Con l’avvento della tecnologia ha ormai da tempo preso piede una nuova forma di dipendenza: quella da smartphone. Su una media di dieci persone infatti, soprattutto tra i più giovani, solo una riesce a non vivere in funzione di quell’aggeggio infernale, mentre gli altri nove devono comunicare ed essere reperibili in ogni singolo momento della loro giornata.
Secondo alcuni studi recenti, i dipendenti da smartphone sono tanti e si dividono in cinque diverse categorie: il dipendente da sms, quello con i polpastrelli consumati che vive con il bisogno costante di inviare e ricevere messaggi, il quale umore è direttamente proporzionale al numero di sms ricevuti durante la giornata; il dipendente del nuovo modello, quello che- nonostante la crisi- è sempre in fila per comprare l’ultimo iPhone ed è pronto a tutto pur di ottenerlo; l’esibizionista, quello perennemente con il cellulare fluorescente e dal design fantastico in mano; il game players, quello che ha scaricato centinaia di app trasformando il suo smartphone in un Game Stop; infine ci sono gli affetti da SCA, Sindrome da Cellulare Acceso, quelli che girano sempre con una batteria di scorta in tasca perché “non si sa mai“.
Tutte queste patologie, tanto simili quanto diverse, portano alla solitudine, a sbalzi d’umore piuttosto repentini, ad essere assenti nei legami affettivi e, soprattutto, alla perdita di qualsiasi tipo di interesse. I dipendenti da smartphone- sempre se riescono a rendersene conto, magari riconoscendosi in una delle categorie sopracitate- dovrebbero quantomeno tentare di ridurre gradualmente l’uso del loro cellulare, per eliminare le ansie d’attesa e, magari, riuscire finalmente a distaccarsene anche solo per qualche ora.
![[Credits photo: Babycakes Romero]](https://www.ilgiornaledigitale.it/wp-content/uploads/2015/04/igd_3e324e758322ac7563aea113927d13e8.jpg)
La geniale mente del giovane fotografo britannico Babycakes Romero ha partorito una grande idea: mostrare, attraverso degli scatti rubati nelle città, come tutti noi viviamo connessi a distanza ma disconnessi face to face. Romero ha infatti denunciato, nelle sue fotografie, la morte della comunicazione causata dalla dipendenza da smartphone, mostrando gli stereotipi e le abitudini quotidiane della società odierna. Fotografie che, indubbiamente, fanno riflettere sull’attuale condizione umana nella quale ci siamo infilati con le nostre mani, alla quale tutti noi in qualche modo contribuiamo, influenzando addirittura il modo di relazionarci con gli altri.
Siamo giunti a un punto di non ritorno, quello in cui si perde totalmente il controllo della realtà, e Romero ha capito come provare a svegliarci caricando le sue fotografie sul sito Bored Panda. Ormai ci si dimentica fin troppo spesso del mondo reale e si vive incollati a un piccolo schermo, in attesa di un mi piace, un nuovo follower, un like, un tag o un commento, in quanto c’è chi tiene tantissimo a essere popolare sui social online diventando poi asociale nella vita, perché purtroppo non tutti e non sempre si riesce a coordinare e a distinguere la vita reale da quella virtuale. E questo è un male, perché la realtà delle cose e la vita 1.0 passa incredibilmente in secondo piano.
![[Credits photo: Babycakes Romero]](https://www.ilgiornaledigitale.it/wp-content/uploads/2015/04/igd_864ea3aa0b19848da2f74e33268710af.jpg)
Ma questa esclusione dal mondo reale c’era già prima, o è un’esclusiva causata dagli smartphone? C’è chi sostiene che la comunicazione non è morta, o almeno non ancora, ma che è solo cambiato l’approccio con il quale comunichiamo. Queste stesse persone ammettono, però, che questo mezzo telefonico- che per essere completo gli manca solo l’app per preparare il caffè- possa indurre più persone alla sedentarietà totale e ad avere una cerchia sociale di persone “reali” più ristretta, in particolare per quanto riguarda gli individui in qualche modo disadattati e tendenzialmente timidi anche se, alla fine, nessuno è escluso.
Tempo fa girava una forte immagine, che metteva a confronto due scene ambientate in un autobus colmo di gente, la prima risalente agli anni ’50 e la seconda ai tempi d’oggi: in quella contemporanea tutti, o la maggior parte, avevano in mano uno smartphone, nell’altra tutti avevano la testa china su un giornale. E quindi l’isolarsi dall’altro c’è sempre stato, ma i giornali dopo un certo numero di pagine finiscono e ti permettono di scambiare due parole con il vicino di posto, mentre gli smartphone non ti concedono di staccare gli occhi da loro neanche per un attimo, a meno che non ti si scarichi la batteria ma, in quel caso, stai pur sicuro che il tuo vicino- che tu lo conosca o meno- avrà le cuffiette e la batteria ancora al 90% e dunque provare a scambiare due battute risulterà inutile.
![[Credits photo: Babycakes Romero]](https://www.ilgiornaledigitale.it/wp-content/uploads/2015/04/igd_3ec6a16730a72f73b0b7044b73c04ceb.jpg)
Il progetto fotografico del britannico Romero dovrebbe farci riflettere e farci intuire qualcosa. Dovremmo capire che era meglio quando i bambini giocavano con le costruzioni, anziché con il Samsung del papà; che era più bello quando i bambini in gita sul pullman cantavano e facevano la gara a chi riceveva più saluti dai passanti, anziché postare di continuo foto sui vari social network cui sono iscritti. Dovremmo capire che era fantastico fare la lotta sul letto col fratellone anziché sfidarlo a Candy Crush, quel gioco per il quale la mamma, spesso, dimentica anche di preparare la cena; dovremmo sapere che è maleducazione stare a cena con degli ospiti e il telefono fisso tra le mani, e che se usciamo con un amico che non vediamo da un po’ è mancanza di rispetto aggiornare di continuo la home di Facebook e messaggiare con il gruppo di calcetto; dovremmo capire che stare in silenzio e parlare solo per decidere la posizione da usare per scattare il selfie da mettere su Instagram, non è proprio da galateo.
E con queste fotografie, a quanto pare, il giovane Romero una cosa è riuscito a farcela capire: che si stava meglio quando si stava peggio. Una certezza, però, neanche questi scatti così fortemente vicini alla realtà ce la possono togliere. Cosa? Che un mi piace non potrà mai e poi mai sostituire un abbraccio, e su questo neanche i dipendenti da smartphone possono dire nulla.
[Credits Cover: Babycakes Romero]