A tre anni dal lancio, avvenuto il 28 giugno 2011, Google Plus continua a dividere. Tanti sono quelli che hanno già il coccodrillo bello e pronto in attesa di veder passare il cadavere da un momento all’altro. I dati e le sensazioni, però, sembrano remare nel verso opposto e suggerire che il meglio deve ancora venire.
C’era una volta un’affermazione che arrivava (fonti attendibili o meno, poco importa) da Mountain View secondo la quale Google Plus avrebbe fatto concorrenza a Facebook e l’avrebbe sbalzato via dal panorama dei social network. Una vera e propria rivoluzione che avrebbe messo in un angolo la creatura di Mark Zuckerberg attraverso concetti come cerchie o hangout.
In realtà Google Plus non ha mai infastidito Facebook e probabilmente quelle affermazioni volevano suonare più come una provocazione che come un monito. Le sue modalità di utilizzo e fruizione sono profondamente differenti da quelle offerte (e richieste) da Facebook, proprio per la diversa natura del canale. Fin dalla sua nascita, infatti, Google l’ha sempre definito un social layer e non un social network, grazie alla sua integrazione con tutti gli altri prodotti di Google.
Basta guardarsi intorno per capire che Google Plus è ovunque. Nelle Maps, nei contatti di Gmail, nelle News, nei risultati del motore di ricerca, nel file sharing e editing, in YouTube, nella messaggistica e nelle app. Un diamante a tante facce che riescono a guardarsi l’un l’altra e sono tenute insieme da questa piattaforma che è tutto meno che un classico social network.
Google Plus, inoltre, ha effettuato un lavoro minuzioso e sfiancante ma che è e sarà la chiave del suo successo: ha costretto tutti a navigare loggati. Il colosso di Mountain View ha invogliato tutti quelli che utilizzavano i suoi preziosi servizi ad avere un account unico, in cui il tanto discusso social layer rappresenta proprio l’anello di congiunzione, il valore aggiunto che fino a 4-5 anni fa sarebbe sembrato utopia: oggi chiunque effettua una ricerca su Google lo fa da loggato, e essere riconosciuti significa rappresentare un utente utile dal punto di vista pubblicitario. Inutile dirvi che Google vive di pubblicità.
Non stupisca, quindi, che il tempo di permanenza degli utenti all’interno dello stream sia molto basso se confrontato con quello di altri canali come Facebook, Twitter o Instagram, circa 7 minuti contro più di 100. Google non è di certo un’azienda che si fa problemi a chiudere attività non ritenute strategiche. L’intenzione di non mollare ma, anzi, di incentivare la crescita di Google Plus viene confermata dalle dichiarazioni di David Besbris, Vice President of Engineering del colosso californiano, che a più riprese ha chiarito quanto l’azienda voglia costruire un prodotto che le persone non potranno non adorare.
I punti forti su cui Google Plus andrà a puntare saranno incentrati sui termini local e mobile.
Local grazie a Google Local e Google Maps, strumenti che permettono di geolocalizzare e recensire qualsiasi struttura, turistica e non, rendendola accessibile e sotto gli occhi di tutti in qualsiasi momento andando ad influenzare anche la propria indicizzazione. Anche dal punto di vista professionale, quindi, è quasi indispensabile avere una pagina aziendale per essere indicizzati al meglio.
Mobile, invece, grazie ad Android, il sistema operativo per dispositivi mobili più diffuso al mondo, con un fornitissimo Play store che contiene app di cui ormai non si può far a meno.
L’evoluzione di Google Plus risulterà, quindi, sempre più importante grazie all’impatto che la sua presenza garantisce in termini di visibilità ai brand che decidono di utilizzarla in modo attivo ma, soprattutto, sfruttandone le caratteristiche che la differenziano da tutti gli altri canali.
Google Plus vive ed è in mezzo noi.
[Cover source: androidplanet.nl]