L’Islanda, nel 2008, era un paese fallito, in bancarotta. Uno si immagina il Nord Europa e non pensa a cortei di protesta davanti al Parlamento, sfilate contro politici corrotti e banchieri ladri. Cortei di ex proletari che nei decenni della lenta inesorabile crescita economica post-seconda guerra mondiale erano diventati piccoli e medi borghesi, e poi, negli anni della turbo-crescita fondata sul denaro elettronico, 2000-2008, gli anni della truffa di Icesave (un conto corrente online che assicurava agli investitori tassi d’interesse ancora più alti di quelli già altissimi garantiti dalle filiali) e della corona islandese dopata, avevano provato a diventare ricchi prendendo soldi a prestito a tassi d’interesse ridicoli e comprando seconde e terze case sul mare, SUV, biglietti A/R per Londra quasi ogni week-end per far la spesa da Harrods, pacchetti-vacanze alle isole Fiji.

Ma qualcosa non aveva funzionato, le banche islandesi erano fallite ed erano state nazionalizzate e a decine di migliaia di islandesi restavano solo le rate da pagare. In mezzo c’è stato un governo socialdemocratico guidato da Jóhanna Sigurdardóttir, un gigantesco prestito del Fondo Monetario Internazionale che l’Islanda sta faticosamente ripagando, il passaggio dall’isola del paladino della trasparenza Julian Assange, che lì ha fatto proseliti, il progetto di far diventare l’Islanda il paese della libertà d’opinione attraverso la più avanzata e liberale delle leggi sull’informazione, il rifugio per tutti i giornalisti, blogger, talpe antisistema perseguitati nei quattro angoli del mondo, l’annuncio di una specie di democrazia diretta che avrebbe dovuto permettere ai 320.000 cittadini islandesi di riscrivere tutti insieme la costituzione.

E in mezzo c’è stata soprattutto la creazione di una narrativa progressista sull’Islanda e la sua storia recente: nel senso che, dopo la bancarotta, l’Islanda ha ispirato una specie di mito romantico anticapitalista, o piuttosto – dato che il capitalismo non è mai stato veramente in discussione – un mito di rivolta contro il capitalismo finanziario internazionale che ha ridotto sul lastrico i risparmiatori islandesi. Partire dalla Legge, dalla Costituzione, è più facile che cambiare la natura umana, e così 950 persone prese a caso dai registri elettorali si sono messe a discutere della nuova costituzione in un forum, dopodiché il progetto di una nuova costituzione steso da una sottocommissione di 25 membri è finito sui social network – il consiglio costituzionale aveva un canale in YouTube, un hashtag, e le riunioni venivano trasmesse in streaming su Facebook. Interessante annotare che la Costituzione è rimasta la stessa del 1874, ma sicuramente i cittadini islandesi sono usciti rafforzati, e con nuove consapevolezze, da questa storia.

Fu esattamente cinque anni fa che un giornalista mio amico mi assicurò che l’Islanda sarebbe stata la nazionale del futuro. Pensavo alludesse alla pallamano (ai quali giocatori è stato fatto uno storico calco del pene che è possibile vedere al museo fallologico di Reykjavík) e invece no, Roberto parlava proprio di calcio. Sono sempre stato un ammiratore delle nazionali del nord Europa: la Svezia del 1994, con un pizzico di convinzione e fortuna in più, sarebbe potuta arrivare alla finale dei Mondiali battendo il Brasile più brutto (ma vincente) della storia. La Norvegia di Flo, spauracchio azzurro del 1998, era una squadra tosta, in grado di mettere in difficoltà chiunque. La Finlandia non ha mai brillato in manifestazioni internazionali, eppure è stata in grado di lanciare un talento straordinario come Jari Litmanen, numero 10 completo e decisivo come pochi nel calcio muscolare della seconda metà dei ’90. Per informazioni più dettagliate chiedere a Van Gaal.

