Ho “conosciuto” Igor Protti quando militava nel Bari, squadra della mia città. Nonostante la mia tenera età, rimasi colpito da questo giocatore, pronto a lottare su ogni pallone e ricco di talento. I suoi ventiquattro gol in serie A non bastarono a salvare la squadra pugliese dalla retrocessione nel 1996. Nonostante tutto, ho continuato a seguirlo malgrado il suo girovagare per l’Italia.
Ai microfoni de “Il giornale digitale”, l’attaccante romagnolo ha raccontato alcuni passaggi impotanti della sua carriera: dagli esordi fino all’approdo nel calcio che conta.
Come nasce la passione per il calcio al bambino Igor Protti? Per che squadra teneva?
Ero piccolissimo e calciavo d’istinto qualsiasi cosa avesse una forma rotonda. Quando mi regalavano un pallone, la prima notte lo portavo con me nel letto. Era una cosa che avevo dentro, la mia famiglia era appassionata di calcio e io son cresciuto così: passavo i pomeriggi nel garage ad esercitarmi col pallone. Da bambino tifavo per il Milan. Il Milan è tra l’altro una delle poche squadre a cui non ho fatto gol nella mia carriera, ora non è più la mia squadra preferita, tifo per tutte le compagini in cui ho giocato.
Malagrado abbia girato molto nella sua carriera, lei è amato da tutte le città in cui è stato. Si è mai chiesto il perché?
Malgrado in alcune città sia rimasto più tempo e penso a Bari, Livorno e Messina, dove son stato meno noto oggi che il ricordo è comunque piacevole. Il mio modo di giocare, il mio temperamento veniva apprezzato ai tifosi. Quando giocavo ero un tifoso della stessa maglia che indossavo.
Lei è stato capocannoniere in serie A, in serie B ed in serie C (attuale Lega Pro). Mi può elencare i gol più belli e significativi? Uno per categoria
In serie A un gol alla Cremonese, ci giocavamo tutto in quella partita. Pioveva molto, il campo era quasi impraticabile e andammo sotto. Prima feci l’1-1, poi anche il 2-1. Proprio la seconda rete credo che rappresenti molto il mio modo di giocare: sentire la maglia addosso, soddisfare la gente, andare oltre i miei limiti, la mia caparbietà.
In B ho segnato tanti gol, mi è più difficile. Scelgo quello che realizzai con la maglia del Messina in un derby dello Stretto giocato a Reggio Calabria nella stagione 1989/90. Vincemmo 1-0 ma fu come vincere il campionato vista l’importanza della sfida.
In serie C ricordo il gol che feci con la maglia del Livorno sul campo del Treviso. Segnai a quattro minuti dalla fine e quel gol ci spalancò le porte alla promozione in serie B dopo trent’anni che il club toscano navigava nelle categorie inferiori, anche dilettantistiche.
Messina. Bari e Livorno sono state le tappe più importanti della sua carriera. Sono città diverse tra loro. Cosa le accomuna?
Il mare, sembra strano ma è così. Sono nato a Rimini, e quando o giocato in queste città ho trovato sempre quest’elemento che mi rendeva più sereno. In più queste città sono accomunate dalla grande passione che ha la popolazione per la squadra locale. In questi luoghi il calcio ha un ruolo fondamentale.
Qual è il compagno di squadra che l’ha impressionato maggiormente durante l’arco della sua carriera? E qual è il giocatore in attività che più le assomiglia?
Ce ne sono tanti che mi hanno impressionato e farei un dispetto a qualcuno facendo un solo nome. Dovendo citarne uno, dico Roberto Mancini: aveva una straordinaria qualità e una grande capacità intuitiva. Uno che mi assomiglia molto, ma è anche molto più forte è Totò Di Natalè. Può ricoprire tutti i ruoli in attacco. Lui però ha una classe straordinaria, io mi concentravo maggiormente sul temperamento, sull’attaccamento alla maglia.
Ha qualche rimpianto nella sua carriera? Magari quello di non aver mai indossato la maglia azzurra?
Non ho nessun rimpianto perché ho ottenuto molto di più di quello che pensavo di ottenere quando ho cominciato a giocare a calcio. Quando ho fatto delle scelte, le ho fatte peerché sembrava giusto farle in quel momento anche se in seguito si sono rivelate non particolarmente felici ma tanto non si può tornare indietro. Ma anche se tornassi indietro, farei le stesse scelte. La Nazionale? Non ci ho mai pensato più di tanto. Le mie Nazionali sono state le squadre in cui ho militato, che mi hanno dato immense soddisfazioni. Valgono ben di più della Nazionale.