Sono mesi concitati nei quali il pericolo ebola si è trasformato via via in qualcosa di meno controllabile e più pauroso diventando una vera emergenza. Dall’emergenza alla psicosi, il salto delle volte è davvero automatico e lo ha dimostrato il presunto caso di contagio a Roma all’Ufficio Immigrazione: un falso allarme che però l’allarme l’ha messo un po’ a tutti quelli che cercano di non farsi prendere dal panico.
Panico. Questo è un altro di quei rischi che vortica intorno a ebola. Le notizie che arrivano dagli esperti si aggirano fra il concreto e il probabile. Per quanto riguarda il concreto, nei giorni scorsi Tom Frieden, direttore del Centro per il controllo delle malattie Usa, ha lanciato l’allarme definendo l’epidemia di ebola come la più violenta dopo quella dell’AIDS degli anni Ottanta.

Ban ki-Moon esorta a fare in fretta, a tentare il possibile per arginare la diffusione del virus. Dati alla mano ne si comprendono le ragioni: da dicembre 2013 all’8 ottobre 2014, per l’Oms (Organizzazione Mondiale della Salute) i casi probabili ovvero confermati e sospetti, si attestano alla cifra di 8.011 casi, mentre 3.877 sono i decessi causati dall’infezione virale che si diffonde molto velocemente. Quali sono le precauzioni che la comunità internazionale sta pensando di adottare o ha già adottato? Per ora gli Stati Uniti hanno deciso di aumentare i controlli, arrivando a misurare la temperatura, negli aeroporti in cui atterrano voli provenienti dall’Africa Occidentale. La Gran Bretagna organizza esercitazioni mentre l’Unione Europea tramite il Commissario alla Salute Tonio Borg annuncia che settimana prossima se ne parlerà.

E l’Italia? Prima di accordarsi su una strategia comunitaria congiunta, il ministro Lorenzin durante un’informativa in aula al Senato sulla diffusione del virus, ha fatto sapere che nella Legge di stabilità ha chiesto di stanziare un fondo aggiuntivo per andare a finanziare l’acquisto di materiali quali mascherine e protezioni per gli ospedali e che un ulteriore stanziamento di fondi verrà richiesto per l’acquisto di vaccini e materiale utile. Il ministro della Salute ha poi spiegato che è solo uno l’osservato speciale, un operatore di Emergency asintomatico, poiché rimasto esposto al virus venendo a contatto con un paziente attualmente ricoverato in Germania. Una misura quindi precauzionale e che va in linea con le altre misure prese dai Governi europei e non solo. Nel frattempo però l’allarme per ebola ha fatto si che si prendessero altri provvedimenti in campo sanitario.

Il Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (ECDC) ha rilasciato una nota, seguita dal Centro Nazionale Trapianti (CNT) per cui la donazione di sangue, organi, cellule e tessuti, sarà vietata a tutti coloro che sono stati in paesi africani a rischio Ebola negli ultimi 50-60 giorni. Non solo: a non poter donare il sangue per due mesi, saranno anche coloro che avessero avuto contatti con persone a rischio.

Secondo quanto diramato dall’ECDC il sangue e gli organi di un paziente infetto, possono trasmettere il virus Ebola fin dall’inizio della malattia, prima della comparsa dei sintomi al termine dei 21 giorni di incubazione. Si aggiunge che dalle recenti ricerche, l’ECDC ha affermato che: “Virus Ebola vitale è stato isolato nello sperma umano fino a 7 settimane dopo la guarigione […] e sono state individuate tracce anche nel latte materno dopo la scomparsa del virus dal sangue“.
A Washington Ban ki-Moon ha dichiarato: “Per l’emergenza Ebola ci sono cinque priorità: fermare l’epidemia, curare le persone infette, fornire i servizi essenziali, salvaguardare la stabilità e evitare nuovi focolai nei Paesi non colpiti” parlando ad una tavola rotonda organizzata dalla Banca Mondiale. Ed è negli Usa che ora si fronteggia la paura del contagio. Dalla morte infatti del paziente zero, un’infermiera è stata ricoverata positiva al test.

Una delle ultime notizie diramare dal direttore dei Cdc, Tom Frieden, è piuttosto preoccupante: “Abbiamo identificato una persona a rischio per il contatto avuto con l’ infermiera contagiata al Presbyterian Health Hospital di Dallas“. In Texas si parlerebbe nell’ospedale citato da Frieden, di almeno 70 persone del personale che si sono prese cura di Eric Duncan, il paziente deceduto settimana scorsa.
Altre persone potrebbero essere state esposte al virus Ebola anche durante l’isolamento del ‘paziente zero’. E notizie non buone arrivano anche dalla più vicina Spagna dove un’infermiera è risultata positiva al test pagando probabilmente un errore. Il contagio del virus infatti avviene attraverso attraverso il sangue, il vomito, la diarrea e altri fluidi corporali. Il marito della donna è sotto osservazione mentre il cane della coppia abbattuto.

Da Bruxelles non arrivano notizie positive: il ministero della Salute infatti ha confermato che il 13 ottobre è stato ricoverato all’ospedale Saint Pierre, specializzato in malattie tropicali, un paziente che a inizio mese si trovava in Guinea e che ora ha i sintomi del virus. Per ora rimane sotto osservazione come il ragazzo italiano operatore di Emregency: i 21 giorni decreteranno il verdetto. Il farmaco sperimentale ZMab, variante dello ZMapp, è stato somministrato alla paziente spagnola Teresa Romero e dovrebbe stimolare una risposta immunitaria adeguata. Le rassicurazioni che arrivano circa l’ebola possono da un lato rinforzare il buonsenso, ma dall’altro è difficile credere che quest’emergenza sia gestibile e aggirabile in poco tempo come è ovvio tutti sperano. Il fatto sconcertante deriva da una constatazione del presidente della Banca Mondiale, Jim Yong King, che ha sostanzialmente riconosciuto che in quasi un anno, né la Banca Mondiale né alcuna altra autorità internazionale, è stata in grado di mettere a punto e promuovere misure effettivamente vincenti per contenere l’epidemia di Ebola. E dunque? La paura verrà continuamente alimentata o finirà come una bolla di sapone sostituita da un altro caso shock?

[Fonte cover: www.nbcnews.com]