Era il 12 Maggio 2007 quando il Forum delle associazioni familiari riuscì a gremire piazza San Giovanni in Laterano a Roma di manifestanti in difesa della famiglia tradizionale. E nel primo Family Day, il manifesto dell’evento lottava affinché si intendesse, sotto il termine di “famiglia“, quella “fondata sull’unione stabile di un uomo e una donna, aperta a un’ordinata generazione naturale, dove i figli nascono e crescono in una comunità d’amore e di vita, dalla quale possono attendersi un’educazione civile, morale e religiosa”: era stato infatti a febbraio 2007, sotto il Governo Prodi, che il Consiglio dei ministri aveva varato il disegno di legge noto come DICO (Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi) volto a riconoscere giuridicamente le convivenze stabili tra coppie eterosessuali o omosessuali e attribuiva loro diritti e doveri di natura assistenziale, abitativa, lavorativa, previdenziale e successoria. No alle unioni civili, no alle adozioni da parte di coppie omosessuali, dunque. Oggi, a giugno 2015, la situazione non è tanto cambiata. Sotto il governo Renzi, il ministro Monica Cirinnà ha infatti proposto in Parlamento una legge che il governo si prepara ad approvare, quella sulle cosiddette “unioni civili”, il ddl Cirinnà, che equipara queste unioni al matrimonio e apre alla pratica dell’utero in affitto, così come all’insegnamento di genere nelle scuole. Il 20 giugno migliaia di famiglie, con prole a seguito, ha manifestato contro tutto ciò che potrebbe a loro parere minare la famiglia tradizionale, esibendosi e sfoggiando cartelloni e manifesti contro tali aberrazioni. E pur dovendo essere una manifestazione aconfessionale e apartitica, l’evento ha automaticamente acquisito i toni dei numerosi manifestanti presenti, per la maggiore, sotto il comitato organizzatore “Difendiamo i nostri figli”, neocatecumenali, “Parlamentari della famiglia”, Sentinelle in Piedi, evangelici, antiabortisti e quotidiani cattolici come La Croce.
![[Fonte: vice.com]](https://www.ilgiornaledigitale.it/wp-content/uploads/2015/06/igd_78805a221a988e79ef3f42d7c5bfd4186.jpg)
Così, sebbene dal lontano 2007 gli orizzonti siano divenuti decisamente più larghi e malleabili, le posizioni radicali e contrarie in materia di unioni civili, sono ancora presenti e numerose. E numerose sono state anche le parole inneggianti durante tutta la giornata dedicata all’evento, sentimenti di preoccupazione, rabbia e accusa. “L’ideologia del gender è più pericolosa dell’Isis“, “Nessuno tocchi il mio popolo“, “Vogliamo una mamma e un papà” e tante altre sentenze ferme e consapevoli. A modo loro. Perché ognuno decide di seguire una linea di pensiero, un metro di giudizio, una carreggiata che lo aiuti a tracciare i confini entro cui stare, quelli entro cui c’è il giusto. E la fede, così come la concezione cattolica e cristiana di famiglia, è stata la carreggiata in cui le migliaia di famiglie scese in piazza si sono riconosciute. E quella dei diritti alla genitorialità e all’amore, nonostante la natura avversa, è stata la carreggiata di tante coppie omosessuali, ovviamente a favore del ddl. Anche le opinioni di personaggi dello spettacolo sono state numerose ed eterogenee, educate oppure no. Da Heather Parisi a Lorella Cuccarini, scontratesi sui social a suon di tweet, fino alle dichiarazioni scioccanti sul femminicidio della star neocatecumenale Kiko Arguello, secondo cui la causa principale degli omicidi tra le mura domestiche ad opera dei mariti, sia l’amore finito da parte delle mogli. Dichiarazioni che modificano seguiti, icone e riconoscimenti del pubblico nei confronti dei personaggi che se ne rendono portavoci.
![[Fonte: vice.com]](https://www.ilgiornaledigitale.it/wp-content/uploads/2015/06/igd_78805a221a988e79ef3f42d7c5bfd4187.jpg)
Ma sopra ogni opinione, ogni principio o diktat, sopra ogni differenza, maggioranza o minoranza, sento di dover ricordare che forse il diritto più grande e prezioso di tutti è quello alla felicità. Forse è possibile credere ancora in un mondo in cui un omosessuale è libero di essere cristiano, genitore, marito. Un mondo in cui un uomo non debba essere privato del proprio diritto di realizzarsi sotto ogni aspetto, semplicemente a causa di dogmi e regole dettate dalla fede. Perché a governare il mondo è proprio l’uomo, libero di credere o no in qualcosa di più grande. E la felicità, propria e altrui, è il compito che ognuno di noi ha, per riscattarsi del dono della vita. E sì, la mia visione può risultare semplicistica, ma è dalle cose semplici che si parte, dalle basi che decidiamo di porre.