Per certi versi, Free State of Jones è il film dell’anno. Quale verso? Quello della locandina che lo presenta: su uno sfondo scuro si staglia il primissimo piano illuminato di un Matthew McConaughey dallo sguardo ipnotico, bellissimo, persino inquietante. Certo, di film anticipati da una splendida locandina e poi in effetti piuttosto deludenti, la storia ne è piena: non è però questo il caso, perché Free State of Jones si rivela un ottimo prodotto. Le aspettative, nonostante le vicissitudini nella lavorazione, erano alte e Gary Ross, che dopo la direzione del primo Hunger Games si era fermato, è riuscito nell’intento di proseguire la ritrovata verve che il cinema americano sta dimostrando da qualche anno a questa parte a proposito della tematica secessionistica. Dopo il Django Unchained di Tarantino, massacrato da Spike Lee (“La schiavitù è stata un olocausto!“) e il premiatissimo 12 anni schiavo, è possibile mettere nel calderone anche Selma (seppur ambientato in epoca completamente differente) e The Birth of a Nation di Nate Parker, che dell’originale di David W. Griffith mantiene (polemicamente) solo il titolo.
Free State of Jones è appunto la storia dello Stato libero di Jones, costituito nel 1862, in piena Guerra di Secessione, su iniziativa di Newton Knight (McConaughey), ex contadino che ha servito da aiuto-medico il fronte del sud nella battaglia di Corinth, durante la quale vive un tremendo trauma, assistendo all’uccisione del nipote a seguito degli scontri coi nordisti. Newt decide quindi di disertare, tornando a casa, nella contea di Jones: le truppe confederate però lo vanno a cercare e lui è costretto a rifugiarsi tra i boschi della contea, dove incontra un gruppo di schiavi di colore in fuga dalla tirannia dei padroni. Tra di loro c’è Moses (Mahershala Ali), con cui Newt stringerà una intensa amicizia. Soprattutto, Newt conosce e si innamora di Rachel, ex schiava di colore: dal loro amore ci sarà la prima nascita certificata da una coppia interrazziale.
Le atmosfere, la sofferenza, la guerra, il momento cruciale: in Free State of Jones, gli elementi che si richiedono a un film ambientato in un dato luogo in una certa epoca ci sono tutti. C’è un cast azzeccato, capitanato da un sontuoso, come al solito, Matthew McConaughey, probabile candidato ai prossimi Oscar, e ben affiancato da Mahershala Ali, sempre più in ascesa dopo l’ottima figura da villain nella serie Netflix Luke Cage. Il verde della foresta dove si rifugiano Newt e i compagni è la culla dove nasce lo stato libero di Jones, una realtà al di sopra delle due parti contendenti, formata da disertori e schiavi, e che si contrappone alle alte sfere dei due eserciti ufficiali. Il doppio livello cronologico su cui viaggia il film, con le vicende di Knight alternate a quelle del pronipote di metà Novecento, funziona a dovere, evitando il rischio di appesantire l’opera, che viaggia tranquilla e senza significativi cali di ritmo per tutte le due ore e quindici di durata.
Free State of Jones ha ottenuto decisamente un magro incasso in patria: visto il tema trattato e vista la qualità del lavoro, è decisamente un gran peccato.
[Photo Credits: Benoît Delhomme]