Ma l’Islanda proprio no: un paese di 320 mila abitanti, con una crisi in atto e senza strutture sportive, non poteva mettere in difficoltà l’Olanda e la Turchia. E batterle. Invece l’Islanda gioca e sorprende. Anche domenica, pur perdendo in Repubblica Ceca, si è vista una splendida realtà che, complice anche l’allargamento della rosa delle qualificate all’Europeo del 2016, può staccare il biglietto per la storia. Il primo ostacolo da superare per la Federcalcio locale è stato il clima poco adatto per praticare calcio all’aperto. La massima divisione del campionato islandese si svolge da maggio a settembre, 5 mesi, contro i 9 mesi dei maggiori campionati europei. Per ovviare a questo problema, che non consentiva ai ragazzi di poter giocare con continuità nell’isola, si sono costruiti ben sette campi regolamentari indoor e si sono migliorate le strutture già presenti vicino alle scuole.

Su questo argomento si sono espressi sia Gylfi Sigurdsson, stella della Nazionale, che Erik Solér agente norvegese negli anni 90 e ora general manager della New York Red Bulls. Il centrocampista dello Swansea analizzò in un’intervista al New York Times le possibilità aperte con le nuove strutture “Abbiamo la giusta mentalità, lavoriamo duro e parliamo un buon inglese. La svolta in Islanda è arrivata con la costruzione di questi campi indoor dalle misure regolamentari. Aiutano la crescita a livello tecnico e consentono ai giovani giocatori di giocare ed allenarsi tutto l’anno. Prima giocavamo nella neve e avevamo i campi in erba disponibili per quattro-cinque mesi l’anno. Giocare sull’erba e per un intero anno permette di sviluppare la tecnica” Soler invece si sofferma sull’attitudine: “Tutti i giocatori islandesi hanno una speciale capacità; vengono tutti da un piccolo posto ma ci sono almeno 75 giocatori professionisti su 100 che giocano fuori dal Paese (Bundesliga, Premier League o Scandinavia). L’Islanda è ancora un Paese dove puoi giocare gratis e per un giocatore diventare anche solo professionista è un sogno che si avvera”. Ma accanto alle strutture c’è bisogno di un know how all’altezza così il numero di tecnici patentati UEFA è aumentato di almeno sette volte dal 2000. Erano 71 prima e la maggior parte erano genitori o amatori che insegnavano calcio come passatempo. Ora i tesserati sono circa 21 mila.

Nel Paese dello squalo putrefatto (se non è il cibo più disgustoso del mondo è sicuramente il più puzzolente visto che viene essiccato per mesi sotto terra per spurgarsi dall’ammoniaca che ha prodotto) è oggi possibile praticare il calcio ovunque, e sviluppare il proprio talento in strutture all’altezza dell’attuale ranking della nazionale. Il progetto parte però da lontano, dall’Under 21 precisamente del 2011, capace di qualificarsi per la fase finale dell’Europeo di categoria, fatto mai successo prima. Proprio quella squadra rappresenta una delle motivazioni che ha spinto Lars Lagerback a diventare commissario tecnico della Nazionale maggiore dopo le buone esperienze con Svezia e Nigeria. Vent’anni di esperienza nel calcio internazionale, la voglia di vincere e di non essere attratto dai soldi (la crisi dell’isola non permette chissà quale stipendio) unita alla passione per questo sport ha spinto Lagerback, il motivatore, ad accettare la sfida.

In questo gruppo ha visto la possibilità di poter costruire qualcosa di importante attorno al capitano Gunnarsson. Carattere, leadership e capacità di tenere il gruppo unito, il centrocampista del Cardiff City è perfetto per questo ruolo. Le altre stelle Halfredsson (centrocampista del Verona), Bjarnason (centrocampista del Pescara), umili gregari capaci però di giocate in grado di enfatizzare la natura fisica del calcio nordico, anche in virtù del fatto che nella Svezia e nella Norvegia c’è sempre meno di scandinavo, tra il talento di Ibra e quello dei giovani colored dei Fiordi. Gunnarsson è famoso per le rimesse laterali epiche e per la barba da pescatore dei mari del Nord. La sua rimessa non è solo un gesto da fenomeno da baraccone (come la capriola dell’estone Risto Kallaste): è uno degli schemi vincenti di questa Islanda. Vedere il gol alla Repubblica Ceca per verificare. Un’azione che riassume il concetto del gioco islandese: rimessa, mai dare per scontato che un pallone finisca fuori, torre e gol di Kaderabek.

