Ci sono amori grandi, infiniti, rispettosi, amori che vanno al di là delle circostanze e amori che affrontano la vita, insieme.
Poi ci sono quegli amori a metà, quelli che si perdono nel labirinto dell’ossessione e della paura, quegli amori a senso unico che se chiedi qualcosa in cambio ciò che ricevi è solo sofferenza, da cui uscirne diventa un’impresa difficile e alle volte anche impossibile.
Molto spesso sono le donne a scontare tutto questo.
Partorite con dolore dalle madri sofferenti della terra, crescono tutte con la speranza che un giorno possano sentirsi amate, proprio come quando si viene al mondo.
C’è chi conosce presto l’amore, c’è chi lo conosce tardi e c’è chi (purtroppo) non lo conosce affatto.
Sono sempre più numerosi i casi di femminicidio e violenza fisica riservati al sesso debole della coppia. Tanti, troppi gli omicidi che avvengono entro le mura domestiche: perché l’uomo ‘troppo’ amato alle volte decide di mettere la parole fine a quell’amore mai apprezzato, mai meritato.
Ma tanti sono anche i casi di violenza psicologica che minacciano quotidianamente la salute mentale di tutte quelle donne che faticano a farsi valere dinanzi al proprio partner.
Stiamo parlando del Gaslighting, una forma di violenza subdola, insidiosa, fatta di silenzi ostili, alternati a parole pungenti. E’ una forma d’abuso antica, perpetrata in modo particolare tra le “sicure” mura domestiche, che lascia profonde ferite psicologiche. Gaslighting come crudele ed infida manipolazione mentale.
L’origine etimologica del termine ci riporta nel lontano 1938 quando per la prima volta andò in scena l’opera teatrale intitolata Gas light (inizialmente nota come Angel Street negli Stati Uniti). Nella sua versione italiana, Angoscia, racconta di un marito che cerca di portare la moglie alla pazzia manipolando piccoli elementi dell’ambiente, e insistendo che la moglie si sbaglia o si ricorda male quando nota questi cambiamenti. Il titolo origina dal subdolo affievolimento delle luci a gas da parte del marito, cosa che la moglie accuratamente nota ma che il marito insiste essere solo frutto dell’immaginazione di lei.
Il Gaslighter, dunque, è colui che cerca di manipolare mentalmente la propria vittima somministrandole una considerevole dose di insicurezza tale da annullarla. La donna, in questo caso, si convincerà del fatto di essere sbagliata, inutile, colpevole di chissà quale reato, pensando quindi di meritare una punizione da parte del mostro-compagno.
Alcuni esempi di cattiveria gratuita: Sei grassa! (magra, brutta, ecc..), sbagli sempre tutto non ne fai una giusta, se ti lascio rimarrai sola per tutta la vita, tu non sei nessuno…
Ma riconoscere un Gaslighter non è difficile (per le vittime un po’ meno, quando a farle da padrone assoluto troviamo spesso la ceca ossessione di un amore idealizzato che impedisce loro di distinguerli con lucidità). Ecco perché queste donne hanno bisogno dell’aiuto di terze persone. La famiglia, in questo senso, gioca un ruolo fondamentale. Intervenire tempestivamente, per evitare che la vittima venga risucchiata dal vortice degli insulti letali, può essere di vitale importanza.
Eppure il Gaslighting sembra ancora avere la meglio sulle donne del nostro tempo. Ancora oggi il fenomeno è stato riscontrato in una buona percentuale delle coppie che giornalmente vivono tutto questo entro le mura domestica. Quelle mura tenute salde dalle madri sofferenti che, nonostante tutto, sopportano in silenzio, facendo del proprio dolore un “compagno di vita”, come quell’anello, sigillo di un amore idealizzato, che al dito oramai fa male perché troppo stretto.