Elena Tambini è un arbitro (perché si smette, ma si resta sempre arbitri) e conosce bene il calcio. È per questo che ha usato le regole del gioco più amato dagli uomini per spiegare l’universo maschile alle donne: Amore e fuorigioco. Manuale sentimental-sportivo a uso del gentil sesso (Cairo, € 14) è un libro che ogni ragazza troverà molto istruttivo e anche divertente. Ma non solo, perché anche per un uomo è molto utile addentrarsi nei pensieri di una ragazza che gli uomini è abituata a gestirli come solo un bravo arbitro sa fare. Molte riviste e testate di sport nazionali e non solo hanno definito Elena, l’arbitro più sexy d’Italia. Noi l’abbiamo intervistata, parlando anche della sua esperienza a Mediaset Premium e della sua carriera in campo.
Ciao Elena, come nasce l’idea di questo libro?
Come arbitro, sono sempre stata una grande appassionata di calcio e questo sport ha monopolizzato spesso i miei interessi e le mie giornate. Essendo anche donna, però, ho sempre frequentato amiche a cui del calcio interessava poco o nulla o, anzi, ne erano ferme oppositrici. Allora mi sono chiesta: come è possibile avvicinare anche l’universo femminile al divertimento di questo sport? Cosa c’è di universalmente riconosciuto che possa spiegare le dinamiche del calcio anche a chi non ne è avvezzo? Ecco l’idea: l’amore.
Perché nel titolo hai puntato sul fuorigioco? È davvero su questo termine che si gioca la partita delle competenze tra uomini e donne?
Il fuorigioco è per definizione la regola più difficile da comprendere, è il simbolo di quello che può allontanare le donne dal calcio, ossia una parte difficile da capire che ha subìto dei mutamenti nel corso del tempo, che ci si affanna a interpretare con la moviola e che, diciamocelo, sfugge in realtà anche alla maggior parte dei maschi, ma non avrebbero mai il coraggio di ammetterlo.

Siamo sicuri che gli uomini sappiano cos’è (e come si applica) la regola del fuorigioco?
Questa è una bella domanda! Ad ogni modo il piccolo dizionario sentimental-sportivo alla fine del mio libro ne dà una definizione chiara e precisa a prova di detrattori del calcio:
IN CAMPO è la posizione geografica di un giocatore che si trova più vicino alla linea di porta avversaria sia rispetto al penultimo difendente che rispetto alla linea immaginaria del pallone. Non è di per sé un’infrazione, ma diventa punibile quando suddetto giocatore prende parte attiva al gioco, influenza un avversario o trae vantaggio dalla sua posizione. Viene punito con un calcio di punizione indiretto.
IN AMORE si è staccato dal gruppo lasciando tutti gli altri indietro per venire direttamente da voi. È in fuorigioco (soprattutto se a voi piace il suo amico che è rimasto indietro quando lui è partito alla rincorsa).

Tu sei stata arbitro: il tuo aspetto ti aiutato o è stato un ostacolo?
Questo bisognerebbe chiederlo all’attuale dirigenza.
Potresti mai innamorarti di un uomo che non segue il calcio?
Io mi posso anche innamorare a prescindere, poi lui seguirà il calcio.
Che riscontro sta avendo il libro? Ci racconti qualche aneddoto?
Il riscontro più importante è arrivato da mia mamma. Donna, lavoratrice, con quattro figli, non ha mai dedicato tanto tempo allo sport né tantomeno al calcio se non per imposta volontà degli uomini di famiglia. Dopo aver letto il libro mi ha detto: “Finalmente mi sembra di aver capito qualcosa di calcio!”. Obiettivo raggiunto.
Parliamo della tua esperienza in TV: come nasce questa collaborazione con Mediaset?
Sono una giornalista e professionalmente mi sono sempre dedicata ad ambiti come la cultura e la cronaca. Poi ho sempre praticato sport in prima persona, giocando inizialmente a pallavolo e dal 2006 diventando arbitro di calcio. Una volta però che il mio percorso da atleta è giunto al termine, occuparmi giornalisticamente di sport mi è sembrato un bellissimo modo per portare avanti la mia passione.
Ti manca il campo?
È normale. Ogni sportivo, che mette anima e corpo in quello che fa, quando smette sente la mancanza del campo. Si tratta di una nostalgia simile a quando finisce una storia d’amore: manca molto, ma si ha la consapevolezza che prima o poi doveva finire. Il segreto sta nel far tesoro di quello che ti ha lasciato e continuare ad amare, magari un’altra persona, magari un altro modo di fare sport.

Il tuo arbitro ideale?
È l’arbitro che non diventa un automa. Quell’arbitro che nell’esercizio della sua professione mantiene comunque quei tratti di personalità che lo rendono unico e, soprattutto, naturale. Oggi spesso si impongono agli arbitri atteggiamenti codificati. Il buon arbitro è invece quello che riesce a mantenere uniformità di valutazione senza però perdere le sue caratteristiche personali. Rizzoli e Orsato da questo punto di vista sono due ottimi esempi: entrambi grandi arbitri ma con impronte caratteriali profondamente diverse.
Ti sei ispirata allo stile di qualche autore in particolare, e da dove nasce l’ironia della tua scrittura?
Tutti gli autori che si leggono influenzano un po’ chi scrive. L’ironia del mio libro deriva da un insegnamento importante che mi ha lasciato l’arbitraggio: una partita di calcio è innanzitutto un gioco con una funzione ludica e sociale. Per apprezzarlo davvero fino in fondo bisogna essere in grado di riderci sopra.
Quando vedremo il primo arbitro donna in Serie A?
Io spero presto, ma in Italia credo sia molto difficile. C’è una mentalità che non consente ancora un’apertura di questo tipo.
In sintesi, Elena è più giornalista, scrittrice o arbitro?
Nessuna delle tre cose esclude l’altra. Sono una giornalista con l’anima da arbitro e un cuore da scrittrice.