Quella mattinata afosa dell’otto agosto 1991, nessuno potrà scordarla. Gli abitanti di Bari dovettero fare i conti con la notizia dell’arrivo di una grande nave chiamata “Vlora”. L’imbarcazione attraccò nel porto del capoluogo pugliese non per ragioni commerciali ma per una vera e propria invasione. Ovviamente pacifica, ma quel muro di gente, formato da ventimila albanesi disperati, era davvero impressionante perché fino ad allora non si era mai visto nulla del genere. Prima e dopo quello storico avvenimento, ci furono diversi altri sbarchi di famiglie disperate. Nel 1990, a Bari arrivò una famiglia formata da padre, madre e un bambino di pochi mesi. Quel bimbo si chiama Edgar Cani.
Ha girovagato per anni tra città del centro Italia e tra varie squadre che hanno scoperto il talento di questo possente ragazzo: Pescara, Palermo, Ascoli, Padova, Piacenza, Modena, Catania, Carpi ed infine Bari. Un piccolo cerchio nella vita di Edgar si è concluso. A distanza di oltre vent’anni, quel ragazzotto ha saputo ripagare quella città che l’ha accolto in maniera dolce e paterna: nella grande festa dei cinquantamila del San Nicola, Edgar è il protagonista indiscusso.
I biancorossi devono vincere a tutti i costi per acchiappare i playoff ma vanno incredibilmente in svantaggio ad inizio ripresa. Tutto sembra perduto, non c’è lucidita nel gioco del Bari e il sogno sembra essere destinato a svanire. Ma il tecnico Alberti ha ancora una chance: far entrare Cani. Il gigante buono entra in campo tra gli applausi e si mette subito all’opera. In sostanza, cambia il match: un colpo di testa formidabile ed un tocco di rapina sotto porta lo consacrano definitivamente. Si getta a terra, incredulo, è praticamente sull’orlo delle lacrime. Ma non piange, è felice. A fine partita dichiarerà: “Sul raddoppio ho sentito il fiato dei tifosi sul pallone. Il gol lo abbiamo segnato insieme”.
Quei tifosi, quella città, che l’hanno riabbracciato per la gioia, vent’anni dopo averlo accolto quando era disperato e aveva bisogno di tutto l’amore del mondo.