Il derby si è concluso. “Finalmente” dirà qualcuno. Con sé porta via tensioni, una settimana piena di polemiche, mesi di testa a testa, sorpassi e controsorpassi tra le due romane, e un anno sportivamente parlando per lo più positivo per gli sconfitti e da dimenticare e archiviare per i vincenti. Il derby numero 146 di campionato, tra Lazio e Roma, se lo aggiudicano i giallorossi grazie ai goal di Iturbe e Yanga Mbiwa. A nulla è bastato il momentaneo goal del pareggio laziale che porta la firma di Djordjevic. Una vittoria amara per la Roma, che può comunque far tirare ai suoi tifosi un sospiro di sollievo. Il sorpasso della Lazio al fotofinish sarebbe diventata l’icona di una stagione a dir poco deludente. Minimo sindacale raggiunto, ma ci si attendeva che il secondo posto fosse solo una formalità, nessuno avrebbe mai pensato una lotta fino alla penultima giornata, visto che in questa stagione gli obiettivi erano ben altri. Ne esce sconfitta, ma comunque sorridente la Lazio, che in questa stagione ha ritrovato l’entusiasmo del suo pubblico. Spettacolare infatti la coreografia, maestosa e senza precedenti. Sul campo c’è ancora da giocarsi la Champions. I biancocelesti avranno due risultati utili su tre, ma se la dovranno giocare al San Paolo, nello scontro diretto contro il Napoli. Non sarà facile, ma dopo aver visto sfumare sul più bello la Coppa Italia e poi il secondo posto in campionato, perdere anche contro il Napoli non sarebbe il giusto premio per una squadra che forse più di tutte meriterebbe un posto tra le grandi d’Europa. Una ciliegina sulla torta a coronamento di una grande stagione.
Ecco, avremmo voluto finire il nostro pezzo a questo punto, e invece ci ritroviamo ancora qui, a scrivere fiumi di parole sugli ennesimi episodi che poco c’entrano con il calcio. Prima due tifosi accoltellati durante una rissa sul lungotevere Thaon di Revel, un 31enne e un 38enne tifosi della Roma, trasportati subito al Policlinico Gemelli, e che sono entrambi fuori pericolo. Poi i brutti gesti di De Rossi durante e dopo la gara, in uno scontro con Mauri che gli ha causato un occhio nero, e poi rivolgendosi ai tifosi laziali. Ritrovamento durante la partita di catene, crick, caschi ed estintori nascosti nelle siepi fuori dallo stadio. E poi infine gli scontri riconducibili ad una frangia di estrema destra del Wisla Cracovia mista a laziali, contro la polizia. Petardi e bottiglie lanciate contro gli agenti da uomini, se così possono essere ancora definiti, incappucciati o con il viso coperto da caschi e passamontagna. Non è mancata qualche tensione anche tra i tifosi romanisti e i poliziotti. Insomma scene che poco avrebbero a che fare con il calcio, e che spesso, forse troppo spesso hanno luogo il giorno del derby della Capitale.
Una giornata che dovrebbe essere di festa, ricca di sfottò, divertimento e spettacolo, sul campo e fuori, e che invece si trasforma spesso in un giorno di guerra. Portare la propria famiglia allo stadio è ormai da considerare una pazzia. Troppi i rischi, troppe le responsabilità, vivere una partita di calcio con l’ansia che possa succederti qualcosa è davvero inaccettabile. “Il derby è imprevedibile sul campo”, quante volte ho sentito questa frase, ma purtroppo aggiungerei, il derby è imprevedibile anche fuori. Quello che ci si chiede è come gli ultras del Wisla Cracovia abbiano avuto la possibilità di entrare tranquillamente allo stadio, e di sfilare in un corteo prima dell’ingresso all’Olimpico. Scene che lasciano rabbrividire. Un fenomeno quello della violenza negli stadi che non avrà mai fine, al quale è stato e sarà difficile porre un rimedio, fino a che alle istituzioni l’unica via percorribile non rimarrà che quella chiusura degli stadi al pubblico, o quella di sospendere tutti i campionati di calcio. E allora lì, in quel momento saremo tutti pronti a scendere in piazza per protestare, e a guidare queste proteste però, ci saranno ancora gli stessi criminali che ieri hanno rovinato questa bella giornata di sport, o quelli che in occasione di Napoli-Fiorentina di Coppa Italia si resero protagonisti di quello scempio che portò all’uccisione di Ciro Esposito.
La domanda sorge spontanea. Quando “calcio” tornerà ad essere uno sport e non un gesto violento? Gli stadi sono valvole di sfogo delle pressioni sociali della vita quotidiana. C’è chi si sfoga con un concerto, chi con una serata in discoteca, chi invece con una partita di calcio sugli spalti. Uno sfogo si, ma sarebbe bello tornare a casa e perdere la voce, piuttosto che perdere il lume della ragione. Stiamo rovinando il gioco più bello del mondo, e quando ce lo toglieranno allora alla fine sarà stata soltanto colpa nostra.
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