Quando Gianni Morandi cantò per la prima volta “Fatti mandare dalla mamma” non immaginava nemmeno lontanamente che quelle sarebbe diventata la colonna sonora di tantissime pubblicità. D’altronde Gianni è sempre stato un precursore, anche quando si è avvicinato a Facebook per la prima volta. Lui che odiava il computer; lui che alla tecnologia ha sempre preferito le relazioni. Una stretta di mano vigorosa, una corsa all’aria aperta, quattro chiacchiere in un bar. Continua ad essere ancora così, ed è per questo che la Pagina Facebook di Gianni Morandi è diventata una case history vincente. Dino Amenduni, esperto di social media per Proforma, è stato uno dei primi a spiegare (siamo ad Agosto, il fenomeno è esploso, ma per molti studiosi delle dinamiche dei social non merita ancora attenzione) il successo della strategia del cantante bolognese.

Le cinque buone pratiche sono le seguenti per Amenduni: in primo luogo il racconto è autentico. Al mare, in vacanza, con la famiglia e con l’autoscatto: la pagina è un distillato di Gianni Morandi al 100%. Come ricorda lo stesso cantate, Morandi ha sempre un diario cartaceo per ricordare cosa è successo nel corso della sua giornata. Ciò che oggi vediamo su Facebook non è altro che la trasposizione digitale di un’abitudine analogica, con la differenza (non banale) che il diario non è più uno strumento individuale di archivio, ma è uno strumento collettivo che crea un senso di comunità. Il secondo fattore è la regolarità quotidiana: da agosto ad oggi la Pagina è stata aggiornata almeno una volta al giorno. La serialità favorisce un effetto palla di neve, decisivo per il successo sui social media.

Credits:  ANSA / MATTEO BAZZI
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Terzo motivo: stare sul pezzo. La pagina di un personaggio famoso non è impermeabile ai fatti di attualità. Da un certo punto di vista si può dire che Morandi ha rivisitato il real time marketing rinunciando alla perfezione in favore della spontaneità. Il timing della pubblicazione dei contenuti ha favorito i meccanismi di condivisione da parte degli utenti. La produzione di contenuti direttamente collegati all’attualità è un predittore del successo di una strategia di comunicazione sui social media. Non banale il quarto punto: il pubblico è privato. Di solito i personaggi pubblici hanno (anche legittimamente) ritrosie nel condividere parti significative della propria vita privata. Ma le aspettative sociali sono orientate alla reciprocità e all’abbattimento delle gerarchie tra le persone. Attenzione: Morandi non parla spesso della sua vita privata, ma apre le porte di casa sua con tatto e discrezione ottenendo, come risposta, un grande consenso da parte del proprio pubblico.

L’ultimo motivo è diventato con il passare del tempo oggetto di studio da parte di molti esperti di social media. Si tratta della puntualità e della cura delle risposte ai commenti. Gianni Morandi non si limita a pubblicare contenuti ma interagisce e trasforma i fan in protagonisti. Questo è l’elemento più dirompente della presenza di Gianni Morandi su Facebook, e che spiega meglio il suo oggettivo successo. I commenti sono personalizzati e le risposte in linea con il personaggio, coerenti perciò con la figura dell’amico di tutti. Morandi non si sognerebbe mai di rispondere male. Infatti non lo fa. Piuttosto dà ragione a chi gli dice “Preferisco Celentano” con “Anche io. Un abbraccio“. Nel gergo social si chiama troll, nella vita reale “paraculo”, ma sempre con classe.

Credits: schermata facebook fan page Gianni Morandi
Credits: schermata facebook fan page Gianni Morandi

Anche le aziende stanno studiando il fenomeno ignorando però un assunto fondamentale, e cioè che i social media non sono mezzi tradizionali. Per usarli al meglio serve dimenticarsi il rapporto verticale tra “chi vende” e “chi compra”, esattamente come Morandi ha annullato quello tra personaggio pubblico e fan. A molte aziende non serve uno stratega della comunicazione, né bei video o foto di professionisti. Bastano regolarità, pazienza e una buona storia. I comunicatori oggi hanno un altro compito, ovvero quello di formare i propri clienti a comunicare senza di loro. Siamo piuttosto lontani da questo punto, e rispetto alle previsioni di uno studio del 2011, intitolato «The Language of Love in Social Media» ci troviamo addirittura in ritardo perché è vero che le aziende italiane sono presenti sui social media (in particolar modo su Facebook) ma è altrettanto vero che utilizzano questo canale alla stregua di un veicolo pubblicitario e non di comunicazione.

La differenza tra pubblicità e comunicazione è sottile, ma decisiva. È la stessa che c’è tra “Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte” e uno spot che dice “Compra questo latte perché è il migliore“. Quello di cui le aziende hanno bisogno, oggi più di ieri, non è tanto fare corsi per imparare ad utilizzare Facebook, o Instagram. Hanno bisogno di capire a fondo i propri valori e renderli coerenti e concreti per i dipendenti, primi ambasciatori del brand, e successivamente per i fan. Non serve un’agenzia di comunicazione che trasformi la pagina applicando i segreti di Pulcinella (o di Gianni Morandi). Serve una strategia che porti ogni realtà, a maggior ragione quelle di business, a trovare quello che per Andy Warhol è stato il barattolo di pomodoro: la propria unicità. Perché quello che va bene per Gianni Morandi non è detto che vada bene per tutti. Fatevi mandare dalla mamma a fare la Fan Page.

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