Difficile stabilire perchè Ignazio Marino sia stato fin dalla sua elezione al Campidoglio, il Sindaco forse più discusso e criticato d’Italia. Difficile perchè quando fu eletto ebbe dalla sua un forte consenso traversale, un numero di voti difficilmente attribuibile al solo elettorato di centrosinistra, ed una fama di uomo onesto e retto che avrebbe potuto risollevare la Capitale da un periodo in salita successivo al mandato Alemanno. Le premesse per fare bene c’erano, i motivi per criticarlo pochi (una parte della destra ebbe da ridire quando decise di trascrivere le nozze gay di 16 coppie). D’altro canto Marino non è un tipo da prima pagina, non è mai stato l’emblema del leader carismatico, non ha mai alzato la voce come tanti suoi colleghi e non si è mai affidato ad una logica populista e demagogica. Sindaco “normale” per cercare di normalizzare una città che s’era smarrita, questo era il suo obiettivo e questo è ciò che ha provato a fare nei primi mesi da Sindaco. Ma allora come si è arrivati ad una situazione di rottura e alla forte antipatia che oggi riscuote a Roma?

Photo Credits: ilgiornale.it
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Mafia Capitale

Se M5S e destra chiedevano le dimissioni di Marino già poche settimane dopo la sua elezione, il vero momento di svolta in cui la situazione è diventata davvero difficile da gestire è stato senza dubbio nel dicembre del 2014, quando è scoppiato lo scandalo “Mafia Capitale”, derivato da un’inchiesta della Procura di Roma riguardante i legami tra mafia e politica nella Capitale. L’alibi di una Roma invasa dalla corruzione ma priva di una potente rete criminale cade (Massimo Carminati, quel che resta dei Nar e della Magliana, gruppi legati ai clan dei Fasciani, degli Spada e dei Casamonica), quello che in molti sapevano, è stato definitivamente messo in luce fissando una sorta di momento di non ritorno per la città. La criminalità romana non è solo presente, ma anche unita; evita scontri interni, e si occupa di appalti pubblici mirati, assegnati dal Comune a delle società controllate. Scoppia la polemica sulle cooperative Alemanno risulta tra gli indagati, e la rete di Buzzi fa sì che si ricostruisca un panorama disarmante. Davanti a tutto questo Ignazio Marino forse ha mostrato coraggio ma non il polso necessario per affrontare a livello politico e non soltanto morale la questione.

Photo Credits: Diego De  Gaspari
Photo Credits: Diego De Gaspari

Il tentativo di normalizzazione fallito

L’Atac, l’azienda dei trasporti pubblici della Capitale, è stata al centro dello scandalo “Parentopoli” che ha coinvolto la precedente giunta Alemanno. Una serie di assunzioni, alcune delle quali di un certo rilievo come quella di Bertucci, amministratore delegato e consulente, spese esagerate e conti che non tornano. Forse il più grande problema che Marino ha dovuto affrontare da Sindaco; la “pulizia” del Sindaco parte dalla sostituzione dell’intero consiglio di amministrazione, ma la tensione con i lavoratori resta forte, iniziano i cosiddetti “scioperi bianchi” e scattano lamentele per malfunzionamenti e blocchi del trasporto pubblico.

Ai lavoratori dell’Atac non piace la decisione dell’azienda di obbligare a timbrare il cartellino ad inizio e fine servizio, e contestano la riforma del contratto che prevede più ore di lavoro. Ad aggravare la situazione già non esaltante, la municipalizzata Ama per lo smaltimento dei rifiuti, inefficiente e colpita da inchieste della magistratura. Marino prova a cambiare le cose, ma il suo processo di moralizzazione sembra più un miraggio che una proiezione realistica.

Photo Credits: lastampa.it
Photo Credits: lastampa.it

Ma se Marino avesse ragione?

Marino adesso ha deciso di andarsene, ha qualche giorno per ritirare formalmente le dimissioni ma difficilmente gli si permetterà di continuare, con il Pd che ha cercato di fargli capire che sarebbe pronto anche a ritirare la maggioranza in giunta. Fondamentalmente Marino recrimina di essere stato preso di mira da una campagna diffamatoria incentrata sul tentativo di farlo sembrare disattento alle problematiche della città, interessato solo a viaggi istituzionali e indaffarato a rendicontare voli e cene nelle casse del Comune. Già in parte le accuse sono cadute, Marino però si ritrova in una situazione tanto grave quanto complicata e vede sgretolarsi quella figura di politico onesto che lo contraddistingueva.

Non accetta le accuse, minaccia di far scoppiare nuovi casi perchè in possesso di informazioni capaci di aggravare ulteriormente la situazione romana per il suo e per altri Partiti; non molla e tira fuori adesso quella voce grossa che gli è mancata da Sindaco. E se Marino nonostante le tante polemiche avesse ragione? Probabilmente questa ipotesi non è tanto lontana dalla realtà, la sua colpa maggiore è stata quella di non avere quella faccia tosta che tante volte ha salvato altri politici. Marino non è romano, non ha un grande appeal, non ha correnti di Partito, non è un politico navigato. Ciò che sembrava giocare a suo favore quando è stato eletto, gli si è ritorto contro mettendolo in una situazione peggiore di quella che al suo posto avrebbero vissuto altri colleghi. Ci ha provato, lo ha fatto fino alla fine, ma forse la Roma che immaginava non era realistica.