Milano: la culla di mille culture diverse, forse meno di altre città italiane in termini di opere d’arte ma sicuramente prima in fatto di varietà nella popolazione ed apertura al mondo. Milano è un crocevia di scambi, siano essi commerciali, affaristici o culturali nel capoluogo lombardo li troviamo tutti mischiati in una società che diventa così complessa: in un posto dove per vivere al meglio ciò che ci circonda bisogna davvero effettuare un importante cambio di mentalità: non siamo in un piccolo paese alpino dove tutti conoscono tutti, siamo in una grande metropoli dove aprendo le proprie vedute si può conoscere davvero molto.
In tutto ciò serve però che le istituzioni siano in grado di riconoscere e rispettare tutte le parti di un tessuto societario così variegato e, per certi versi, complesso. La prima figura che deve amare la città per adempiere correttamente al suo ruolo è quella del sindaco. In questi giorni è giunta la notizia che il segretario della Lega Nord Matteo Salvini abbia intenzione di candidarsi alla carica di primo cittadino meneghino, e la cosa non ha potuto fare altro che destare alcune grosse perplessità, sia nell’opinione pubblica che nelle istituzioni.
Ma prima di parlare del fatto in sé è opportuno presentare ai “profani” la figura del candidato: Matteo Salvini è nato il 9 marzo del 1973 a Milano, dove ha frequentato il Liceo classico Manzoni per poi iscriversi alla facoltà universitaria di storia, abbandonandola poi cinque mesi prima della laurea. Successivamente ha intrapreso la carriera politica nel Carroccio ed è stato eletto nel 1993 consigliere comunale di Milano nella giunta Formentini. Salvini ha poi ricoperto i ruoli di Eurodeputato, Deputato alla Camera, e ancora parlamentare europeo con il gruppo degli euroscettici. Nessuno può sapere se Salvini diventerà anche sindaco di Milano; ma molti aspetti della vicenda possono darci degli indizi per comporre uno “pseudopronostico”.
Innanzitutto è opportuno analizzare le dichiarazioni che hanno portato alla dichiarazione della candidatura: Salvini ha dichiarato che correrà da solo verso la poltrona del capoluogo lombardo e che non accetterà di candidarsi alle primarie del centrodestra perché “non si scende a patti con chi apre ai gay”. Ora, non sarebbe questo il luogo per mettere in discussione le ideologie (giuste o sbagliate che siano), ma forse al verdissimo leader non hanno spiegato che quando una persona diventa sindaco, non sarà sindaco di chi lo ha votato, ma verrà eletto anche in rappresentanza di chi ha compiuto scelte o ha idee diverse dalle sue. Inoltre le sue parole lasciano trapelare purtroppo una forma di disprezzo delle persone omosessuali, e questo atteggiamento farà partire Salvini sicuramente svantaggiato, anzi, ciò aumenterà lo svantaggio già dato dal fatto di partire da un partito minore.
Inoltre lo stesso Salvini ha ammesso che per fare coalizione è necessario avere delle sfumature nelle proprie idee, lui ha dichiarato di non averle. Questo è un ulteriore grande problema perché nella città che intende amministrare convivono culture molto diverse e sarebbe impossibile pretendere di uniformare tutti allo stesso modo, tantomeno di non affrontare i problemi della gente perché in quel caso si tratta di immigrati oppure di omosessuali. La Lega Nord è per definizione un partito non tollerante verso molte persone, dai tanto odiati “terroni” fino agli extracomunitari, ed è per questo che il concetto di partito leghista può essere applicato solamente all’amministrazione di piccoli centri e non di grandi città. La lega è in grado di tutelare sè stessa e i “suoi” in maniera eccellente, ma non è altrettanto in grado di ampliare le sue vedute per estendere la grande passionalità di chi la compone a tutte le persone, anche a chi secondo i militanti del partito dovrebbe essere emarginato.
In ogni caso per qualsiasi città va applicato un semplice ragionamento: se una persona vuole candidarsi a sindaco deve amare il posto in cui vive, non nasconderne i difetti ma d’altro canto non rispettare solo i cittadini che sarebbero pronti a impugnare i forconi contro le persone immigrate o a “purificare” la popolazione. Per gestire una città come Milano poi bisogna amarne la multiculturalità e l’apertura verso orizzonti che si spingono oltre il fiume Po, e forse Salvini non è ancora in grado di farlo. I milanesi (o molti di essi sul totale) sanno tutte queste cose, e hanno già dimostrato di essere più aperti di quanto spesso lo siano i loro rappresentanti: sarà dunque dura per Salvini, a cui comunque bisogna fare come a tutti i futuri candidati un in bocca al lupo per una corsa davvero importante.