Hillary Clinton la donna che ama definirsi moglie e hair icon, pare sempre più vicina al si, quello per la candidatura alle elezioni presidenziali del 2016. Recentemente il Wall Street Journal le ha dedicato un articolo nel quale fa notare come l’ex first lady stia prendendo gradualmente le distanze dal presidente Obama. Un elemento questo che tradirebbe l’intenzione di candidarsi si ma come novità, per quanto la si possa definire tale. I Democratici mancano di una figura carismatica come Obama e forse la soluzione vintage potrebbe funzionare se si parla di quel nome, Clinton appunto.
“Non importa chi sei, da dove vieni, se lavori duramente e giochi seguendo le regole del gioco, potrai avere l’opportunità di costruirti quella che si chiama una buona vita”
Hillary vuole distinguersi, sempre che abbia deciso di cedere alle richieste dei suoi fans, ed è per questo che cerca di staccarsi dalla linea del presidente in carica: non vuole certo essere il terzo mandato di Obama. La signora Clinton conosce bene le logiche di Washington e conosce bene anche i Repubblicani: a questo proposito, è ben consapevole che in questo momento storico è necessaria una mediazione con i rivali e i recenti fallimenti di Obama lo dimostrano anche ai meno attenti alle vicende del Congresso. Qualora decidesse davvero di accettare la sfida, la lady d’America avrà diverse questioni da risolvere e soprattutto un atteggiamento da cambiare: dovrà essere più decisa nell’affrontare le crisi globali . A dimostrazione di una certa insofferenza che alcuni americani covano da tempo nei confronti di Obama, lo dimostra un editoriale uscito sul New York Times, nel quale il corrispondente da Berlino accusa il presidente di essere diventato troppo europeo. E non è certo un complimento.
L’editoriale di Clemens Wergin è piuttosto aspro nel giudicare il presidente: per esempio secondo lui il problema del fallimento in Siria sarebbe da attribuire al suo atteggiamento europeo, che definisce inaccettabile (parola usata spesso dal presidente, ndr.). Uno dei fastidi che affliggono i detrattori di Obama e non solo, sarebbe proprio la politica estera: secondo i sondaggi gli americani non sarebbero per nulla soddisfatti dell’operato del presidente. Ecco dunque che la voglia di riscatto della signora Clinton potrebbe essere una buona medicina. Quando si dice il tempismo. Wergin parla dell’Iraq come la Waterloo di due presidenti, Bush prima e Obama poi, e sentenzia: “La crisi in Iraq è la diretta conseguenza della strategia senza confronti di Obama in Siria“. Bocciato quindi anche l’approccio soft, europeo appunto con una provocazione piuttosto palese, che suona come un giudizio: “Quando loro (gli europei, ndr.) perdono la palla, l’America va a riprenderla“. Mr. Wergin ricorda ancora la decisione dell’allora candidato Obama che volò nel vecchio continente a fare proseliti e a presentarsi a chi non lo poteva votare certo, ma che lo avrebbe “subito” in quanto uomo più potente della terra.
Durante la campagna del 2008 Hillary ha ricordato diverse volte quanto la strategia del marito avesse portato risultati record all’economia e ora il former chief dello staff di Obama e commerce secretary sotto il mandato di Bill Clinton, le fa presente che se riuscisse a trovare l’adattamento di quella strategia al 2016 e far funzionare la cosa, sarebbe sicuramente lei a vincere. L’economia mai come nelle prossime elezioni potrebbe essere davvero un peso da novanta. Tre sono le questioni che Hillary dovrà affrontare, sempre che si candidi: la regolamentazione fiscale, il crescere delle disparità di reddito e la pressione fiscale che grava sulla middle class. Perché la Clinton dovrebbe essere in grado di sciogliere questi nodi? La risposta è piuttosto semplice: nessuno come i Clinton è così vicino a Wall Street. La fondazione di famiglia ha ricevuto milioni di dollari dai finanzieri e dalle fondazioni delle grandi banche. Hillary e Bill spesso interagiscono con i titani della finanza grazie al circuito delle charity di Manhattan e anche durante le vacanze i due si danno da fare. Dopo aver lasciato il ruolo di segretario di Stato per problemi di salute, secondo il New York Times, Goldman Sachs, JP Morgan e altri colossi del settore avrebbero sborsato decine di migliaia di dollari per i suoi interventi a conferenze e incontri.
Wall Street si fida di lei insomma. Hillary potrebbe essere la garanzia: i sostenitori dei Clinton e i democratici potrebbero sconfiggere le ventate di populismo verso il mondo della finanza, capro espiatorio di una crisi che sembra stia passando ma che ha lasciato strascichi e memorie in chi l’ha sofferta di più. Puntare tutto sull’ex senatore dello Stato di New York non sarebbe poi così rischioso per Wall Street che già in passato l’ha sostenuta. E c’è chi insinua che il tour promozionale per la sua biografia “Hard choices”, partito dalla libreria Barnes&Norble di Union Square a Manhattan, sia un primo passo per saggiare il pubblico. Dopo la pubblicazione di un estratto del libro su Vogue, secondo l’editore Simon&Schuster, in un mese le copie vendute sono arrivate a superare il milione. La prima tappa del tour non è passata inosservata: il profumo di candidatura c’è e la curiosità è tanta. Parcheggiato fuori dalla libreria dove circa 1000 persone attendevano di vedere da vicino la probabile candidata, un pullman con la scritta: “Join the movement. ReadyForHillary.com“. Dentro si nasconde una vera organizzazione che parte dal reclutamento di volontari, passando alla pubblicizzazione, per completare con la ricerca di donazioni attraverso gadgets.
La cover per l’Iphone 5 con la foto del profilo Twitter di Hillary la si può portare a casa con poco più di 20$ così come la tazza. Magliette, borse e ciotola del cane invece richiedono uno sforzo in più: 30$. Pronti a sostenere Hillary?
[Fonte cover: tampabay.com]