Fassina, Civati, ma anche il candidato alle primarie Cuperlo, l’ex Segretario Bersani e il “dissidente” Mineo. Nomi che fino ad un anno fa rappresentavano la nomenclatura del Partito Democratico, rappresentanti di anime variegate di sinistra che riuscivano a coesistere in un Pd in crisi.
Poi Renzi, un caos nemmeno tanto inaspettato e la “rottamazione” che più che anagrafica risulta essere ideologica. Un Pd che all’improvviso si ritrova al 40% nei consensi, ma paradossalmente troppo stretto per la nuova minoranza. Poco importa se l’intenzione del Premier non fosse quella di dividere in correnti e aree il partito, un meccanismo di rifiuto nei confronti della sua linea politica ha causato in pochi mesi più fratture di quante fossero immaginabili in un periodo apparentemente felice di vittorie elettorali, dal trionfo delle Europee alle sempre più regioni strappare al centrodestra.
![Credits Photo: [giornalettismo.com]](https://www.ilgiornaledigitale.it/wp-content/uploads/2014/11/igd_ff558528a4297bf33977d99ceb0b10d9.jpg)
Cosa vogliono quei politici del Pd che continuano ad opporsi al Governo Renzi? Domanda lecita, risposta difficile tanto più se durante assemblee e riunioni di partito le scelte sono prese quasi unanimemente; sembra quasi che un partito che stravolge la concezione radicata di un centrosinistra perdente li spaventi, ma danno la strana sensazione che comunque non riescano a trovare una piattaforma politica che li possa accogliere all’esterno, a partire da alleanze con Vendola o aperture al Movimento di Grillo ( tra l’altro molto strane se si pensa al rifiuto che il M5S pose davanti all’allora Segretario Bersani aprendo di fatto le porte all’ascesa politica di Renzi ).
E chi dovesse domandare ai vari Fassina e Civati di prendere una posizione netta, si troverebbe di fronte ad una scelta talmente tormentata da sembrare impossibile; un continuo e deleterio andare contro l’esecutivo, un dimostrare appoggio a prescindere al Sindacato, un non tollerare Ministri di centro come Alfano, la Giannini o Sacconi pur non volendo allo stesso tempo rischiare di andare alle elezioni col timore che stavolta i renziani possano riuscire a prescindere dal tipo di legge elettorale strappare la maggioranza in Parlamento che significherebbe porre forse definitivamente fine a quel potere di controbilanciamento che adesso possono esercitare. In attesa di sviluppi, difficili oggi da immaginare, appare sicuramente più facile considerare auspicabile la tanto decantata scissione anche se significherebbe porre un importante freno a quel “partito della nazione” auspicato da Renzi e che sembra, almeno nelle intenzioni del Premier, il modo per poter arginare l’irresistibile ascesa dei partiti populisti ( più Lega che M5S in questo momento ) e per poter portare avanti quelle riforme troppe volte rimandate ma necessarie.
[ Credits foto in evidenza: giornalettismo.com ]