La mafia lombarda è tornata a colpire: e stavolta lo ha fatto alla luce del sole. Era da un po’che al Pirellone si parlava di tagli alle pensioni d’oro destinate ai consiglieri divenuti sessantenni, e dunque i validi rappresentanti dell’elettorato padano non hanno perso tempo e si sono messi a rubare di nuovo: solo che questa volta è successo tutto a norma di legge. Niente di fantasmagorico o giri strani di leggi e balzelli annegati nella polvere degli anni: questa volta tutti hanno agito in maniera impeccabile poiché la legge consente ai consiglieri di secondo mandato o agli ex, di fare richiesta per ottenere la restituzione del denaro versato come contributo della futura pensione.
Non bisogna certo avere la mente di Einstein per capire che, se ci sono tagli nell’aria, le pensioni saranno le prime a subire le sforbiciate in nome delle ricorrenti spending review di facciata. Allora una manica di furbi consiglieri si è presentata alla “cassa” chiedendo indietro i contributi e dalla larga mano di Regione Lombardia sono uscite tante banconote per tutti. Non vogliamo fare tutti i nomi (probabilmente arrivati al decimo potremmo accusare malori improvvisi o svenimenti) ma alcuni casi non si possono trascurare poiché i calcoli per l’attribuzione di questi benefit sembrano quantomeno di manica larga.
Renzo Bossi, in arte il Trota
A scuola non ha mai brillato particolarmente ma, a quanto pare, due conti in tasca è riuscito a farseli e ha subito capito che un bel gruzzolo di 55.500 euro può sempre far comodo. Bando agli indugi quindi e via alla riscossione del meritato (?) denaro! Il tutto sommato ai circa 7.000 euro di rimborsi dubbi per cui fu indagato fa un bel gruzzoletto spillato ai contribuenti.
Nicole Minetti
Ecco, nessuno ha ancora capito perché Nicole Minetti sedesse tra gli scranni del consiglio regionale lombardo. Non è figlia d’arte come nel precedente caso analizzato e il curriculum personale con la qualifica di igienista dentale non farebbe pensare a grandi aperture verso la carriera politica, ma qualcosa deve averlo pur fatto per meritarsi più di 70 mila euro, regolarmente riscossi alla fine del mandato per cui era stata eletta.
Domenico Zambetti
Forse il più meritevole dei casi presi in esame: il denaro se lo è sudato talmente tanto da andare a chiedere voti di scambio alle cosche della ‘ndrangheta lombarda, se non è fatica questa. Non poteva mancare nel curriculum anche l’indagine e la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa: insomma, una carriera da capogiro che trova il suo degno epilogo con 73 mila euro.
Ed è questa la più grave falla nel sistema Italia: permettere ancora che persone del tutto immeritevoli possano impadronirsi con estrema facilità dei nostri soldi. Passi il trota, passi la Minetti, ma pure i camorristi no: non è possibile tollerare a lungo questo andazzo soprattutto perché i nostri politici sono diventati talmente sfacciati da riuscire a fregarci mentre gli stiamo parlando. Non è più l’epoca dei sotterfugi e delle cose nascoste sotto i tavoli, ora la politica sventola la sua corruzione in lungo e in largo, ma soprattutto “a norma di legge”.