Quello del genitore è un mestiere assai complesso. E nell’era del 2.0 lo è ancor di più.
Di fatto la cosa più preziosa – e ineguagliabile – che un genitore possa donare al proprio figlio è il tempo a sua disposizione. Il problema è che il web ci permette di stare in due (o più) posti contemporaneamente. Oggi sono sufficienti un click e una connessione internet per ritrovarsi altrove nello stesso momento in cui siamo con i nostri figli. Al parco, a casa dopo la scuola o dal pediatra per un controllo di routine, tiriamo fuori lo smartphone e iniziamo a scorrere sù e giù il nostro dito su uno schermo che ci propina almeno una foto, una citazione e un messaggio importante al secondo. Nello stesso momento, attraverso un tablet, il nostro bambino si distrae in rete. Le informazioni che capta da quella fitta rete senza filtri non le conosciamo. Ma una cosa è certa, da parte nostra sta ricevendo un unico messaggio: questa email è più importante di te.
Proprio come nella storia che segue, raccontata da Jane Scott, pediatra americano.
<<In 20 anni di lavoro pensavo di aver visto tutto, ma mi sbagliavo.
Un giorno, sono entrato nel mio studio e seduti ad attendermi c’erano un padre e il figlio di due anni entrambi con gli occhi incollati allo schermo dei loro smartphone, che con il dito indice non smettevano di fare su e giù. Ho chiesto quale fosse il motivo della loro visita e il bambino mi ha indicato le sue orecchie: aveva male. Erano rosse e infiammate.
“Indovina un po’?”, ho detto al piccolo paziente. “Hai male perché hai un’infezione alle orecchie, ma non ti preoccupare, con le medicine passerà tutto”. Il bambino mi ha guardato ha ritirato fuori il telefono e ha tenuto premuto lo schermo. “Siri”, ha detto poi, “cos’è infezione alle orecchie?”.
Non l’ha chiesto a suo padre. Non l’ha chiesto nemmeno a me: ha affidato la sua domanda allo smartphone. È normale che un bambino, anche di 2 anni, sia esposto qualche minuto al giorno alle nuove tecnologie, sono i tempi moderni, ma ci sono dei limiti. In realtà, quello che mi ha spaventato è stato notare come quel piccolo avesse già imparato che quando ha una domanda può chiedere a Siri, non a suo padre: a Siri.>>
[Fonte: Huffington Post]
È chiaro che apparteniamo alla generazione di genitori – forse – più informata di sempre, ma siamo senza ombra di dubbio anche i più distratti. Non tutti, certo, ma secondo i ricercatori del Boston Medical Center 40 genitori su 55 al ristorante con la propria famiglia trascorrono il loro tempo incollati al cellulare. E, non c’è da stupirsi, si mostrano perfino irritati all’insistenza dei propri figli intenti a catturare la loro attenzione. Atteggiamento che assumiamo tutti noi quando siamo completamente immersi nell’innumerevole quantità di dati che ci passano davanti agli occhi attraverso lo smartphone, così da rubarci molto più tempo di quanto crediamo. In quel momento commettiamo due grandi errori: non comunichiamo con i nostri figli e quando decidiamo di farlo lo facciamo male, trasmettendo stress e agitazione. Ci cercheranno nuovamente? Come possiamo imparare a capirli davvero se non ascoltandoli e osservando ogni loro gesto? Secondo Jane Scott questo atteggiamento distante e ineducato non può che avere come unica conseguenza quella di metter su bambini indisciplinati e che soffrano di ansia da separazione. Bisogna mettersi sempre molto in discussione e non giustificare comportamenti irruenti o apparentemente incomprensibili attraverso l’unico fattore che ci pare plausibile: l’età difficile. Perché non esiste età peggiore di quella in cui ci si è sentiti soli.
[Fonte: intravino]