L’ansia e la depressione sono due fenomeni molto diffusi; essi colpiscono un’altissima percentuale della popolazione che, secondo una statistica americana, si aggira intorno al 50%.
In Italia circa 5 milioni di persone sono affette da una patologia depressiva, mentre circa tre milioni soffrono di stati d’ansia. I sintomi sono, almeno in origine, molto difficili da individuare in quanto si manifestano come fisiologici disturbi dell’umore, molto simili ai sentimenti provati in sotuazioni difficili come una disgrazia, un insuccesso o un lutto.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) circa 350 milioni di persone soffrono di depressione e il loro stato, come riportato su Nature, pare sia dovuto a fattori genetici oltre che biologici.
Di questo ne sono convinti alcuni ricercatori della Oxford University, della Virginia Commonwealth University (VCU) e della Fudan University cinese. Il team internazionale ha condotto un indagine sul patrimonio genetico di alcuni soggetti affetti da stati depressivi e la scoperta è così incredibile da avere stupito i ricercatori stessi.
Gli scienziati hanno analizzato il Dna di 5mila donne affette da depressione, appartenenti al gruppo ‘Han‘, ovvero quello maggiormente diffuso al mondo. In un primo momento il loro genoma è stato sequenziato e comparato con quello di altre 5mila donne considerate sane, dopo di che gli studiosi hanno individuato due aree situate sul cromosoma 10 che sembrano essere associate ai disturbi dell’umore.
Secondo la ricerca pare che le donne siano più vulnerabili rispetto agli uomini a malattie di questo tipo, forse perché più influenzabili da fattori di tipo biologico e ambientale.
L’area individuata dalla ricerca è localizzata dei geni LHPP e SIRT1‘; quest’ultimo è responsabile della biosintesi dei mitocondri, ovvero le centrali energetiche delle cellule. Quanto osservato ha dato modo di dedurre un loro ruolo determinante nella insorgenza e nello sviluppo della malattia.
Già in passato gli scienziati si erano focalizzati sulla ricorrenza della malattia all’interno delle famiglie per rintracciarne una possibile ereditarietà. Per fare ciò lo studio è stato condotto su soggetti affetti da malattia e aventi un fratello o una sorella gemella; dal momento che i gemelli omozigoti condividono il 100% del patrimonio genetico, va da se che una eventuale malattia dipendente dai geni si sarebbe manifestata in entrambi i soggetti. Gli studi condotti sino ad oggi hanno dimostrato una ereditarietà del 40-50%, ovvero una percentuale decisamente considerevole. Ma quello che era il processo alla base della patologia era per gli scienziati un vero mistero.
Gli stessi autori naturalmente affermano che saranno necessari ulteriori studi su diverse popolazioni per confermare quanto emerso dalla ricerca, il cui campione di riferimento era rappresentato da donne cinesi.
In un commento alla ricerca pubblicato sempre su Nature, Patrick F. Sullivan, psichiatra e statistico medico all’Università del North Carolina e al Karolinska Institut di Stoccolma, sottolinea che i legami genici individuati potrebbero anche essere dovuti a caratteristiche genetiche tipiche della popolazione cinese su cui sono state condotte le indagini. Per queste ragioni, nei prossimi mesi gli studiosi intendono indirizzare le loro ricerche proprio sull’individuazione di una possibile correlazione di altre sequenze mitocondriali con i disturbi depressivi.
Che la scienza faccia ogni giorno passi da gigante è sicuramente un dato positivo, ma la potenza con cui i risultati di certe ricerche vengono divulgati dai mass media potrebbe avere risvolti preoccupanti.
I veicoli di informazione, infatti, hanno diffuso l’idea che la depressione sia esclusivamente ‘nei geni’, stimolando un sentimento di impotenza dinnanzi a qualcosa che appare come ‘già scritto’ nel DNA.
Senza nulla togliere alla rilevanza scientifica delle ricerche è evidente quale sia l’impatto sulla popolazione mondiale di una patologia simile.
La depressione si avvia verso sentieri poco edificanti, arrivando a diventare la seconda patologia più diffusa al mondo. Naturalmente uno degli aspetti che maggiormente influenza uno stato depressivo è, certamente, quello legato alla eccessiva risonanza che le notizie relative alla depressione riescono ad acquistare.
Quest’ultima vede la persona vagare nella propria vita senza una meta precisa, senza uno scopo, provando un sentimento di impotenza e inutilità. Il depresso è rassegnato, angosciato da un sentimento di futilità che gli rende difficile condurre la vita come qualsiasi altro essere umano. Forse sapere che il proprio stato sia già scritto nei propri geni tenderebbe ad acuire lo stato depressivo oltremodo, ragion per cui i professionisti della salute mentale e gli scienziati che lavorano ogni giorno al progresso dovrebbero monitorare la rappresentazione sociale della depressione e veicolare con cautela le notizie diffuse dai mezzi di informazione, per natura più interessati al successo mediatico che alla salute generale.
[ Fonte Cover: www.psicologapsicoterapeutabologna.com ]