Fabiola Gianotti è la nuova direttrice del CERN di Ginevra. L’ennesima storia di un’eccellenza italiana che si afferma fuori dal Belpaese. L’Italia è una fucina di talenti ma al tempo stesso si mostra come un colabrodo dal punto di vista della loro fidelizzazione. Un paradosso che non trova freno e lascia scappare sempre più risorse.
Nata a Roma nel 1962, Fabiola Gianotti ha studiato Fisica nell’Università di Milano, dove nel 1989 ha conseguito il dottorato di ricerca in fisica sperimentale subnucleare. Divenuta, poi, borsista dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) dal 1987 ha contratto permanente al CERN, dove dal 1994 è fisico di ricerca nel Physics Department. Nel 2012 si era conquistata la copertina del Time per aver guidato una squadra di migliaia di scienziati in uno degli esperimenti più complessi mai concepiti dalla mente umana: la scoperta del bosone di Higgs, la particella di Dio, che spiega come mai tutte le cose nell’universo abbiano una massa. La sua nomina alla direzione del CERN rappresenta il culmine di un percorso di eccellenza e dedizione al lavoro, motivo di orgoglio per tutta l’Italia ma anche cruccio: perché gli italiani devono andare all’estero per esprimersi al meglio?
Nonostante la sua non sia la storia di un cervello in fuga, la neo direttrice del CERN ha sempre riconosciuto che per la maggior parte dei laureati italiani è davvero difficile trovare un futuro entusiasmante in patria. Lei stessa, in un’intervista a Repubblica del dicembre 2012, ammetteva che l’Italia è un “Paese che spreca i suoi talenti”.
Non solo nella Fisica, ma in tutti i campi dove è richiesta un’alta specializzazione, il fenomeno dell’emigrazione dei nostri cervelli migliori è quanto mai dilagante. Emorragia che si ripercuote ancor di più su tutti i giovani in cerca di un posto dove poter esprimere le proprie capacità nelle migliori condizioni.
Dal Rapporto Giovani, a cura dell’Istituto Toniolo in collaborazione con Ipsos e con il sostegno di Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo, emerge che solo il 10% delle ragazze e il 15% dei ragazzi italiani ritengono di avere in patria adeguate occasioni di impiego e circa l’80% concorda nel ritenere che per migliorare davvero la propria condizione sia necessario andare all’estero.
Queste migrazioni, soprattutto quando altamente qualificate, producono effetti non certo positivi per il nostro Paese poiché generano un abbassamento del livello di capitale umano e una perdita certa di risorse.
A livello economico, l’Italia spende dei soldi per istruire i cervelli, ma perde il ritorno su questi investimenti in capitale umano e in termini di produttività e tasse che deriverebbero dalla loro presenza in patria.
All’origine di questa fuga c’è un mix di fattori economici e sociali: la mancata crescita del PIL italiano, un tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) del 42,9% (dati ISTAT, Settembre 2014), scarsi investimenti in ricerca (1,26% del PIL contro una media UE del 2%, dati ISTAT), la costante crescita dei contratti temporanei e del fenomeno del precariato.
A completare il quadro bisogna aggiungere le nette e stabili diseguaglianze sociali nel nostro paese, la mancanza di meritocrazia e la bassissima mobilità sociale.
Chissà per quanto ancora le brillanti menti italiane dovranno fuggire all’estero per eccellere. L’unica consolazione che rimane all’Italia è gioire per i loro successi che portano un prefisso diverso dal +39.
[Cover source: defencenet.gr]