Sono ormai passati quasi dieci giorni dalla terribile alluvione che ha scosso la città di Genova a soli tre anni di distanza dalla precedente e ancora tiene banco il discorso sulle responsabilità politiche. Vediamo di fare il punto della situazione.

Tre anni fa, quando si verificò la precedente alluvione a Genova, era ancora in carica il governo guidato da Silvio Berlusconi e due esponenti dell’allora opposizione, uno dei quali, Roberta Pinotti, oggi ricopre il ruolo di Ministro della Difesa, scrissero una nota molto dura incolpando l’ex Cavaliere per aver “affossato la prevenzione” e compiuto “tagli selvaggi” alla difesa del territorio e chiedendo una notevole somma di denaro per “far fronte alla gravissima emergenza in Liguria e nell’alta Toscana”.

Da notare che la somma richiesta era di ben 800 milioni, ventisette volte di più di quanto il governo Letta avrebbe destinato, due anni dopo, alla difesa contro il rischio idrogeologico. Questo per far capire come, purtroppo, spesso le critiche sull’argomento dell’intervento prima e dopo le calamità naturali dipendano da interessi di parte.

Tornando al caso specifico di Genova, Don Gallo, il “pretaccio”, come lo chiamò Candido Cannavò, per decenni idolatrato dalla sinistra alternativa, chiarì tre anni fa che “nessuno può dire di avere la coscienza a posto. Certamente non il sindaco e su chi sta più in alto.” E rammentò “Quando anni fa andavo a fare gli incontri in largo Merlo, proprio sopra via Fereggiano, mi dicevo, mamma mia che paura questi palazzoni costruiti sopra pendii, sembra che ti cadano addosso. E di mostri la città ne ha tanti. Tutti quartieri per la povera gente. Io dico sempre che Dio si è dimenticato di dare a Mosè un undicesimo comandamento: amate la natura e proteggetela, che è come dire amate l’ambiente e le creature che lo abitano”.

Alluvione di Genova: ecco i veri responsabili

Certamente sulla catastrofe di giovedì scorso influisce il perenne scontro giudiziario tra le imprese che si aggiudicano i cantieri. Altra conferma di come fosse nel giusto la Banca d’Italia quando lanciava l’allarme perché “ l’inefficienza della giustizia civile ci costa l’1% del PIL, all’incirca 22 miliardi di euro.” Non sarebbe, però, corretto, se tutta la responsabilità di anni di ritardi e rinvii fosse attribuita alla magistratura.

Da rilevare che per colpa di lungaggini della burocrazie problemi nell’assegnazione degli appalti, Genova è ancora senza scolmatore. Questo importante strumento è stato rimpiazzato con un nuovo progetto, approvato lo scorso marzo, che sposta la galleria principale di qualche centinaio di metri e lo porta sotto il livello del mare. I termini per la presentazione delle offerte sono scaduti venerdì, proprio il giorno seguente l’alluvione che ha devastato Genova e ben venti aziende hanno proposto progetti.

Senza lo scolmatore, Genova lotta a mani nude con la sua stessa natura: nel sottosuolo della città scorrono 107 rivi tombati sui quali scorre di tutto. In questa situazione instabile ogni acquazzone causa un errore. L’ultimo disastro ha due colpevoli dichiarati anche se probabilmente non è corretto definirli così. I tecnici dell’Arpal , l’agenzia regionale dell’ambiente con la funzione delle previsioni del tempo, hanno preso le alluvioni del 2009,2010 e 2011. “Questa non l’abbiamo beccata” hanno confessato nei giorni scorsi al governatore della Liguria. Proprio loro hanno esortato ad andarsene a casa l’assessore alla Protezione Civile, Raffaella Paita, giovedì alle 18 stando serena.

E pensare che l’Arpal non è il solito carrozzone in quanto è sotto organico, composta da 15 dipendenti in una pianta che ne prevede 25. Il settore di Protezione Civile ed emergenze della Liguria, però, è privo di un dirigente responsabile dal febbraio di due anni fa e questo rappresenta l’aggancio per lo scontro politico molto acceso.

Alluvione di Genova:ecco i veri responsabili

Le previsioni del tempo errate con tanto di scuse da parte dei tecnici incaricati rischiano di far dimenticare troppo alla svelta questa catastrofe, nascondendo l’insufficienza del sistema che dovrebbe tutelare una delle aree più fragili di questo Paese. Genova, infatti, non è dotata di un vero piano operativo per fronteggiare le alluvioni e così in caso di pioggia torrenziale si va in ordine sparso: incredibile ma vero! Oppure, come annotarono i periti dopo la tragedia di tre ani fa, “in modo alquanto generico, senza mai indicare gli scenari di rischio e le informazioni sulla vulnerabilità a persone, cose, servizi e quali siano gli edifici coinvolti, quale sia la viabilità”. Gli unici protocolli vigenti sono progettati per i due quartieri colpiti dalle alluvioni del 2010 e 2011, Voltri e Fereggiano. Sono, però, stati fatti soltanto dopo che accaddero le due calamità naturali e , come capita in questi casi, contemplano istruzioni drastiche, che impongono l’evacuazione di massa.
Il piano generale è del 2009, bocciato dalla Procura ma la cosa ben più grave è che lo stesso Comune di Genova non l’ha ancora cambiato sebbene lo avesse giudicato “del tutto inadeguato” dopo l’alluvione del 2011.

Questo episodio è un’ulteriore conferma della nostra memoria corta e di come non siamo capaci di imparare dal passato. Si leggono moltissimi rievocazioni di ciò che accadde nel 1970 con le 44 vittime e otto dispersi ma ancora non c’è un piano ad hoc per il torrente più insidioso d’Europa.