Se una donna ha successo nel proprio lavoro è senz’altro per merito, degli altri.
A lei vanno riconosciute le giuste conoscenze e il modo in cui queste vengono sfruttate. Per farla breve, nell’ideale comune, una donna in carriera è una donna che ha saputo innanzitutto concedersi sessualmente alla persona giusta.
A parlare è una donna

Gabrielle McMullin è un chirurgo australiano di fama.
Non molti giorni fa è stata chiamata a presentare il suo nuovo libro “Pathways to Gender Equality: The Role of Merit and Quotas” ai microfoni dell’ABC News. Gabrielle ha parlato di donne, carriera e del sessismo che regna sui nostri posti di lavoro fino ad affermare che: “Se volete fare carriera – riferendosi alle giovani studentesse – dovete essere disposte ad acconsentire anche a qualche richiesta sessuale dai piani alti”. Gabrielle McMullin ha successivamente dichiarato che la sua esortazione avesse uno sfondo ironico, ma che in fondo non c’è nulla di male, anzi, ha ribattuto: “Quello che cercavo di dire è che, se si avvicinano a te con un approccio di questo tipo, la cosa più sicura da fare per la tua carriera è acconsentire”. E per avvalorare la sua tesi Gabrielle racconta la storia di Caroline Tan, una giovane dottoressa vittima di violenze sessuali da parte del chirurgo incaricato di supervisionare il lavoro della dottoressa alle prime armi. Gabrielle, dall’alto della sua esperienza personale che la conduce oggi ad essere un noto chirurgo australiano, ha affermato che quell’uomo in fondo voleva solo una notte di sesso e che portarlo in tribunale per abusi sessuali non è stata una mossa intelligente da parte di Caroline: “Nonostante la vittoria in tribunale, non è riuscita ad ottenere il posto. La sua carriera è stata rovinata per colpa di questo uomo che ha chiesto di fare sesso una sola notte. Realisticamente avrebbe fatto meglio ad accettare”. Ha inoltre aggiunto: “È una verità, le donne che escono allo scoperto, che denunciano, non vengono supportate. Le loro carriere vengono compromesse. È questo il problema: non ho detto di accettarlo, ho solo suggerito una possibile soluzione”. (Fonte: huffingtonpost.it)
Uno sguardo al passato
L’occupazione delle donne è da sempre un tasto dolente.
Una piaga sociale ancora aperta e che fa rima con discriminazioni e disuguaglianze. Per secoli e secoli la nostra società è stata professionalmente costruita a misura d’uomo ed ogni acquisizione, personale e professionale, ha oggi il sapore di conquista. Il sesso debole – così denominato – è quello che per anni è stato costretto a lavorare quanto e come un uomo per dimostrare di meritare un posto nei campi da coltivare, siamo nella società preindustriale. Successivamente ha dovuto piegarsi allo sfruttamento all’interno delle industrie, in cui la manodopera femminile era di fondamentale importanza. Oggi, la donna, resta colei che deve farsi valere per le proprie competenze personali, ancor prima che professionali, per ottenere un posto di lavoro. Spesso costretta ad abbandonare il desiderio di maternità – solo per dirne una – che potrebbe minacciare la propria posizione lavorativa e l’efficienza nel ricoprire ancora il ruolo aggiudicatasi.

A parlare siamo noi donne
Nel 2015, in una società in cui l’occupazione delle donne è aumentata notevolmente (al punto che ogni tre nuovi posti di lavoro su quattro sono di donne) queste combattono ancora contro pregiudizi radicati e difficili da debellare. Sembrano lontani gli anni delle guerre legislative, ma l’aver ottenuto la parità dei diritti, a quanto pare, non cancella anche le disuguaglianze di tipo culturale. Anzi. Spesso sembra perdere di vista il fulcro della questione: le donne, oggi, sono la componente più evolutiva della società e registrano innumerevoli successi culturali e professionali. Per merito proprio. È dura essere dei professionisti in un mondo in cui tutto ruota attorno ai ruoli. Perché se sei un professionista sei un professionista e basta. Non sei più un uomo, una donna o un laureato. Sei un professionista. Ed è l’unico titolo che ti viene riconosciuto. Ma, soprattutto, se sei un professionista sei ben lontano dall’etica propinata da Gabrielle McMullin o da chiunque inviti ad ottenere posizioni di merito sfruttando capacità non pertinenti all’ambito lavorativo. E anni di lotte ci hanno permesso oggi di entrare in ufficio al pari di un nostro collaboratore di sesso maschile. E abbiamo imparato, inoltre, a lasciare la tanto minacciata sfera lavorativa fuori dalla porta di casa. Lontana dai nostri figli, dai nostri mariti, dai fornelli che ci attendono e dal meritato dolce far nulla dal divano di casa nostra. Perché siamo donne ed è professionale così.
[Fonte:www.ilfattoquotidiano.it]