Nelle ultime 24 ore ricevo ben due “analisi di mercato” sul mondo del lavoro. La prima è curata da Manpower e si chiama “Soft skills for talent”, realizzata in collaborazione con l’Università di Firenze, la seconda è curata dal Censis.

Le due ricerche, che hanno la qualità di quei servizi estivi del telegiornale in cui si suggerisce agli anziani di andare a prendere l’aria al supermercato o sui consumi a tavola degli Italiani a Capodanno, hanno un minimo comun denominatore: un trionfo di dati e statistiche su un letto di rucola che non comunicano alcuna notizia utile, sfociando crudelmente nella banalità e nel ridicolo.

Crudele in quanto offensiva, per coloro che tutti i giorni si ingegnano per cercare ancora un lavoro vero.

La ricerca del Censis sembra indirizzata a chi fino a ieri è vissuto su Marte: Il saldo occupazionale degli ultimi anni è stato decisamente negativo: il 33,6% delle aziende ha diminuito i livelli occupazionali, il 20,2% li ha aumentati e il 46,2% li ha mantenuti inalterati. Soppa! Che notizia!!

Ma una passeggiata su Marte devono averla fatta anche quelli del Censis per commentare che

“… il dato più rilevante è che una buona parte del tessuto produttivo ha avviato processi di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale che hanno messo al centro la valorizzazione delle competenze dei lavoratori.”

dal momento che è sotto gli occhi di tutti che la valorizzazione delle competenze è decisamente il punto debole della nostra industria, sempre più orientata alla delocalizzazione e quindi meno alla specializzazione e al collasso delle figure dirigenziali.

Si passa infine ad una lista della spesa delle figure più ricercate dal mercato, senza nominare le fonti, chi siano le aziende interpellate, dove candidarsi per queste figure e come. Facendo dubitare sulla veridicità e la serietà di questi studi in un dejavu di banalità. Perchè è evidente che in uno stato di crisi le figure commerciali e di export siano le più richieste.

Non ci volevano Krugman e Friedman per capirlo.

Manpower invece, leader in Italia nel segmento dell’ (ex) lavoro interinale, ha deciso di fare il salto in alto e, bypassando le competenze, ecco una bella lista di “soft skills”, dove emerge con grande spirito di osservazione quanto sia importante che un candidato sappia

“mostrare passione e dinamismo nelle attività svolte, impegnandosi con costanza nei compiti assegnati e trasmettendo entusiasmo all’interlocutore”

e che addirittura un manager debba possedere

«la capacità di fornire possibili alternative di soluzione a un problema, stimandone l’implicazione sui risultati attesi»

Eccola finalmente! La risposta a tanti candidati convinti di poter affrontare un colloquio di lavoro un pò scoglionati e a qualche manager che pensava di poter gestire un’azienda lanciando i dadi per aria. (Oddio, a guardare bene ce ne sono diversi, che la pensano così!)

In realtà queste indagini di mercato hanno un solo obiettivo: quello di rilanciare alcuni brand di cui nessuno parla mai (se non sè stessi) e di referenziarli sul mercato dei media. Ampliando poi questa catena a coloro che di riflesso, rilanciano la notiia da siti, blog, giornali in un continuum di disinformazione.

In parole povere: pubblicità autoreferenziale.

Le banalità espresse nei due documenti non sono di alcuna utilità pratica per il lettore, ma digitando solo su Google i riferimenti delle due ricerche, i risultati ottenuti sono tantissime centinaia, per non parlare delle interviste e dei rilanci di stampa. Vera manna per riempire qualche spazio editoriale.

Ma assolutamente inutili – e aggiungerei depistanti – per chi ha bisogno di informazioni serie e pratiche su come orientarsi in un mondo del lavoro in cui gli operatori di riferimento sono troppo concentrati a fare Pubbliche Relazioni e molto poco il loro mestiere.

La pessima reputazione di molte Agenzie per il Lavoro e la scarsa precisione di alcuni Istituti di Ricerca sono sotto gli occhi di tutti.

E’ sufficiente ignorarli.