Quattro scudetti di fila sono tantissimi, e quello che ha fatto la Juventus dal 2006 ad oggi verrà tramandato ai posteri del calcio, e non solo. Dopo meno di 10 anni da quell’infausta stagione ci si ritrova a contare i successi, ed è indubbiamente un’impresa che sarebbe riuscita a pochi. Anzi, diciamolo pure, a nessuno; visto che a molte altre squadre piace molto di più piangere sul latte versato, dieci o venti anni fa. Straordinario Allegri, incredibili i giocatori: da Pirlo a Buffon, passando per Bonucci (mai così forte) e Tevez, uno che dopo aver annunciato che andrà via a scadenza di contratto ha giocato come mai prima. Giù il cappello alla società e a chi rappresenterà l’Italia, ci auguriamo tutti al meglio, in Europa contro il Real Madrid. Tutto bello, si dirà. E invece no. C’è qualcosa che non quadra, in questi festeggiamenti, ed è il numero degli scudetti.

Non che sia un discorso interessante, è come scegliere tra un super dotato di 33 cm e uno 31. Ce l’ha grosso comunque, sicuramente più di quello di 17, per non parlare di quello di 10. Non è questo il punto, dire che i titoli sono 31 non offusca la storia, e non mette in discussione il distacco con le altri grandi (o presunte tali) d’Italia. C’è qualcosa di molto più antipatico però in questa negazione dell’accaduto, in questo rifiuto della giustizia sportiva perpetrato anche da alcuni quotidiani nazionali: e non è un problema tra Inter e Juventus. È un problema tra ciò che è stato sentenziato e ciò che non è stato accettato. Due scudetti, sono stati revocati alla Juventus, e ancorché uno dei due sia stato frettolosamente assegnato ad una squadra arrivata terza, resta un capitolo di cui non andare fieri.

Fonte: www.ilsole24ore.com
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Che lo facciano i tifosi è accettabile, e anche prevedibile. Che la società si ostini a negare le sentenze, prima con la questione del numero di scudetti sullo stadio, poi con la comunicazione sul proprio sito e sui social, è piuttosto antipatico. Evidentemente gli Agnelli ci provano in tutti i modi a mantenere alto il livello di antipatia della Juventus. Quel “vincere non è importante, è l’unica cosa che conta” sbandierato ai quattro venti, è un gran bel motto, se decontestualizzato. Giampiero Boniperti pensava davvero che per la Juve non ci fosse alternativa alla vittoria, ma in determinati momenti bisognerebbe capire anche che non è esattamente così, che un’alternativa alla vittoria c’è e si chiama sconfitta e che questa cultura della sconfitta non può appartenere solo a chi è abituato a trangugiarne ma anche a chi, viceversa, non conosce questa parola.

Quelli di Calciopoli (troppo spesso confuso con una mera questione arbitrale, in realtà si tratta di qualcosa di profondamente diverso visto che solo un arbitro è stato accusato) sono stati anni di sconfitte per tutto il calcio italiano. Sicuramente la Juve ha pagato più di tutti, e qualcuno (l’Inter) ne ha beneficiato oltre il lecito. Ma non per questo bisogna ignorare le sentenze. Si obietterà che sul campo quelli scudetti erano meritati, e mi sento di dire che è assolutamente vero. Ma se anche una cosa, fuori dal campo, è stata gestita in malafede da Moggi e Giraudo e se quei due signori erano i responsabili della Juventus del 2005-2006, allora di quei due titoli non si può andare fieri. Forse non lo capiscono i giocatori e i tifosi, ma alla Società questo non è concesso. Anche perché si tratta di una Società che sta facendo cose egregie, una dirigenza calcisticamente intelligente, e che oggi può finalmente andare oltre i successi in Italia. Perché questa Juventus ha tutto per aprire un ciclo in Europa. A patto che si tolga di dosso quest’ansia da celolunghismo. Che 31 scudetti, cari juventini, fanno lo stesso invidia al mondo.

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