Eyjafjallajökull. È questo agglomerato apparentemente casuale di vocali e consonanti – in italiano significa Ghiacciaio dei Monti delle Isole – che si prende la scena nella primavera del 2010. Nel mese di marzo, dopo 187 anni di letargo, il vulcano islandese Eyjafjöll erutta mettendo in ginocchio il traffico aereo di quasi tutta l’Europa, causando l’annullamento di numerosissimi voli e innumerevoli disagi per i passeggeri, che si protrarranno per mesi a venire. Ma è anche l’anno di un paio di catastrofi decisamente più gravi, il terremoto di Haiti e il famigerato tsunami in Indonesia, che tolgono o sconvolgono la vita a milioni di persone. Prende il via nel frattempo l’era dei leaks, col capostipite, WikiLeaks, a dimostrare che anche i re del mondo possono essere nudi. Intanto, mentre la Spagna dei fenomeni vince il primo Mondiale della sua storia, in un laboratorio americano il dottor Craig Venter brevetta la prima cellula artificiale. Roba da fantascienza.

A proposito di fantascienza, quella di Christopher Nolan ha sempre avuto a che fare con la psiche umana: nell’estate del 2010 ne dà un ulteriore saggio con Inception. Un’esperienza, più che un film, che coinvolge tutti i sensi e applica un cast irripetibile (DiCaprio, Hardy, Cotillard, Gordon-Levitt, Caine, Watanabe) a una sceneggiatura (scritta col fratello Jonathan) elaborata e più che mai stratificata, come stratificato è il rapporto sogni/incubi su cui si regge il film. Il pubblico pensa che ai successivi Oscar l’opera di Nolan farà razzia di premi principali, come The Hurt Locker l’anno prima, la sorpresona di Kathryn Bigelow, ma a parte qualche riconoscimento tecnico (fotografia, montaggio sonoro ed effetti speciali) le aspettative saranno disattese. Perché gli Oscar 2011 sarà una questione tra altri due film, entrambi incentrati su un evento storico. Uno è britannico e racconta di come Re Giorgio VI superò i limiti della propria balbuzie e del proprio carattere e divenne simbolo di resistenza, non solo per la popolazione inglese ma anche per l’intero mondo occidentale libero, pressato dalla minaccia nazista. L’altro è invece più contemporaneo che mai e mostra il dietro le quinte dell’invenzione destinata a cambiare, in un modo o nell’altro, le abitudini di ognuno e i rapporti umani: The Social Network, con Jesse Eisenberg nei panni di Mark Zuckerberg. Il discorso del re si porta a casa le statuette per il film, la sceneggiatura originale, la regia (Tom Hooper) e l’attore protagonista, un superbo Colin Firth, in un memorabile duetto con un altrettanto spaziale Geoffrey Rush. La storia della nascita di Facebook ottiene invece quelle per il montaggio, la colonna sonora (firmata da Trent Reznor a Atticus Ross) e la sceneggiatura non originale. La performance che però sconvolge tutti è quella di Natalie Portman, ormai lontana dall’adolescenza di Leòn, ballerina schizofrenica ne Il cigno nero, forse il vero capolavoro di Darren Aronofsky.

Colin Firth e Geoffrey Rush ne 'Il discorso del re' (Credits: Danny Cohen)
Colin Firth e Geoffrey Rush ne ‘Il discorso del re’ (Credits: Danny Cohen)

Totalmente snobbato invece ai successivi Oscar il primo thriller di Martin Scorsese dai tempi di Cape Fear, un adattamento di classe di un romanzo di Dennis Lehane: zero nomination ai Globes e agli Oscar, ma Shutter Island farà ugualmente epoca e confermerà la consacrazione di quell’attore un tempo così bistrattato che è Leonardo DiCaprio. Per trovare però il meglio del thriller, nel 2010 dobbiamo guardare al Sol Levante, perché Confessions di Tetsuya Nakashima – uscito in Italia solo tre anni dopo – è una perla di implacabile nichilismo. Uno dei film più belli dell’anno è invece di matrice europea, Surviving Life, capolavoro realizzato in stop-motion dal geniale ceco Jan Svankmajer, guru del surrealismo: Svankmajer aveva girato una ventina di anni prima Qualcosa di Alice, adattamento ancor più onirico e maturo del classico di Lewis Carroll. A trasporre le avventure di Alice ci si mette nel 2010 anche Tim Burton: da tale accoppiamento si attendono faville ma la resa finale è estremamente deludente, non basta nemmeno la scelta di Johnny Depp come Cappellaio Matto a far di Alice in Wonderland un buon film.

'Alice in Wonderland' (Credits: Dariusz Wolski/Walt Disney)
‘Alice in Wonderland’ (Credits: Dariusz Wolski/Walt Disney)

Ci sono poi tre tendenze piuttosto interessanti che caratterizzano l’alba del nuovo decennio. I cinecomic innanzitutto: parliamo però non degli Avengers che qualche anno dopo faranno terra bruciata, ma di due adattamenti di portata minore ma qualità sempre altissima, Kick-Ass e Scott Pilgrim vs. the world. Il 2010 è anche l’anno di trasposizioni letterarie, come la struggente distopia di Non lasciarmi e il ritorno di Julia Roberts come protagonista assoluta in Mangia, prega, ama. Ma è soprattutto il festival degli anni ’80: numerosissime le riproposizioni di classici, a forza di reboot o improbabili sequel. C’è il remake di Karate kid, con il figlio di Will Smith – Jaden – protagonista insieme a Jackie Chan; c’è il rifacimento di Nightmare, con Jackie Earle Haley nel ruolo che fu di Robert Englund; ci sono anche gli improbabili sequel di Tron (Legacy) e Wall Street (Il denaro non muore mai). Il vero revival degli anni ’80 lo offre però l’adattamento per il grande schermo di A-Team, mitica serie tv simbolo degli 80’s. A proposito di remake, niente affatto male quello dell’immarcescibile Ridley Scott di Robin Hood, con un Russell Crowe perfettamente in parte.

Un altro film che celebra palesemente gli anni ’80 è I Mercenari, un divertissement travestito da action che riunisce, tra i tanti, i vari Stallone, Schwarzenegger, Rourke, Willis e persino Dolph Lundgren. Altissimo il livello dell’animazione, per quantità e qualità, che il 2010 propone: da Toy Story 3 – passo avanti rispetto al deludente secondo capitolo – a Dragon Trainer, da Rapunzel ad Arrietty, è un’ottima annata sul fronte Disney, su quello Dreamworks e su quello orientale. Ci sono però due, forse tre, perle da riscoprire nel 2010: nell’anno in cui diamo l’addio a Mario Monicelli ed Eric Rohmer, nonché a Josè Saramago, Ben Affleck si conferma autore di razza con The Town, il serbo Srdjan Spasojevic sconvolge tutti con A serbian film, una delle pellicole più disturbanti di sempre, e una teenager di nome Jennifer Lawrence si fa conoscere come splendida protagonista di un altro adattamento letterario, Un gelido inverno. Qualche anno dopo la rivedremo, sicura e dominante, sul tetto di Hollywood.