La campagna virale in favore di una raccolta fondi per la lotta contro la SLA, la Sclerosi laterale amiotrofica, sta facendo il giro del web da qualche settimana. La Ice bucket challenge, la “sfida del secchio d’acqua ghiacciata”, sta mostrando a tutto il mondo come il lato social possa essere usato per promuovere opere benefiche e sensibilizzare l’opinione pubblica a riguardo.
Il rituale dell’Ice bucket challenge è tanto semplice quanto efficace: si riempie un secchio di ghiaccio, si accende la telecamera e si cerca di rimanere impassibili alla doccia ghiacciata, impegnandosi a donare una somma a scelta all’associazione e lanciando la sfida ad amici e parenti.
Il tutto nasce per gioco e per una serie di coincidenze a metà luglio in Florida. L’ALS Association decide di rilanciare la sfida (colpo di fortuna o strategia di marketing studiata a tavolino?) e in meno di un mese fa il giro del mondo: diventa azione virale coinvolgendo i big del campo della tecnologia, come Mark Zuckerberg, Bill Gates, Tim Cook, ma anche star internazionali, da Lady Gaga a Oprah Winfrey, da Cristiano Ronaldo a Lebron James. In Italia hanno accettato la sfida da Mario Balotelli a Roberto Bolle, passando per Fiorello che, dopo il deputato dei 5 Stelle Angelo Tofalo, ha invitato a partecipare il premier Matteo Renzi.
La straordinaria diffusione della campagna è avvenuta su tutti i maggiori social network. Solo su Facebook oltre 28 milioni di persone hanno preso parte alla conversazione sull’Ice bucket challenge attraverso post, commenti e like. Sono stati condivisi oltre 2,4 milioni di video delle ‘docce ghiacciate’. Anche su Instagram e Twitter, con gli hashtag #IceBucketChallenge e #StrikeOutAls, la campagna ha riscosso un enorme successo, portando nelle casse dell’associazione 4 milioni di dollari solo nelle prime due settimane di agosto, un primato assoluto.
Naturalmente, nel suscitare consensi, non sono mancati gli scettici che hanno criticato soprattutto l’uso scriteriato dell’acqua. Senza dubbio lo spreco di uno dei beni più preziosi della Terra c’è, con tutto quel ghiaccio versato, ma a conti fatti la campagna Ice bucket challenge di ALS non verrà ricordata per quello.
Riguardo a questi tam tam, inoltre, la sensazione è che il messaggio sia molto più importante del contenuto e che i social network trasformino la beneficenza in un grande palcoscenico per selfie e hashtag. Prima pubblicità a se stessi, alla propria immagine e, poi, un aiuto alla raccolta fondi. Prima la moda e dopo il senso civico.
Il dato di fatto è che i social network hanno sicuramente snaturato l’impegno sociale e l’interesse nei confronti del prossimo, ponendo questi ultimi come accessori aggiuntivi, sfondo sfuocato di un ego da mostrare e pubblicizzare.
Di fronte a iniziative del genere, però, se all’autoincensamento fa seguito una lauta apertura del portafogli, che ben vengano selfie, video e hashtag. La ricerca e la sperimentazione hanno bisogno di fondi per fare passi in avanti, e iniziative che sensibilizzano e innalzano il livello di conoscenza sono quanto di meglio si possa auspicare, anche a costo di sorbirsi un po’ di egocentrismo altrui, famosi e non.
L’auspicio, in questo caso specifico, è che la valanga di donazioni porti un aiuto concreto ai malati di Sla e alle loro famiglie, grazie a un’idea semplice quanto virale.
Tutte le attività che svolgiamo offline hanno il loro contraltare social, perché non lo dovrebbe avere anche la beneficenza?
[Cover source: siliconrus.com]