«Ci sono luoghi dove il male ha un nome antico come la Bibbia». Quel nome è “Gomorra”. Ma tra le righe del trailer che anticipa la serie in onda su Sky Atlantic, si legge inevitabilmente Scampia. Poco meno di tre minuti ad alto tasso di violenza dove si susseguono sparatorie, agguati, intimidazioni, traffici di droga e soldi sporchi. Il tutto ambientato tra le “Vele”, quei casermoni di cemento simbolo del quartiere a nord di Napoli. Luoghi dove il male la fa da padrone. Luoghi dove le colpe dei padri ricadono sui figli, dove il sangue chiama altro sangue. Ma la gente di Scampia non ci sta e si ribella alla fiction che, ancora una volta, porterà sullo schermo l’altra faccia della città, quella sporca, quella criminale. Una polemica che ritorna. Un anno fa il “no” alle riprese nel quartiere. Dodici mesi dopo, con una messa in onda già fissata per il 6 maggio, le immagini del trailer riportano a galla il malumore delle associazioni locali e di quei cittadini “onesti”, preoccupati che la serie targata Sky possa contribuire ad alimentare ulteriormente l’immagine già poco edificante del quartiere, e di una città intera.
Trenta settimane di riprese tra Napoli, Barcellona, Milano e Ferrara, 225 attori e centinaia di comparse utilizzate, 156 location, per realizzare dodici episodi da un’ora. Sono i numeri di un progetto ambizioso realizzato da Sky, in collaborazione con Cattleya, Fandango, La7 e la tedesca Beta Film, che non ha precedenti televisivi in quanto a verosimiglianza e apparato tecnico messo in campo. Il caso letterario di Roberto Saviano (oltre 12 milioni di copie vendute nel mondo), che il film di Matteo Garrone (Gran Prix a Cannes nel 2008) ha portato sul grande schermo con estremo realismo e intensità, è diventato un imponente e avvincente kolossal televisivo. L’idea di una serie a puntate è dello stesso Saviano, che ha collaborato alla stesura del soggetto diretto da Stefano Sollima (già regista della serie cult di Sky “Romanzo Criminale”) che assicura: «Non c’è nulla nei 12 episodi che ricordi vagamente il film». La serie non rispecchia nemmeno il libro da cui il film è tratto, avvalorando la tesi di chi vede in un prodotto intitolato “Gomorra” solo una furba operazione commerciale che specula ancora una volta sui mali di una città. Del resto sono già una trentina i paesi a cui la serie è stata venduta, tra essi gli Stati Uniti che realizzeranno anche un adattamento inglese dal titolo “Gomorrah”.

Al centro della storia, del tutto originale, c’è la camorra, con le sue regole, i suoi valori, le sue logiche perverse, le sue faide per appropriarsi dei redditizi business criminali. Attraverso la lotta di potere tra due clan camorristici, i Savastano e i Conte, si snoda il destino tragico di due famiglie sullo sfondo di una realtà che ogni giorno combatte per sopravvivere e non cedere alle spire del male. Perché accanto ai boss ci sono anche persone che la camorra la combattono, eroi normali che ogni giorno portano avanti la loro personale battaglia per la legalità. Il film di Garrone aveva sacrificato gran parte di questi personaggi “positivi” – alcuni dei quali ispirati a persone reali – che invece troveranno spazio all’interno della serie. Una rassicurazione che però non placa le reazioni di quanti credono che la serie contribuisca piuttosto alla mitizzazione e alla spettacolarizzazione della criminalità. Gli stessi che un anno fa si opposero fermamente alle riprese nel quartiere. Tra loro il presidente della VIII Municipalità Angelo Pisani, che poche settimane dopo autorizzò invece le riprese de “L’oro di Scampia”, la fiction Rai sul judoka Pino Maddaloni.

Uno stop quello per “Gomorra”, voluto per tutelare il territorio da stereotipi e luoghi comuni che enfatizzano sempre e solo quanto c’è di negativo. «Non è censurando una fiction che si dà più luce alla parte sana di Scampia» fu la risposta di Roberto Saviano a «La Repubblica». Il nulla osta poi fu dato, con l’impegno della produzione a girare cinque cortometraggi che riscattassero l’immagine del quartiere (su Gelsomina Verde, la squadra AfroNapoli, le realtà contro il biocidio e altre risorse di Scampia come il comitato per l’abbattimento delle Vele). Le immagini del trailer però non fanno che inasprire la perplessità e l’amarezza dei residenti. «Un obbrobrio con scene inverosimili da film di gangster» è il commento di Ciro Corona della coop Resistenza. Ovviamente ogni giudizio è rimandato al giorno della messa in onda. Solo allora sarà possibile vedere come è stato effettivamente sviluppato il plot, se questi timori sul contenuto della fiction siano fondati o se invece la serie sarà in grado di trasmettere qualcosa che vada anche al di là di morte e violenza. Perché Scampia, Napoli, non sono “solo” Gomorra.

La verità è che forse non c’era bisogno dell’ennesimo business mediatico che si traveste da paladino della verità per “raccontare” il territorio. Solo che poi lo fa quasi sempre a “senso unico” e caricando di eccessivo e pericoloso appeal storie e personaggi che per quanto verosimili, non colgono mai appieno la complessità di una realtà che cerca di riscattarsi da quel marchio di infamia che si porta dietro. Come se non bastassero già le immagini “reali” di cronaca che si vedono ai telegiornali ad oscurare la parte sana e onesta del quartiere, quella che ogni giorno combatte per la legalità, quella di cui non si parla mai, che viene relegata ai margini e sempre in contraddizione con la camorra. Perché al cinema come in tv, il fascino del male attrae sempre più della mediocrità del bene.
[Credit Photo Cover: Emanuela Scarpa]