È un mestiere faticoso quello dei genitori. Insomma, si deve mettere al mondo un pargolo, lo si deve nutrire, educare, istruire, vestire, guidare, amare. Ma, più di tutto, bisogna assicurarsi che sia assolutamente certo del vostro amore. Perché basta una parola fuori posto, un commento infelice o, peggio di tutto, l’indifferenza nei confronti di quello che fa, pensa e crede, a incrinare questa certezza. Perché i rapporti si basano sui sentimenti, ma anche sul rispetto e l’interesse reciproco. Perché i rapporti si basano sul confronto, sugli elogi e sulle critiche. E, in particolare, tra quelle costruttive e quelle distruttive il confine è marcato, ma molto molto sottile. E soggetto a interpretazioni, da parte del mittente e del destinatario. Per ricevere una critica e apprezzarne il messaggio, infatti, occorre un grado di maturità parecchio consistente, tanto che spesso non sono bene accette neanche da adulti. E quali sono le più importanti? Quelle delle persone che amiamo. Le uniche che davvero contano. Perché le parole possono essere macigni e pesano ancor di più se pronunciate da labbra in cui crediamo e che sappiamo nutrire aspettative nei nostri confronti.

Immaginate come sarebbe frustrante sentirsi dire ogni giorno “sei un incapace” o “sbagli tutto quello che fai“. Immaginate come sarebbe sentirselo dire tante volte al giorno. Minerebbe la fiducia e il rispetto anche dell’uomo o della donna più sicuri al mondo. Immaginate come sarebbe frustrante non sentirsi dire assolutamente nulla. Ché il disinteresse significa “non stai facendo nulla che valga la pena” o, peggio, “non è quello che avevo in mente per te, quindi sei solo“. Tutto questo, giorno dopo giorno nutre rancore, risentimento, distanza. Ma, soprattutto, elimina un elemento fondamentale nel rapporto tra genitori e figli: l’insegnamento. Così secondo la psicologa Brunella Gasperini, dieci sono le regole, elencate su D.Repubblica.it, per una efficace comunicazione tra genitori e figli.

Evitare di criticare quando siamo arrabbiati anche se, soprattutto con un adolescente, è molto difficile. Quando siamo feriti o offesi diamo in cambio le stesse cose. Se siamo spesso arrabbiati e contrari, anche il bambino con facilità si arrabbia, polemizza, si ribella. Se discutiamo spesso con lui, anche lui diventa bravo a litigare. È importante accogliere invece di sminuire. Sgridate, lamentele, giudizi, minacce e punizioni non sono strumenti educativi adeguati. E, ancora, prestare ascolto al bambino. Dare importanza al suo punto di vista, evidenziando gli aspetti positivi di quello che dice, prima di quelli che non vanno bene. Creare momenti intimi preziosi di vicinanza che hanno effetti tonificanti nel rapporto e nel comportamento. Il bambino (ma anche l’adolescente) ha necessità di essere approvato, riconosciuto, apprezzato. Che non significa cedere a tutto ciò che vuole. E poi? Intervenire, ovviamente, quando lo riteniamo necessario. Cercando però di essere rispettosi e tolleranti, di entrare in sintonia con l’altro, di valutare l’impatto di cosa e di come si dice. Inoltre, non riprendere il bambino di fronte ad altre persone. Se siamo stanchi e abbiamo perso la pazienza si dicono cose brutte, può capitare. Ma sono momenti e si può riparare, riconciliarsi. Le emozioni negative non durano per sempre. Questa è una cosa importante da insegnare per la salute emotiva. Saper chiedere scusa per i nostri atteggiamenti impulsivi, scatti eccessivi. “Ero molto arrabbiato con te, forse ho esagerato”. Non si perde autorevolezza con il proprio figlio, in questo modo. Le nostre scuse non scusano il suo comportamento sbagliato. Lo educhiamo a muoversi adeguatamente nelle relazioni, risorsa necessaria per stare bene nella vita.
È fondamentale dare tempo al bambino di pensare e riflettere su quello che diciamo, sui nostri consigli e suggerimenti. Non insistere per una risposta immediata.
E occorre anche riflettere sulla possibilità che la disapprovazione verso il figlio derivi dalle nostre paure. Spesso non possiamo fare a meno di scoraggiare e demotivare quei comportamenti che riteniamo rischiosi. Ma poi, non abbiamo mai niente di bello da dire su nostro figlio? Invece di criticarlo, esprimiamo apprezzamento su come è, su quello che fa. La critica, anche se in piccole dosi, è sempre debilitante, per essere neutralizzata ha bisogno di apprezzamento, elemento psicologico vitale. E ultimo, ma non per importanza, è disfarsi dell’idea del genitore perfetto, che non esiste. Questo ideale si porta dietro quello del bimbo e dell’adolescente perfetto, destinati irrimediabilmente alla pressione della critica.

Ogni persona è diversa, ogni figlio ha i suoi sogni, il suo carattere, le sue ambizioni, così come il suo modo di affrontare le difficoltà. Giudicarla non serve, voltargli le spalle neanche, minacciarlo men che meno. Perché le uniche risposte che avrete non saranno migliori delle vostre domande. E non servono i discorsi da commedia americana che finiscono con “va tutto bene, campione“. Serve solo un po’ di tempo, un abbraccio, uno sguardo, un consiglio sentito, un po’ di interesse: così sapremo che ci siete, cari mamma e papà.