Fallimenti d’Italia. I Mondiali in Brasile proseguono ma per l’Italia e gli italiani sono praticamente finiti. Tranne per una persona, l’arbitro Nicola Rizzoli, il cui destino in questo Mondiale è stato inversamente proporzionale a quello degli azzurri. Il fischietto emiliano ha arbitrato già due match importanti finora in Brasile e con l’uscita di scena dell’Italia può ancora ambire alla possibilità di arbitrare la finale del 13 luglio allo stadio Maracanà di Rio de Janeiro.
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Il fallimento dell’Italia in questi Mondiali ha il volto di tre tecnici. Il primo è quello di Cesare Prandelli. L’Italia intera ha affidato le chiavi della Nazionale all’allenatore di Orzinuovi sperando di sognare lo stesso epilogo dei Mondiali di Germania. La realtà ha, invece, preso le sembianze dei nefasti Mondiali del Sudafrica in cui la squadra allenata nuovamente da Marcello Lippi fu umiliata in un girone ben più facile di quello di quest’anno.
Nonostante le sofferenze in difesa, la vittoria contro l’Inghilterra ha illuso tutti, compreso lo stesso ct che ha continuato a riproporre uno schema basato sul palleggio fine a se stesso.
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Probabilmente Prandelli si sarà fatto influenzare dalle critiche dei media sulla difesa senza pensare che era l’attacco il problema principale perchè se non fai gol non puoi qualificarti alla fase successiva. Paletta, spesso in difficoltà contro gli inglesi, è diventato il capro espiatorio di una Nazionale che senza di lui in difesa sarebbe diventata una diga insuperabile. E invece…
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La Costa Rica avrebbe dovuto farci capire che il problema non era causato da quel difensore ma dalla squadra. Senza Paletta contro i centroamericani il reparto difensivo è stato mediocre così come nel match precedente. A nulla servivano i cambi effettuati: accentramento di Chiellini, spostamento di Darmian a sinistra e inserimento di Abate a destra.
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Il centrocampo senza Verratti ha perso vivacità. Preferirgli Thiago Motta, cambiando in parte l’approccio alla partita della squadra, è stata una scelta che non ha portato nessun beneficio alla fase di impostazione del gioco. Ostinarsi ad affidare al solo Balotelli il compito di fare reparto davanti è ingeneroso non solo nei confronti del vulcanico giocatore del Milan ma anche verso tutti quegli attaccanti che hanno scaldato la panchina nei tre match giocati dalla Nazionale.
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Contro l’Uruguay Prandelli l’aveva impacchettata bene. Un primo tempo senza nessun rischio e con qualche comparsata in avanti. Il ct azzurro ha però fatto un errore: evidenziare fin troppo e da subito il fatto di essere scesi in campo per il pari. Mai un’azione incisiva, solo possesso palla e contrasti vincenti. Va bene se stai vincendo 1-0 o 2-0 ma non se rischi di mancare la qualificazione. E infatti così è stato.
Il cambio di Balotelli (chissà cosa sarà veramente successo negli spogliatoi all’intervallo), l’espulsione di Marchisio, la sostituzione di Verratti e quella di Immobile, il morso di Suarez a Chiellini, la rete di schiena di Godin, il possesso palla inutile anche al 90esimo. Le dichiarazioni contro l’arbitro, Balotelli da solo in pullman, il discorso di Pirlo, le dimissioni immediate di Prandelli e Abete, il rientro in Italia. Questo il riassunto di quanto accaduto dal 46esimo minuto contro l’Uruguay a oggi, cioè una resa. L’Italia è fuori.

Tre ore dopo arriva la disfatta del secondo italiano del Mondiale in Brasile: Alberto Zaccheroni. Il commissario tecnico del Giappone disponeva quest’anno di una squadra esperta composta da nomi importanti come Nagatomo, Honda e Kagawa e puntava dritto a migliorare il piazzamento degli scorsi mondiali in cui i “Samurai blu” furono eliminati ai rigori dal Paraguay negli ottavi.
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La vittoria nella Coppa d’Asia nel 2011 e la facile qualificazione a questi Mondiali avevano fatto sperare il Paese nipponico. Ma la triste realtà del Mondiale brasiliano ci mostra numeri impietosi per Zac e il suo Giappone: due sconfitte e un pareggio, quello a reti bianche contro la Grecia, due gol fatti e sei subiti e ultimo posto nel Girone C. Nonostante i numeri impietosi i “Samurai blu” erano in corsa per la qualificazione fino all’inizio della ripresa dell’ultima partita del gruppo contro la Colombia. Ma poi la furia di Jackson Martinez e compagni ha distrutto ogni speranza nipponica portando lo stesso Zaccheroni alla resa ufficiale con le dimissioni da ct.

Giovedì sera è arrivata, infine, la terza mazzata per l’Italia nella Coppa del Mondo brasiliana: quella a Fabio Capello, superpagato ct della Russia. La qualificazione diretta per i Mondiali aveva, evidentemente, ingannato tutti, compresi gli addetti ai lavori. Capello ha portato in Brasile un gruppo composto da soli giocatori che militano nel campionato russo. Nessun nome importante. Per Fabio Capello questa particolarità non rappresentava un problema ma il tecnico friulano si è trovato a dover affrontare avversari ben più abituati ai palcoscenici internazionali. Basti guardare alle squadre di provenienza dei calciatori di Belgio, Algeria e Corea del Sud, le nazionali avversarie della Russia nel Girone H del Mondiale. L’esordio balbettante contro i coreani con la papera di Akinfeev, la sconfitta meritata contro il Belgio e il pareggio nella partita decisiva contro l’Algeria sono il misero bottino dell’avventura di Capello in terra verdeoro sulla panchina dei russi. Davvero troppo poco per una Nazionale che mirava almeno agli ottavi, quasi un’elemosina per un allenatore che ha vinto tutto a livello di club.
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