Una storia, quella del calcio islandese, costruita in fretta, su basi ghiacciate, ma solide. Il primo professionista giocava in Belgio, nell’Anderlecht, nei primi anni ’80, si chiama Arnór Guðjohnsen.Il 24 aprile 1996 Eiður Guðjohnsen, a 17 anni debuttò in Nazionale sostituendo il padre trentaquattrenne nel secondo tempo di un’amichevole tra Islanda ed Estonia, entrando nella storia del calcio dato che mai prima di allora un padre e un figlio avevano giocato entrambi in una partita internazionale. La partita terminò con la vittoria 3-2 dell’Islanda grazie ad un gol di Arnór. Qualche anno prima di Guðjohnsen Pétur Pétursson stupiva con il Feyenoord, prima di perdersi nonostante si parlasse anche di un suo approdo in Italia.

I club storici del campionato islandese sono il Reykjavik, il Keflavik, il Fram, il Valur e l’Akranes che negli anni ’70 superò addirittura il primo turno della Coppa dei Campioni, cedendo al secondo contro la Dinamo Kiev. Della nazionale ricordiamo un 2 a 0 subito da Lippi al suo esordio, e poco altro. Ma questa Islanda è un’altra cosa: il punto di svolta è arrivato nella scorsa stagione grazie ai club. Nei primi di luglio su quattro squadre partecipanti ai turni di qualificazioni per le coppe europee, l’FH Hafnarfjörður è arrivato fino al terzo turno preliminare della Champions League, venendo eliminata per 1-0 dall’Austria Vienna ma guadagnando il diritto a giocare i play-off di Europa League. I biglietti per Inter-Stjarnan venduti a luglio sono andati esauriti e l’incredibile numero di 10.000 persone ha assistito alla partita.

Questo tipo di presenza alle partite di calcio accade soprattutto una volta l’anno in Islanda. Garðabær, la città dello Stjarnan, è una cittadina di 14.000 persone. Ha uno dei redditi più alti pro capite in Islanda ed è una delle roccaforti del Partito dell’Indipendenza islandese, un partito euroscettico di destra. Scherzando, i sostenitori dello Stjarnan chiamano la loro squadra “Il Cucchiaio D’Argento”.
Bjarni Benediktsson, ministro delle Finanze islandese ed ex giocatore dello Stjarnan, è stato visto nell’area VIP durante la partita. Il Cucchiaio D’Argento è uno dei gruppi ultras più vivaci della storia del calcio islandese e i giocatori dello Stjarnan sono noti per i festeggiamenti bizzarri quando segnano i gol (VIDEO). Nelle qualificazioni per i Mondiali in Brasile l’Islanda ha sfiorato il miracolo: seconda alle spalle della Svizzera ha perso lo spareggio contro la Croazia. Una buona dose di giocatori che giocano all’estero, l’assaggio delle atmosfere continentali e la voglia di emergere. All’Islanda mancava solo una guida. Prontamente arrivata.

E adesso non mi resta che credere alle parole del mio amico giornalista, organizzare un bel viaggio in Islanda con una bella mangiata di squalo putrefatto. L’appuntamento è per la sfida con la Repubblica Ceca, Roberto mi ha promesso che ci saremo, per tifare per questa piccola grande nazionale. Nella terra dei ghiacci ci si infiamma anche per un pallone adesso. E io, in questo calcio moderno tanto arido di emozioni ho bisogno di favole da raccontare.

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