più attesa. È stato un attimo infatti anche la comparsa delle modelle curvy, scartate in men che non si dica, che hanno però dato da pensare a quelle ragazze che curvy lo sono davvero. Un’idea buona, ma forzata.

La necessità di vedere una donna veramente cambiata e determinata, che spicca nel mondo del lavoro, in televisione, così come nella vita di tutti i giorni è sulla bocca di tutti. Ma poi, si ritorna alle solite cattive abitudini e il cambiamento rimane campato per aria, la donna diversa rimane un mito e la bellezza interiore, se c’è, non la vede nessuno, perché tutti aspettano di vedere capelli lucidi, fianchi e centimetri di pelle nuda. Tutti aspettano questo, perché questo è quello che ci hanno abituato a vedere. I concorsi di bellezza non servono più a quelle donne che prima della bellezza, sentono la necessità di difendere un universo femminile in cui la dignità di donna occupa sempre e comunque il primo posto. Non c’è quindi competizione che tenga, sfida o gara, semplice gioco o sogno vitale di una ragazza di 19 anni e del suo sogno già spento di meteorina o velina o quel che sia. Una gara di corpi, begli abiti e sorrisi forzati, in una competizione priva di contenuti, alle donne di oggi non serve più.

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